Corsi e ricorsi della storia. Quando il design viene riscoperto.

Sappiamo bene che creare vuol dire attingere da un meraviglioso contenitore chiamato “esperienza e cultura” dal quale è possibile trarre nuove idee e ispirazioni. Fin qui nulla di nuovo. La cosa che mi dà fastidio è il fatto che certe esperienze creative vengano spacciate come “rivoluzionarie” o innovative, quando poi in realtà non lo sono. Il confine tra ispirazione e plagio è molto labile e non è assolutamente facile, oggi, proporre cose davvero originali; basta guardarsi intorno per avere continuamente conferma di questo.

Mi arrabbio però se queste sedicenti “rivoluzioni” estetiche vengono “pompate” dai critici e media. In realtà certe operazioni dovrebbero essere più ossequiose nei confronti di coloro che sono stati fonte di ispirazione; diciamo ispirazione anche se io, nel caso che adesso vi propongo, parlerei di plagio o, per essere più cattivi, di “brutta copia” di qualcosa che ha contribuito a fare la storia del design internazionale.

Arriviamo al dunque…

Vi ricorderete della poltrona di Fantozzi passata alla storia per aver fagocitato o ribaltato il povero ragioniere durante i suoi colloqui di lavoro al cospetto del “mega direttore”, interpretato magistralmente da Gianni Agus.

Quella poltrona a “sacco” fu progettata da Gatti, Paolini e Teodoro per l’azienda lombarda Zanotta. E’ stata progettata nel 1968 ed è attualmente in commercio.

2013, leggo su La Repubblica che il designer Jason Goh ha realizzato una poltrona a forma di “polpetta” che “ingoia le persone”. Piuttosto inquietante come concept ma evidentemente molto apprezzato dai giornalisti che ne hanno rilanciato subito la notizia.

Ovviamente non si cita minimamente che questa idea potesse in qualche modo rifarsi alla suddetta poltrona a “sacco” ma si presenta questo prodotto di design come il frutto di una metabolizzazione di paure infantili dell’ideatore e designer, come viene illustrato dallo stesso Goh attraverso una sequenza di disegni. Non nego che questo possa essere accaduto ma mi aspetterei che almeno i giornalisti insinuassero nel lettore qualche dubbio facendo i dovuti paragoni. L’articolo sarebbe stato più utile e, forse, avrebbe avuto un po’ meno il sapore del mero “promo redazionale”.

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