Droni, quando le cose si complicano

Potevo anche intitolare questo post “Cara ENAC ti scrivo” ma mi pareva troppo confidenziale…

…ho quindi deciso di dialogare con voi sull’argomento Regolamento Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto per fare quattro chiacchiere tra amici e colleghi dronisti. Giusto per condividere pareri e scambiare idee in merito ad un argomento che ci lega un po’ tutti.

Non ho usato a caso il termine “lega”, non solo per esprimere il concetto di unione e condivisione di idee, di passioni e lavoro ma anche per ribadire uno status che ci accomuna, la sensazione di avere “le mani legate”. Nonostante tutti i buoni propositi, la comprensiva e condivisibile necessità di regolamentare un settore, ecc, ecc. dopo alcuni mesi dall’uscita del suddetto Regolamento ENAC ricevo qui sul mio blog e sulla pagina Facebook DRONE, richieste di spiegazioni su cosa fare per mettersi in regola, su quali scuole frequentare, se si può volare in una zona piuttosto che su un’altra, se esistono droni in commercio già omologati, ecc.

“Non sono il Sig.ENAC”, quindi più che offrire indicazioni e consigli derivanti dalla mia esperienza personale non posso fare ma, per quanto abbia letto e compreso di questo regolamento, dopo aver assistito a qualche convegno dove erano presenti referenti ENAC e avuto modo di parlare con persone che ne sanno più di me sull’argomento, ritengo che tale Regolamento abbia prodotto una serie di sottovalutati eventi a catena, o di “effetti collaterali”.

Di fatto dopo il 30 aprile 2014, data in cui è entrato in vigore il Regolamento Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto, giorno memorabile per tutti i possessori di un drone, si è creato un doppio mercato separato da una linea netta e anche piuttosto evidente.

Da una parte troviamo le aziende, più o meno grandi, che operano con uno, due o addirittura con flotte di droni. Aziende che si sono messe in regola secondo il Regolamento ENAC dopo un lungo e tedioso iter che gli ha permesso di legittimare la loro operatività. In questo gruppo ci inserisco anche i Centri di Ricerca e le Università.

Dall’altra, troviamo una “massa informe di singole entità” che operano a prescindere. Questo secondo gruppo si divide ulteriormente tra coloro che operano ovunque e comunque, fieri di fregarsene delle regole ENAC e altri, più “timidi”, che vivono in una sorta di perenne disagio, che non hanno avviato alcun percorso per mettersi in regola ma utilizzano i droni. Sono coloro che hanno letto e cercato di applicare il regolamento ENAC ma poi si sono trovati arresi davanti ad alcune evidenze, rinunciando a fare qualsiasi passo o rimandando ad oltranza ogni decisione in merito.

Tra i suddetti “timidi”, o forse è meglio definirli come “operatori non autorizzati ma propensi a farlo se solo tutto fosse più semplice e chiaro” vi troviamo i cosiddetti: “piccoli imprenditori” che si si sono trovati un investimento “fermo” di qualche migliaio di euro effettuato per dotarsi di drone ma poi si sono arresi o operano poco poiché abbrutiti dopo l’uscita del Regolamento Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto, timorosi di incorrere in sanzioni, sequestri del drone, gogna e derisione in pubblica piazza.

All’inizio fu il caos…

storm

… ENAC chiede un’assicurazione verso terzi adeguata allo scopo, un’organizzazione tecnica ed operativa adeguata all’attività, un’attività sperimentale condotta ad adeguata distanza da aree congestionate,  operazioni condotte con livello di sicurezza adeguato, un programma di manutenzione adeguato... abusando di un termine che di fatto non misura l’effettiva “adeguatezza” dell’azione richiesta generando utenti che si sono sentiti adeguati di default, perché nella vita lo sono sempre stati, e altri che non hanno ancora capito se il concetto di adeguato vada applicato nello stesso modo con cui si applica il Q.B. nelle ricette di cucina. Accade quindi che chi usa poco sale o per nulla nell’insalata, consideri “adeguato” un valore pari a zero, quindi non fa nulla.

EnacChef

 

Stessa storia per la definizione di PILOTA e di OPERATORE. Quest’ultima ha assunto un ruolo quasi mitologico, un deus ex machina che ha potere assoluto su tutto nell’ambito dell’operatività del drone e su tutti coloro che ci lavorano attorno ma ha anche tutte le responsabilità del caso e pare che di fatto non piloti un bel nulla o potrebbe anche farlo ma dovrebbe dotarsi di un’Organizzazione Specializzata e di un’adeguata formazione da conseguire presso il costruttore del drone.

Le scuole... ENAC in realtà non dice che devi andare a scuola. No non lo dice. Ma dice che è richiesta una conoscenza delle regole dell’aria e che tale conoscenza può essere asseverata dal possesso di una licenza di volo civile o di un attestato di volo sportivo di cui al DPR 133/2010 (citaz. dal Regolamento ENAC) e che, non finisce qui, il pilota deve aver effettuato dal costruttore un programma di addestramento per lo specifico SAPR, ecc, ecc….

Insomma, poiché “nessuno nasce imparato” e certe regole o si imparano o non le si possono apprendere solo attraverso l’esperienza sul campo, un corso lo si deve fare. Quindi, “non occorre farlo ma lo devi fare”…

Ma dove? Da chi? Chi è riconosciuto? Ma ENAC lo sa? Chi mi prepara?

Ho contattato alcuni aeroclub. Dopo aver superato il primo momento di comprensibile smarrimento nell’udire la mia richiesta sulla possibilità di frequentare un mero corso sulle regole dell’aria per pilotare un drone, mi hanno risposto che tale corso non era scindibile da uno completo per l’ottenimento del brevetto VDS (Volo da Diporto Sportivo) o quantomeno non viene rilasciato alcun attestato per la sola parte di corso dedicata alle regole dell’aria.

Bene… oggi, in tutta Italia, sono sorte una decina di scuole autorizzate da ENAC ad operare in ambito formativo in seno al Regolamento Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto.

Ma, anche qui… riparte il caos.

Ci sono scuole che in un weekend rilasciano un attestato e scuole che offrono una formazione più completa che si sviluppa attraverso un arco temporale di 50 – 60 e oltre, ore di lezioni, più un esame (a ragion veduta). Quale scegliere? Mah!

Ma poi salta fuori che, a prescindere dai costi dell’uno o dell’altro corso, chi si forma presso una scuola ottiene un attestato che “lega” il proprio apprendimento al solo drone sul quale la scuola lo ha formato. In pratica, torni a casa, prendi il tuo drone e se non è esattamente la copia di quello del corso sei a metà dell’opera.

Quindi… riborda! Devi fare il corso dal costruttore che magari è in Cina o negli USA e nel frattempo il tuo drone, prima di arrivare nelle tue mani, è passato da quelle di un paio di importatori e rivenditori che vendono e nulla più. Poi vallo a trovare il costruttore del “dronello” da mille euro che ti fa anche il corso.

A Livorno direbbero “Boia dé!”.

Vogliamo parlare anche delle polizze assicurative? Le compagnie di assicurazione, dalla totale ignoranza in materia di droni civili (e non parlo di 10 anni fa ma di solo un anno fa circa), si sono improvvisamente svegliate producendo polizze di tutti i tipi e per tutte le tasche. Il problema è stato proprio quello ed è ancora questo.

Troppe variabili in gioco.

Si parla di famigerati moduli da riempire per profilare il tipo di rischio da assicurare. Un’operazione che alla fine produce un profilo talmente preciso del rischio che in pratica il drone è assicurato solo “durante gli anni bisestili, dopo i pasti, non più tardi delle 18, solo sotto il segno capricorno e presentando l’analisi delle urine del pilota, dell’operatore e di tutta l’organizzazione specializzata”.

Ciò che resta da capire è se casca l’APR e rompe qualcosa o fa male a qualcuno, come va a finire in termini di risarcimento? Ovviamente non tutte le polizze assicurative per i droni hanno questo tipo di caratteristiche ma la maggior parte sì…

Non solo… tutta ‘sta pippa di roba, una volta ottenuta, va comunicata a ENAC allegando un proprio curriculum/relazione, la domanda per essere annoverati tra i piloti SAPR assieme al Manuale Operativo che a tutt’oggi non si capisce bene come sia fatto o come si rediga correttamente. Si narra che alcuni sacerdoti che vivono sull’Himalaya siano i detentori della “tecnica di realizzazione del manuale operativo”. Possono essere contattati organizzando una spedizione con sherpa che vi guiderà fino al loro cospetto. Solo dopo aver superato le prove a cui sarà sottoposto il prescelto, l’adepto  potrà entrare nella grande sala del Manuale Operativo dove si potrà inginocchiare ad ammirarlo. Se risponderà correttamente ad una domanda che solo il sacerdote più anziano è autorizzato a fare, gli sarà svelato il segreto per redigere il manuale operativo.

Sherpa

OK, dopo un po’ di ironia torniamo con “i piedi per terra”.

Ora… dico… scusate… Soprattutto chiedo scusa al Sig. ENAC ma…

…ce lo vedete quel “piccolo imprenditore” che si è acquistato un quadricottero da mille euro (anche meno) per fare “il filmino” sopra le mucche e l’alberguccio di montagna o quello che gira il video del matrimonio del cugino nella piazza del paese oppure quello che riprende il castello in rovina tra i boschi, dover osservare alla lettera tutto quello che è riportato sul Regolamento dei mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto? E pure capirlo?!?

No, non ce lo vedo e infatti, invece, VEDO decine di filmati che ogni giorno vengono caricati in rete e che ritraggono eventi di paese, fiere, matrimoni, concerti, sagre e chi più ne ha più ne metta, ripresi spesso da piccoli droni quadricotteri.

Ecco cosa è accaduto. Una sorta di anarchia, di “moto carbonaro”.

pilota_drone

Alla fine, usando una metafora, è come dire: compro una bicicletta ma se ci voglio andare per strada devo prendere la patente per la moto, saperne mandare una da corsa, saperla montare e smontare e chiedere il permesso alla Motorizzazione Civile ogni volta che la uso. In realtà, avevo comprato una bicicletta… Lo so, qualcuno può dire, la bicicletta non arreca danni a pari livello di un drone. OK, vediamo solo dal 30 di aprile di quest’anno quanti danni sono stati causati dai droni civili in tutto il mondo e quanti incidenti sono avvenuti in bicicletta (a chi le guida e a terzi) e poi vediamo chi fa più danno…

Ok, scusate… questa era polemica.

La questione regolamento è piovuta addosso a tutti i possessori di droni, senza fare distinzione alcuna (o poche). OK, ci può stare, siamo tutti cittadini italiani e le regole devono essere uguali per tutti ma, prima di redigere regolamenti per droni civili, spesso oggetti grandi come una padella da cucina, utilizzati in un raggio di circa 300mt. dal pilota e non più in alto di una cinquantina, non sarebbe stato meglio partire per gradi, con poche, semplici regole, facilmente osservabili da tutti fin da subito? Dal nulla siamo arrivati ad un Regolamento che è complesso, di non facile applicazione, soprattutto per quanto riguarda la certificazione dei piloti, degli operatori e del mezzo; talmente farraginoso che a parità di sforzo, impegno e anche costi, pretenderei che alla fine di tutto l’iter mi venisse dato il brevetto di pilota di linea, altro che per droni.

Ovviamente, da tutto questo discorso sono escluse le operazioni specializzate e i droni sopra i 25Kg. Mi riferisco a gran parte delle esigenze e dei  droni che la maggior parte di noi possiede e vorrebbe usare.

Allora, giochiamo per un momento. Siamo tra amici, facciamo finta di essere seduti attorno al tavolino del bar e di provare a redigere un Regolamento sui Droni, secondo coscienza, buon senso, responsabilità e logica. Deve essere qualcosa che puoi mettere in pratica uscendo dal negozio di droni col tuo bel concentrato di tecnologia volante sotto braccio, sapendo che il primo volo che farai con quel “coso” potrai farlo con una certa serenità, consapevolezza, non facendo male a nessuno, rispettando la privacy e sapendo quali sono i rischi e le caratteristiche di quel velivolo.

Vi invito a scrivere il nostro regolamento. Ognuno di voi può dare un suggerimento, anche breve, anzi meglio! Magari chissà, un giorno potremmo presentarlo a ENAC chiedendo che venga recepito. Utopia? Forse… ma se adesso non possiamo volare con i droni almeno facciamolo con la fantasia.

Non disperiamo! C’è sempre una metà del bicchiere che risulta essere mezza piena, basta cercarla 🙂

water

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8 pensieri su “Droni, quando le cose si complicano

  1. ilario

    Sig Stefano ha ragione per cio’ che riguarda l’attestato.Alla f.t.o. di Padova mi hanno chiesto 400 euro del corso teorico (primi 15 iscritti.Senno’ 600) e vabbe’ nessun problema per 33 ore spalmate su due weekend.Il bello e’ venuto per il corso pratico avevo da scegliere con quale marca di apr avrei dovuto fare poi l’esame di pratica.Ebbene ho scelto la DJI in quanto mi e’ stato detto che i droni certificati enac erano il phantom3 e l’inspire vabbe’ anche questo.Chiedo del costo del corso pratico e non sanno darmi un preventivo.Alla fine non so quanto spendo e in piu’ posso ottenere l’attestato solo.per volare col phantom3 o l’inspire.Secondo il mio umile parere non e’ un po’ come dire….vado in autoscuola faccio le guide con la panda e la mia patente e’ valida solo per condurre una panda per cui se voglio gudare devo comprarmi unicamente la panda.Mi sembra una assurdita’.Io conseguito la qualifica dovrei pilotare tutti gli apr certificati enac e no solo quelli dell’esame.Mettiamo che io abbia una flotta diversificata di apr,secondo enac dovrei fare tanti corsi pratici quanti sono i miei apr?Qui l’enac dovrebbe fare chiarezza a mio avviso e’ una cosa senza senso perche’ alla fine il pilotaggio va dagli stick ai knob per tutti i droni indifferentemente piu’ tutta l’elettronica safety di corredo ma sempre stick ci vogliono per pilotarlo.Perdoni lo sfogo la ringrazio cordiali saluti orlandi

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    1. Salve Ilario, come non darle ragione…
      Sfogo più che accettato anche se, nell’ottica ENAC (ma anche degli Enti omologhi degli altri Paesi), la parte pratica del corso per Piloti di aeromobili è sempre legata all’aeromobile che si deve pilotare.
      Nel caso di aeromobili “tradizionali” il concetto può avere più un senso (o si comprende meglio), soprattutto se da un ultraleggero si passa ad aerei più grossi fino ad arrivare a quelli di linea, un conto invece è pilotare un drone che, come dice lei, resta sempre un aeromobile che si comanda con un radiocomando e relativi stick. In teoria si potrebbe possedere un solo radiocomando ed “n” APR, visto che di fatto il controllo remoto non implica il dover necessariamente cambiare anche il radiocomando. La questione cambia sul piano della security. Un Phantom o un S1000 (per restare in casa DJI) sono sempre droni e si controllano sempre tramite un radiocomando ma in volo si comportano in modo diverso, hanno MTOM differenti, condizionati dall’architettura del drone e del payload (dalla GoPro ad una Red Epic passando per mirrorless e reflex o sensori di altro tipo). Capirà che le dinamiche in gioco sono decisamente diverse. Probabilmente nel tempo le cose cambieranno, anzi, cambieranno di sicuro. Intanto le scuole che formano i futuri Piloti di APR dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni che ENAC rilascerà a breve. Vedremo che sorprese ci attenderanno.

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  2. Non dimentichiamoci mai che siamo in italia e qualsiasi iniziativa interessante viene stroncata ” a prescindere ” siamo in mano a burocrati incompetenti, se le cariche istituzionali venissero conferite per competenza e meritocrazia tutto andrebbe per ilmeglio.

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  3. Con questo regolamento è troppo oneroso, in termini di tempo e denaro, lavorare con gli apr. Inoltre è richiesta a tali aeromobili una complessità costruttiva e un livello di sicurezza smisurato in rapporto a quello che in realtà è loro concesso di fare, cioè volare in V70 e fino a 200 m dall’operatore (questo lo può fare anche un aquilone). Al massimo è un regolamento utlie ad un videomaker, ma l’uso in agricoltura, per il telerilevamento, aerofotogrammetria, monitoraggio territoriale risulta impossibile con questi vincoli di distanza. E dei monoala non se ne parla nemmeno. Con queste regole i droni risultano del tutto inutili o quasi, tanto vale usare gli strumenti tradizionali come ultraleggeri, aerei, ecc; costano di più ma almeno hanno libertà di azione.

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  4. Francesco B.

    Grazie per questo articolo che tra sarcasmo e disperazione descrive perfettamente la situazione. Per la cronaca io rientro tra quei piccoli, piccolissimi professionisti che sono rimasti quasi terrorizzati dal regolamento e negli ultimi mesi ho usato il mio drone pochissimo e, soprattutto, mai per lavoro! Così ho perso occasioni sia dal punto di vista lavorativo che artistico.
    Io credo che tutti i problemi elencati potrebbero risolversi o perlomeno semplificarsi se si facessero ulteriori distinzioni di peso e di categoria. Per esempio le famose semplificazioni per i droni inferiori ai 2 kg non si sono mai viste, ma è proprio qua che operano le realtà più piccole, che “si accontentano” di un Phantom + GoPro, con cui si possono fare comunque grandi cose senza rischiare di sfondare il tetto di una casa!

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    1. Grazie a te Francesco per il tuo graditissimo commento.

      Hai ragione.
      La questione “distinzioni di peso/categoria” pare sia rimasta, almeno fino ad ora, in una sorta di zona dimenticata. Zona che include una valanga di utenti che hanno la necessità di lavorare, potrebbero farlo, vorrebbero farlo ma non possono o, se comunque operano, lo fanno a loro rischio e pericolo.
      Quindi, concordo in pieno sul semplificare la normativa per i “droni inferiori ai 2Kg”. A questa aggiungerei che anche le compagnie assicurative dovrebbero adeguarsi immettendo sul mercato polizze in grado di coprire un rischio professionale commisurato al peso e portata del drone e, per commisurato non intendo solo la definizione del rischio ma il costo della polizza.

      Ancora grazie per il tuo commento.
      Hai cliccato MI PIACE su drone https://www.facebook.com/APRDroni?ref=tn_tnmn ?

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