Tra i vari operatori del settore e i soci dei Rotary lì presenti, ho avuto il piacere di conoscere Milko Chilleri, giornalista e videoreporter di ROSSORUBINO.TV il quale mi ha video-intervistato per il video reportage della giornata dedicato alla prevenzione. Vedi:
Poiché la mia intervista era più lunga rispetto a quella riportata nel suddetto articolo – tagliata per motivi redazionali in virtù della durata totale del servizio – ho chiesto e ottenuto da Milko Chilleri, professionista davvero gentile e disponibile, tutto il girato del mio intervento.
Ringrazio la redazione di RossoRubino.it e in particolare Milko Chilleri per avermi inviato e concesso l’utilizzo di questo clip per informare sul tema del cancro al seno maschile.
Promotori della giornata di prevenzione a Firenze:
Stamani ero a Firenze in Piazza Santa Croce, invitato dal Rotary Club San Casciano Chianti, per parlare del cancro al seno maschile presso il punto di prevenzione Lilt Firenze Onlus dove era presente anche l’unità mobile mammografica ISPRO congiuntamente ad una unità mobile per visite oculistiche gratuite ai cittadini..
In generale è stata un’occasione importante per parlare e fare prevenzione. Per quanto mi riguarda è stata un’opportunità per sensibilizzare gli astanti sul tema del cancro al seno anche come un problema che riguarda gli uomini.
Ho parlato con tante persone, alcune delle quali, non nascondendo il loro stupore, non sapevano che anche l’uomo può avere un cancro al seno.
Sono questi i momenti che permettono di fare la differenza. La prevenzione comincia dall’informazione: se non sai non previeni, se conosci puoi capire, puoi prevenire e nel caso affrontare meglio la malattia. Se non altro la mia storia arriva laddove, talvolta, “parole già sentite” sulla prevenzione rischiano di diventare una sorta di “tormentone”, distante dal reale significato del termine. Sono una sorta di “sveglia” verso un problema, maschile e femminile.
Ho avuto modo di dialogare anche con uno dei due operatori medici/tecnici presenti all’interno dell’unità mobile per la mammografia. Molto gentile e disponibile ma come spesso accade, parlando con “addetti ai lavori”, sento solo numeri e percentuali.
C’è un’attenzione, giusta, giustissima, verso le donne perché è tra loro che si riscontra maggiormente questa neoplasia. Il problema è che allo stesso tempo NON si guarda affatto o pochissimo allo stesso problema che, guarda caso, si può verificare anche negli uomini.
Il mio pensiero, che ho esternato agli operatori del settore e a tutti i presenti, è molto semplice: fino a quando vedremo il problema CANCRO AL SENO tenendo in considerazione solo le percentuali, vedremo soltanto numeri: 53.000 donne e 500 uomini (dati rilevati da: I numeri del cancro in Italia 2019 – versione per operatori, redatto da Aiom, Airtum, PASSI e PASSI d’Argento Istituto Superiore di Sanità, SIAPEC -IAP – TABELLA 5. Numero di nuovi casi tumorali, totale e per alcune delle principali sedi, stimati per il 2019).
A mio parere la cosa è sostanzialmente diversa: dobbiamo parlare di 53.500 persone che hanno bisogno di essere ascoltate, guidate e se possibile anche guarite. Altrimenti, e qui mi rivolgo ai medici, alla ricerca ma anche alla politica, dovete ridefinire e relegare il cancro al seno maschile in un altro contesto, dandogli un altro nome, dichiarando, “finalmente”, e per buona pace di tutti, che il cancro al seno è solo un problema femminile e che “l’altro” è effettivamente una malattia rara, ma non è un cancro al seno.
Vogliamo quindi parlare di “Cancro al pettorale? Cancro villoso? Cancro più su della prostata?”
Non lo so, vogliamo continuare a pensare col solito atteggiamento del divide et impera?
Il CANCRO AL SENO riguarda entrambi i sessi; ok per le percentuali, ok per l’attenzione verso la donna ma non si giustifica una disattenzione che spesso sfocia in un atteggiamento omertoso verso questa neoplasia nei confronti degli uomini. Aggiungo, per giunta, uomini poi costretti ad utilizzare farmaci studiati per le donne, nati talvolta per altri scopi, come il Tamoxifene. A tal proposito riporto fedelmente da Wikipedia:
“Lo sviluppo del tamoxifene ha origine da un’area di ricerca che aveva un ampio interesse negli anni 60 del Novecento, ovvero quella che riguardava i farmaci contraccettivi; si era visto infatti inizialmente che gli antiestrogeni avevano attività come contraccettivi post-coitalinegli animali da esperimento, ma nell’uomo poi si vide che inducevano l’ovulazione in donne subfertili. L’interesse verso gli antiestrogeni in questo ambito svanì quindi con questa evidenza clinica, ma il fallimento di questa applicazione diventò un’opportunità per sviluppare dei farmaci contro il tumore alla mammella”
Ora… secondo voi… se in molti casi questo farmaco dà problemi ad una donna (lo so perché ne parlo con diverse amiche e conoscenti che lo hanno dovuto utilizzare o lo stanno tutt’ora assumendo), volete immaginarvi cosa può causare ad un uomo? Vogliamo parlare anche di questi problemi?
Per chiarezza, sto generalizzando: tra tanti uomini che lo hanno assunto, me compreso, ho trovato chi ha avuto problemi, seri, pesi e chi lo ha preso senza manifestare particolari sintomi.
Detto ciò, non chiediamo screening preventivi, sarebbe già un balzo in avanti di proporzioni storiche. Chiediamo almeno che si faccia informazione, senza fare allarmismo, perché non c’è nessun motivo per farlo, ma almeno parliamone.
Mia madre ha avuto due volte il cancro al seno. Mia nonna paterna lo ha avuto. Nessun medico durante i follow’up di mia madre mi ha mai parlato di questa possibilità, se pur remota, fino a quando poi, grazie a mia moglie che mi ha letteralmente costretto a fare un’ecografia, mi è stato diagnosticato, dopo ulteriori esami, un carcinoma duttale infiltrante alla mammella sinistra. Fino ad allora nessuno mi aveva informato o vagamente insinuato nella mente il cosiddetto “ragionevole dubbio”…
Allora… sta a tutti noi, donne e uomini, insieme, fare la differenza. Evitiamo le discriminazioni, cerchiamo di essere coesi contro un male che affligge l’umanità. Parliamo di prevenzione, anche di nastri rosa ma con un’attenzione rivolta ad entrambi i sessi.
Se poi qualcuno ha piacere di parlare di percentuali e di tenere divise le cose mi va pure bene ma dateci almeno dei farmaci studiati per “questa cosa che viene agli UOMINI”.
…e, comunque… IL CANCRO AL SENO NON E’ SOLO ROBA DA FEMMINE. Clicca Mi Piace e segui la pagina Facebook @CancroAlSenoMaschile
Ringrazio il Rotary Club San Casciano Chianti per avermi invitato, in particolare il Presidente Leandro Galletti e Serena Binazzi
Sono felice e arrabbiato. Sono fiducioso e demotivato. Non soffro di bipolarismo ma manifesto il mio stato d’animo a seguito di una semplice riflessione.
Sono occorsi anni, forse decenni, per sensibilizzare le donne sulla prevenzione del tumore al seno; sono servite migliaia di manifestazioni ed iniziative su questo tema – e servono tutt’ora – per fare in modo che le donne capissero l’importanza degli screening alla mammella; ancora oggi servono le raccolte fondi per sostenere la ricerca, le iniziative volte alla prevenzione ma più che altro all’educazione alla prevenzione, in generale, quindi non solo per il tumore al seno… a questo punto e di questo passo, quanti anni o decenni serviranno per far arrivare agli uomini il messaggio che la prevenzione del cancro al seno è un argomento che riguarda anche loro?
Lo so… si parla sempre di percentuali.
Nell’uomo i casi sono infrequenti: in Italia si ammalano di cancro al seno circa 500 uomini ogni anno (fonte Airtum). Molti di più per cancro alla prostata, testicoli o polmoni.
E allora?
Se continuiamo a fare sterili statistiche su quali tipo di cancro devono essere presi più “in considerazione” rispetto ad altri; se continuiamo a vedere le varie neoplasie come cose a sé e non come un “male comune”, sistemico, figlio del progresso che mira al profitto senza guardare al benessere dell’uomo e della natura – oltretutto vedendo l’uomo come qualcosa di estraneo alla natura – e che in realtà dovrebbe essere affrontato coralmente mettendo in campo mezzi, risorse, persone e soprattutto facendo un’adeguata informazione, non arriveremo a nulla o a poco.
Dovremmo ripensare anche ai nostri stili di vita ma questo è un argomento sul quale potremmo stare mesi a dibattere senza arrivare ad un compromesso; spesso basta metterci in pace con la coscienza acquistando una bottiglietta d’acqua confezionata in un contenitore realizzato in “bioplastica”, senza sapere nulla di “bioplastica”, né quanta energia e quali fonti di energia sono servite per realizzare quel contenitore, per trasportarlo, per smaltirlo… con l’aggravante che, almeno in Toscana, in provincia di Firenze e Prato, ad oggi non si sa come trattare le bioplastiche nel processo di smaltimento… Ve lo dicevo che era un discorso lungo e forse anche tedioso.
Quindi… il cancro è la “peste di questo secolo”. Si può guarire più di prima e meglio e lo si può fare attraverso metodi sempre meno invasivi ma, guarda strano, il cancro è in aumento; dati AIOM e ARTUM Leggi QUI.
Se non mettiamo in campo politiche adeguate, tese ad offrire un’informazione corretta e capillare sul cancro, fin dalle scuole, sugli stili di vita da adottare, sull’alimentazione, sulla qualità dell’aria, su come si effettua un’autopalpazione (non solo al seno), sulle metodiche disponibili per effettuare le diagnosi, etc. continueremo ad affrontare il cancro solo quando si è manifestato, dovendo farci carico di tutto ciò che questo comporta.
Il cancro al seno non è solo roba da femmine
Tornando al cancro al seno, mi chiedo quindi: quanto tempo occorrerà ancora per sentire dire che il cancro al seno “non è solo roba da femmine”?
Ecco che, dopo la meravigliosa serata del 7 settembre, trascorsa a Lamporecchio con AnnaStaccatoLisa – associazione con la quale da qualche mese ho intrapreso una bellissima collaborazione, tesa a dare voce anche agli uomini in questa battaglia contro il cancro al seno – mi sono posto qualche domanda.
Panchina Rosa a Lamporecchio – il richiamo di azzurro è relegato all’interno del fiocco rosa, identificato in un cuoricino di circa 2-3cm di grandezza…
Riflessioni che vengono naturali semplicemente osservando.
Vedo con quale difficoltà i comuni che ospitano le “panchine rosa” tendono ad accogliere la richiesta di dedicare qualche “centimetro di superficie” di questi arredi urbani al colore azzurro (fatte rare eccezioni). Ho proposto la “doga azzurra” come un significativo gesto che porrebbe l’attenzione su un problema trasversale, percentuali a parte, che permetterebbe di affrontare il tema del cancro al seno in modo più sinergico e con un occhio di riguardo anche verso gli uomini.
Mi rivolgo ai Comuni italiani che aderiscono alla meravigliosa iniziativa messa in campo dall’associazione AnnaStaccatoLisa:
“SIATE PIU’ CORAGGIOSI”.
Se l’uomo capisce che il problema del cancro al seno riguarda anche la propria salute, oltre ad avere più attenzione verso se stesso, comprenderà la problematica in ogni suo aspetto: cosa provano le donne, i rischi a cui vanno incontro e, forse, riusciranno anche ad essere più vicini alle loro compagne, sorelle, madri, amiche nel momento in cui si trovano ad affrontare un problema di questo genere.
Il punto è: rosa va benissimo ma perché non sdoganare la questione dal solo, esclusivo “mondo femminile” per coinvolgere anche gli uomini in questo processo d’informazione, di sensibilizzazione, di solidarietà e di reciproca comprensione?
Se continuiamo a dipingere il mondo di rosa – il che va pure bene ma non basta – il problema del cancro al seno resterà sempre e solo un problema di donne.
Ve lo dico amiche mie… è questo il problema vero.
In una società intrisa di falsi buonisti, di false ideologie, di falsi in generale e soprattutto in una società dove ancora esistono differenze di genere in termini di attenzione e di diritti, se il problema del cancro al seno resta relegato alle sole donne, sarà sempre e soltanto un problema femminile. Diversamente se l’uomo comincia ad essere coinvolto, perché interessato direttamente all’argomento (il cosiddetto “sano egoismo” o interesse di parte, chiamatelo come volete), si attiverà prima e meglio affinché la questione venga affrontata e, si spera, anche risolta.
Pia illusione? Utopia? Concetto rivoluzionario?
Allora rilancio ulteriormente…. VIA TUTTI I COLORI E PARLIAMO “SOLO” DI CANCRO. Il cancro deve essere affrontato e sconfitto. Macché fiocchi e giornate speciali. Tutto l’anno dovrebbe essere speciale e ogni occasione dovrebbe essere l’occasione giusta per fare squadra e trattare l’argomento cancro tutti insieme… prostate e ovaie comprese. Io uomo devo essere attento e interessato alla salute della donna e la donna dovrebbe fare altrettanto con la salute dell’uomo.
Concludo rivolgendomi anche alle associazioni che si occupano di cancro al seno. Siamo prossimi al mese rosa. Ottobre è una grande occasione per parlare di questa neoplasia anche al maschile. Per cortesia, siate più aperte, disponibili e attente anche a quella piccola percentuale di uomini che si ammala di cancro al seno.
Intanto faccio i miei complimenti e ringraziamenti alle associazioni con le quali ho già avuto modo di collaborare – e collaboro tutt’ora – che trattano questo argomento in modo trasversale; in particolare a:
Dal primo di ottobre tutte le associazioni hanno l’opportunità di fare la differenza e di cambiare le cose! FATELO!
Quindi, tornando sul “pianeta Terra”… va bene tutto purché se ne parli e soprattutto purché si agisca in ogni modo, con ogni mezzo e senza perdere altro tempo!
Rilancio volentieri questa iniziativa prendendo in prestito qualche rigo di testo dal sito dell’associazione Anna Staccato Lisa:
L’associazione Intrecci con il Patrocinio del Comune di Lamporecchio, organizza per Sabato 7 settembre 2019 un evento di sensibilizzazione per la ricerca contro il carcinoma mammario: un Aperitivo in Rosa con musica dal vivo in piazza IV Novembre per raccogliere fondi per Annastaccatolisa ONLUS. Nell’occasione verrà inaugurata, all’interno del Progetto, “La rete delle Panchine Rosa”, la panchina rosa di Lamporecchio. L’ idea della panchina rosa nasce per sensibilizzare la collettività sul tema della prevenzione del tumore al seno, ricordando l’importanza di prendersi cura ogni giorno della propria salute e di non dimenticare quanto sia fondamentale la prevenzione per permettere, nei casi di risposta positiva, di effettuare una diagnosi precoce.
Ed io aggiungo che sarò presente all’inaugurazione della “panchina rosa” che avrà un “tocco di azzurro” per ricordare che ogni anno in Italia 500 uomini si ammalano di cancro al seno e che dobbiamo sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema. Porterò la mia testimonianza per promuovere attenzione verso il carcinoma mammario anche verso gli uomini.
Sarà una serata di solidarietà e di festa e pertanto vi invito a partecipare a cominciare dall’apericena. Il ricavato della serata sarà devoluto all’Associazione Anna Staccato Lisa.
Vi racconto una storia nata per caso, ma nemmeno più di tanto…
Nell’ottobre 2018 contattai la LILT di Prato per cercare di trovare una sinergia con una delle realtà che si occupa di prevenzione dei tumori tra le più conosciute e radicate in tutta Italia. Il mio intento era di poter riuscire, col contributo LILT, a sensibilizzare il più possibile le persone sul tema del cancro al seno maschile. Desideravo mettere a disposizione la mia esperienza di vita per aiutare gli uomini a conoscere, prevenire e affrontare questa neoplasia.
Fui positivamente accolto dalla LILT di Prato e il presidente, il Dott. Roberto Benelli, mi invitò a partecipare ad una serata LILT che si sarebbe tenuta a Prato in occasione del “mese rosa”; mese dedicato, in buona parte del pianeta, alla prevenzione del cancro al seno. Accolsi l’invito e durante la serata ebbi modo di raccontare agli ospiti presenti la mia esperienza, in veste di testimonial, quindi portatore consapevole e autorevole di un messaggio di prevenzione.
Noto sempre lo stupore degli astanti quando racconto la mia testimonianza. Da quando ne parlo in pubblico spesso apro i miei interventi intervistando chi ho davanti, rivolgendo una semplice domanda: “Quanti di voi sapevano che il cancro al seno colpisce anche gli uomini?”. La stragrande maggioranza delle persone non lo sa.
Nei giorni seguenti a quell’evento mi sono rivisto col Dott. Benelli per gettare le basi della nostra collaborazione che, in pratica, aveva già iniziato a manifestarsi proprio attraverso l’invito che avevo ricevuto. Di lì a poco mi palesò l’interesse di realizzare un calendario per il 2020 dedicato alla prevenzione del tumore al seno.
Vi evito tutti i passaggi; vi basti sapere che proposi alla LILT di Prato di conferirmi l’incarico pro bono per occuparmi di questo progetto, accennando l’idea che avevo in mente. Nei mesi successivi ho presentato alla LILT di Prato un progetto dettagliato grazie al quale ho ottenuto il beneplacito per sviluppare la mia idea.
Il progetto:
Produrre delle immagini inedite ad alto contenuto artistico, ispirate ai canoni estetici del rinascimento, attraverso le quali raccontare visivamente storie di persone che hanno incontrato il cancro al seno durante il proprio cammino di vita.
Promuovere consapevolezza, attenzione verso se stessi e verso le persone a cui vogliamo bene attraverso la diffusione della cultura della prevenzione del cancro al seno .
Raccontare la prevenzione in modo positivo, senza indugiare sugli aspetti negativi della malattia ma cercando di promuovere “le buone pratiche” per evitare di ammalarsi o per individuare in tempo eventuali neoplasie mammarie.
Promuovere, attraverso un omaggio alla bellezza, il concetto di “rinascita” tramite l’arte (il rinascimento italiano) dal quale le immagini prodotte traggono ispirazione per stile, colore, abbigliamento, composizione, trucco e luci.
Un percorso di ricerca e di “rinascita” della propria “bellezza” ma anche di rinnovata consapevolezza e della “buona pratica” nei confronti della prevenzione.
Per realizzare questo progetto occorrevano due cose fondamentali:
validi professionisti, collaboratori capaci di intravedere nel progetto una finalità positiva e benevola
trovare dei fondi per sviluppare e portare a termine l’iniziativa.
Per il primo punto non ho avuto difficoltà: contattai Francesco Bolognini, mio amico e fotografo, che si occupò ai primi del 2018 di realizzare le due foto che sono diventate la mia campagna di sensibilizzazione sul cancro al seno maschile:
Il cancro al seno non è solo roba da femmineUna carezza può salvarti. Fai prevenzione
Per fare un grande progetto occorreva un grande fotografo, e non parlo solo di bravura tecnica ma anche e soprattutto di sensibilità umana.
Francesco fu fin da subito entusiasta della mia idea e sapendo che sarebbero servite location prestigiose e abiti importanti, mi suggerì di coinvolgere nel progetto anche Eleonora Lastrucci, nota stilista di alta moda pratese, e Mirco Rocchi, scenografo e regista riminese ma che vive da diversi anni a Prato.
Le “chiacchiere stanno a zero” e dopo un solo incontro, Francesco, Eleonora, Mirco ed io, abbiamo trovato la giusta alchimia e i presupposti per avviare una collaborazione a carattere artistico filantropico.
Da quell’incontro è nato un brand, ProfessionArts for LILT Prato, con l’intento di rappresentare il quartetto di creativi sotto un’unica egida.
Quindi…
PROFESSIONARTS produrrà 13 scatti fotografici (12 mesi +1 immagine di copertina) che andranno a costituire il calendario LILT PRATO 2020 che prenderà il nome “Il Rinascimento” col sottotitolo “Col seno di poi ”…
Questo calendario sarà il primo a livello nazionale in cui saranno presenti tre uomini interessati direttamente dal problema del cancro al seno e vedrà coinvolti, in totale, 24 modelli (21 donne e 3 uomini); tutte persone che hanno affrontato questa neoplasia e che attraverso la loro presenza dimostrano che questo male, se preso per tempo, può essere sconfitto.
Per il secondo punto, quello che riguarda la raccolta fondi, non mi sono perso d’animo e tramite la piattaforma di crowdfunding Produzioni dal Basso ho aperto una pagina dedicata alla presentazione del progetto e alla raccolta di finanziamenti. Non solo, era l’unico modo per poterlo fare in modo trasparente, consentendo di tener traccia di tutti gli introiti, mostrando pubblicamente le donazioni ricevute, (al termine del progetto pubblicheremo tutte le cifre: oltre agli incassi – già visibili consultando la pagina del progetto – anche i costi di produzione).
Ma… mancava ancora qualcosa.
Per fare questo, non potevo assumermi l’onere di gestire gli introiti, né come persona fisica né come partita iva; né io né gli altri tre professionisti coinvolti con me nel progetto. La cosa avrebbe assunto una “strana” connotazione nei confronti dei finanziatori e in termini fiscali. Serviva un’entità super partes, dalla chiara vocazione filantropica, già esistente e operante sul territorio, in grado di farsi carico non solo della promozione del progetto ma anche della gestione degli aspetti fiscali che ne sarebbero derivati. Dopotutto, il nostro intento, del gruppo ProfessionArts for LILT , era di realizzare un progetto artistico capace di attrarre il pubblico, sensibilizzarlo sul tema della prevenzione del cancro al seno e raccogliere fondi, tali da coprire tutte le spese di produzione ma anche sufficienti da produrre un utile, da devolvere alla LILT di Prato. Fermo restando che tutto il materiale prodotto verrà donato alla LILT di Prato per veicolare il suddetto messaggio e per raccogliere a loro volta dei fondi attraverso libere donazioni private.
Anche questa ricerca si è risolta in modo positivo.
L’associazione mira alla riappropriazione e alla valorizzazione delle aree urbane per contrastare il degrado e lo spaccio. Un modo anche questo di parlare di prevenzione, intesa come riconquista del proprio territorio, degli spazi verdi e della promozione di un migliore stile di vita. Tutte condizioni necessarie se vogliamo parlare di prevenzione.
L’associazione è entrata a far parte dei nostri partner e ci sta sostenendo anche per tutti gli aspetti legati al coinvolgimento delle varie istituzioni locali. Approfitto di queste righe per ringraziare l’Associazione “Quelli di Piazza Ciardi e delle vie del Serraglio”.
Anche questo risultato è stato raggiunto.
Di fatto, mentre sto scrivendo questo post, mi trovo nella fase di post produzione delle immagini scattate da Francesco.
ProfessionArts for LILT ha realizzato tutti gli scatti fotografici all’interno di una spazio temporale di circa poco più di tre mesi: da marzo a giugno. Abbiamo coinvolto molte realtà che ci hanno dato una mano fornendo location e servizi a titolo gratuito, divenendo nostri partner del progetto; tra questi ci tengo a ringraziare la LILT di Firenzeche si è messa a disposizione per fornirci il supporto della Florence Dragon Lady, tramite Alessandro Piccardi, fondatore della squadra fiorentina di dragon boat, caratterizzata dalla presenza di oltre sessanta donne che vi partecipano e che hanno avuto il cancro al seno.
Abbiamo lavorato con persone meravigliose che si sono prestate per essere ritratte nei dodici scatti. Modelle/i per un giorno che hanno dato il massimo, trasferendo le loro emozioni in ciascuna delle foto che abbiamo realizzato. Il progetto partì pensando di coinvolgere 12 persone, una per ogni mese. Strada facendo, tanto è stato il coinvolgimento e l’entusiasmo da parte delle persone alle quali ho raccontato cosa stessimo facendo che, siamo arrivati a 24 partecipanti (provenienti da Prato, Firenze, Pistoia e Gorizia), dovendo mettere, mio malgrado, un fermo al reclutamento altrimenti il progetto sarebbe diventato più complesso da gestire. Vi basti pensare solo agli abiti che Eleonora Lastrucci ha dovuto fornire.
Da un “semplice” calendario siamo passati a realizzare un progetto artistico più ampio, ambizioso che ha coinvolto e sta coinvolgendo tutt’ora moltissime persone a vario titolo. Un’esperienza bellissima che si concretizzerà a fine ottobre con la consegna ufficiale del progetto nelle mani della LILT di Prato.
Ecco un po’ di immagini tratte dal nostro backstage:
A lavoro sulle inquadrature per realizzare la copertina
Backstage alla Tenuta di Artimino.
Backstage presso lo Studio fotografico Bolognini
Backstage alla Tenuta di Artimino
Backstage a Pratolino
Backstage all’Istituto Buzzi di Prato
Isabelle Ceccarelli, la nostra truccatrice a lavoro su Valeria
Backstage presso il parco della Tenuta di Artimino
Backstage con Fabrizio, io e il maestro di sciabola Faustino Colombo
Backstage nella cucina medicea della Tenuta di Artimino
Backstage sul fiume Arno su un’imbarcazione dei Renaioli Fiorentini e le modelle delle “Florence Dragon Lady”
Backstage al parco delle Cascine di Firenze
Backstage sulla scalinata della Tenuta di Artimino
Nella scheda di presentazione del progetto su Produzioni dal Basso potrete approfondirne tutti gli aspetti e, se vorrete, potrete contribuire a finanziarlo partendo da un’offerta libera o avvalendovi delle forme di donazione riportate nella pagina di cui sopra. Abbiamo pensato sia ai privati che alle aziende; quest’ultime potranno godere di visibilità all’interno del progetto, in particolare attraverso il calendario LILT Prato 2020: “Il Rinascimento. Col seno di poi…” , e beneficiare dei vantaggi fiscali previsti dalle “donazioni o erogazioni liberali”.
Si sono già occupati della nostra iniziativa filantropica le seguenti testate giornalistiche:
Concludo citando un po’ di enti, persone, realtà che in più modi si sono prodigate per contribuire alla riuscita di questa iniziativa e senza le quali non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto; o quantomeno non come sta venendo 🙂
Crediti:
Ente beneficiario: Lilt Prato
Organizzazione/produzione: PROFESSIONARTS Ideatore, art director, grafico, editing foto FX ed editor: Stefano Saldarelli
Fotografo: Francesco Bolognini
Regista e scenografo: Mirco Rocchi
Stilista, responsabile abiti e copricapi: Eleonora Lastrucci
Trucco: Isabelle Ceccarelli
Consulenza immagine: Graziella Saldarelli
Medici LILT Prato e consulenti scientifici:
Dott. Roberto Benelli – Presidente LILT Prato
Dott.ssa Maria Chiara Talamo – Psicologa
Dott.ssa Irina Bessi – Psicologa/sessuologa
Sostenitori Progetto:
Ortopedia Sanital, Prato e Galciana
INNOCENTI sas, Prato
Partners e collaborazioni:
Netweek (media partner)
Tenuta di Artimino (per la concessione della location di prestigio)
Associazione Quelli di Piazza Ciardi e delle vie del Serraglio (partner per la promozione del progetto)
LILT Firenze (coinvolta per la partecipazione delle Florence Dragon Lady)
Alessandro Piccardi (per la preziosa collaborazione in ambito organizzativo e logistico. Fondatore della squadra di dragon boat “Florence Dragon Lady”)
DroneFly Prato (riprese video con drone)
I Fiaccherai fiorentini – Chiara Saviozzi (per la gentile concessione della carrozza e per la sua disponibilità e assistenza tecnica)
Istituto Tecnico Buzzi, Prato (per la gentile concessione della sala didattica dei telai tessili)
Sartoria Monaco (fornitore camicie da uomo)
Società Scherma Prato – Maestro Fausto Colombo (consulenza tecnica e fornitura delle sciabole)
Hotel NH di Firenze (per la gentile concessione dei propri spazi per effettuare trucco e cambio di abiti a Firenze)
Società Canottieri Firenze (per la gentile concessione dei propri spazi e per la collaborazione tecnica)
Renaioli di Firenze (per la gentile concessione del barchetto e per la disponibilità del vogatore a pertica)
Una grande ed importante notizia che apprendo con entusiasmo dalle pagine de La Repubblica, Salute Seno del 28 agosto 2019 a firma di MARIA TERESA BRADASCIO e TIZIANA MORICONI.
Finalmente anche l’organo statunitense che si occupa di salute, al pari del nostro Ministero della Salute, ha preso coscienza del problema pubblicando un documento per incoraggiare le aziende farmaceutiche a coinvolgere pazienti di sesso maschile nelle ricerche sul carcinoma mammario.
Anche se gli uomini rappresentano una percentuale bassissima, rispetto alle donne, non sono immuni a questa neoplasia. L’articolo di cui sopra riporta il quadro generale del fenomeno e in queste pagine troverete la mia testimonianza a riguardo.
Ringrazio le giornaliste che hanno firmato l’articolo pubblicato su La Repubblica che hanno citato il mio nome, questo blog e la collaborazione con l’Associazione “Anna Staccato Lisa” in merito alla “Panchina rosa con una doga azzurra”.
Era solo questione di tempo ma sapevo che sarebbe arrivata. Sono felicissimo di condividere con voi questo importante risultato ottenuto grazie alla sensibilità, l’ascolto e al lavoro dell’Associazione Anna Staccato Lisa. Finalmente a Bagno di Gavorrano, lo scorso 21 agosto, è stata inaugurata la panchina rosa con la doga azzurra.
Agli inizi di aprile di quest’anno, a seguito dell’inaugurazione della panchina rosa a Prato, contattai l’associazione Anna Staccato Lisa proponendo di allargare anche agli uomini la loro campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del tumore al seno, invitando a colorare di azzurro una doga della panchina appena collocata nella città laniera, oltre a colorare di azzurro una doga per ogni panchina rosa che avrebbero installato in seguito.
La risposta positiva da parte del direttivo dell’associazione non si è fatta attendere e di lì a poco ho avuto l’opportunità di conoscere Roberta e Daniela, rispettivamente presidente e vice presidente dell’associazione, in occasione dell’installazione a Larciano della prima panchina rosa con un “richiamo di azzurro“.
Oggi apprendo con grande entusiasmo e felicità che una nuova panchina rosa è stata inaugurata a Bagno di Gavorrano e questa, perdonatemi se sono di parte, ha qualcosa in più rispetto alle altre: ha una doga azzurra, come era da me stato suggerito a suo tempo all’Associazione.
Inaugurazione “Panchina rosa” a Bagno di Gavorrano. Foto di Costanza Priore condivisa sulla pagina di Mamy Roberta
Un importante e rappresentativo cromatismo che caratterizza questo arredo urbano che da qualche tempo è diventato un simbolo per sensibilizzare la collettività sul tema del cancro al seno. In questo caso, la doga azzurra permette di dare voce a quegli uomini che si trovano a dover combattere il cancro al seno, nella totale incredulità, sconcerto, talvolta anche imbarazzo e nel completo silenzio da parte dell’opinione pubblica.
Panchina rosa con doga azzurra a Bagno di Gavorrano. Foto di Costanza Priore condivisa sulla pagina di Mamy Roberta
Parlarne, di per sé, pare una cosa effimera, che non ha effetti sulla vita quotidiana delle persone, soprattutto se queste devono affrontare un cancro ma vi assicuro che non è così: parlarne alimenta la cultura, la conoscenza di questa neoplasia anche in ambito maschile, oltre che femminile. Molti uomini arrivano a scoprire il cancro al seno in una fase avanzata perché spesso ignorano che il cancro al seno non conosce sesso, età o etnie. Si pensa che riguardi esclusivamente la sfera femminile e ciò alimenta un’ulteriore presa di distanza degli uomini da questa malattia. Distanza che talvolta porta anche la classe medica, non tutta ovviamente, a minimizzare certi sintomi o a ignorarli, con la conseguenza che una volta diagnosticato il cancro al seno il percorso verso la guarigione può essere più impervio e lungo.
Ecco perché sto cercando di trovare sinergie con tutti coloro che possono diventare amplificatori di un segnale che alimenta la consapevolezza e la cultura verso il cancro al seno maschile ed ecco perché ho aperto la pagina Facebook dedicata a questo tema @CancroAlSenoMaschile.
Quindi, ancora una volta, GRAZIE all’Associazione Anna Staccato Lisa che si è prodigata in tal senso, dimostrando la propria apertura, la vicinanza, la sensibilità e la serietà nel portare avanti la mia richiesta e nei confronti del problema del cancro al seno in modo trasversale.
Un grazie sincero grazie va anche al Comune di Gavorrano (GR) che ha accolto l’iniziativa ospitando, nella frazione di Bagno di Gavorrano, la panchina rosa con la doga azzurra.
Per la cronaca: al momento ci stiamo organizzando per colorare di azzurro una doga della panchina rosa già installata a Prato. Recentemente ho avuto occasione di parlarne col sindaco Matteo Biffoni, oltre che con Roberta dell’Associazione Anna Staccato Lisa, e spero che nel mese di ottobre (mese rosa dedicato alla prevenzione del cancro al seno) possa realizzare questo obiettivo, incontrarci col sindaco, Roberta e me per colorare insieme la doga di azzurro.
Il 30 marzo 2019, a Prato, l’associazione Annastaccatolisa Onlus insieme al Comune, rappresentato dal primo cittadino Matteo Biffoni, hanno inaugurato la “panchina rosa”.
Installata presso la pista ciclabile Gino Bartali, in viale Galilei angolo via Negri, è un simbolo importante e al contempo un arredo urbano pensato con l’intento di creare attenzione e cultura verso la prevenzione del cancro al seno.
Roberta Romani – presidente associazione Annastaccatolisa col sindaco di Prato Matteo Biffoni
Inaugurazione panchina rosa a Prato
Inaugurazione panchina rosa a Prato col sindaco Matteo Biffoni
Inaugurazione panchina rosa a Prato col sindaco Matteo Biffoni
Inaugurazione panchina rosa a Prato
Inaugurazione panchina rosa a Prato
Appresa la notizia scrissi al direttivo dell’associazione per proporre loro di intervenire sulla panchina appena installata, e su quelle che in futuro sarebbero state inaugurate dai vari comuni, colorando di azzurro una doga per rappresentare quella piccola ma significativa percentuale di uomini che ogni anno contrae un carcinoma mammario; 500 uomini che si ammalano di cancro al seno, nella totale incredulità, nel silenzio e nel disagio fisico e psicologico. Spesso questi uomini giungono ad una diagnosi in fase avanzata del cancro proprio perché il fenomeno viene ignorato o sottostimato sia da parte degli stessi pazienti, per lo più inconsapevoli che questo fenomeno possa manifestarsi anche nel loro corpo, sia da parte degli stessi medici, che spesso minimizzano il problema rimandando gli accertamenti o non ritenendoli necessari.
Dal direttivo dell’associazione Annastaccatolisa ho ricevuto subito un’unanime approvazione alla mia richiesta.
Ecco che sabato 8 giugno 2019, a Larciano in provincia di Pistoia, alla presenza delle autorità locali, di Roberta e Daniela, rispettivamente presidentessa e vicepresidentessa dell’associazione Annastaccatolisa, delle volontarie dell’associazione e davanti ad un nutrito pubblico, si è tenuta l’inaugurazione della prima panchina rosa col richiamo di azzurro. Sono stato invitato a partecipare a questa inaugurazione e come ho avuto modo di dire durante il mio intervento di ringraziamento, questa è stata una vera conquista.
È stato un primo importante momento che deve essere ricordato come l’inizio di un percorso verso “un’uguaglianza di genere” che la prevenzione del cancro al seno deve raggiungere; pur considerando le dovute proporzioni in termini di frequenza del problema tra donne e uomini.
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano – Stafano Saldarelli e Roberta Romani presidentessa Associazione Annastaccatolisa
Inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano – Antonella Manganelli, mia moglie, insieme a Daniela Cheli vice presidentessa Associazione Annastaccatolisa
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Annastaccatolisa – inaugurazione panchina rosa e azzurra a Larciano
Guardando in positivo non posso che essere contento di ciò che è avvenuto a Larciano e ringrazio il Comune e l’associazione Annastaccatolisa per aver accolto la mia richiesta e per avermi invitato.
Resta un po’ “mezzo vuoto il bicchiere” perché avrei apprezzato che fosse colorata una doga o un angolo della panchina piuttosto che utilizzare l’azzurro solo come colore per scrivere la frase “La prevenzione è il primo gesto d’amore che dobbiamo a noi stessi”. Questo perché dopo l’inaugurazione, quando “i riflettori” si spengono, i palloncini rosa e azzurri si sgonfiano e tutti tornano a casa, resta una bella panchina rosa con una scritta importante, evocativa ma, chi “non sa”, chi non era all’inaugurazione e chi passerà da quella piazza e magari si siederà su quella panchina, difficilmente capirà che quel tratto azzurro si rivolge e rappresenta quegli uomini a cui deve arrivare l’informazione della prevenzione del cancro al seno. Qui parla il grafico…
Comunque. ripeto, considero questa panchina rosa, con un tocco di azzurro, un primo grande importante passo avanti. Ora non resta che “aggiustare il tiro” e puntare ad avere la doga azzurra e far sì che le prossime panchine le abbiano “di serie”.
Invito il sindaco Matteo Biffoni a considerare il mio invito e ad adoperarsi in tal senso, insieme all’associazione Annastaccatolisa, per porre “rimedio” alla panchina rosa pratese. Lo invito personalmente a colorare una doga di azzurro, magari lo facciamo insieme, ad ottobre, in occasione del mese rosa; riconosciuto a livello mondiale come il mese dedicato alla prevenzione del cancro al seno.
“Alzi la mano chi di voi sapeva che ad un uomo poteva venire il cancro al seno…”
Lasciando perdere chi vi scrive, che comunque non sapeva dell’esistenza di questo problema prima che gli capitasse, è assai raro che le persone con cui ho occasione di parlare siano a conoscenza del cancro al seno come un male che può affliggere anche l’uomo, almeno prima di aver trattato l’argomento con me. Ora… non è che mi metto a parlare con tutti di cancro al seno, si badi bene, è che “ultimamente” mi capita di farlo poiché non sono rimasto “al palo” col mio problema ma l’ho affrontato pubblicamente fin da subito.
Il fatto che non si conosca non mette al sicuro nessuno, tantomeno gli uomini che ignorano completamente la cosa. “Pare che a noi non ci tocchi nulla”, figuriamoci se può capitarci “una roba da femmine” come questa. Oltretutto non se ne parla, “figuriamoci se può esistere”…
Noi uomini siamo spesso affetti dalla sindrome dell’Highlander che ci induce a pensare che “il male” non ci possa riguardare. Siamo forti, facciamo sport, abbiamo una vita frenetica e piena d’impegni. Abbiamo da fare… Non abbiamo tempo per ammalarci e soprattutto… “figuriamoci se capita a me”… e con questo pensiamo di aver risolto tutto.
Nel mio percorso di “nuova vita”, perché di fatto la vita ti cambia se non altro perché hai ricevuto la mazzata tra capo e collo che ti fa rendere conto che non sei così indenne da certe cose, ho incontrato degli uomini operati di cancro al seno come me. Più o meno tutti quelli con cui ho parlato, nel raccontarmi la loro storia, hanno manifestato le fasi che ho vissuto anche io: stupore, incredulità, imbarazzo, rassegnazione e pudore o vergogna; io no, come è evidente. Ho commutato queste ultime due fasi in incazzatura e lotta; più che altro perché non ho trovato e non trovo giusto che molte persone, me compreso fino a qualche mese fa, associno il cancro al seno legato alla donna e alla sfera sessuale femminile. Che poi la questione sessuale è marginale. Non è che una donna che ha il cancro al seno si reca dal ginecologo per trattarlo ma va dal senologo e “pare”, udite, udite, che il seno sia presente nelle donne come nell’uomo.
Seno, mammella, capezzolo… che parole eh? A sentirle, noi maschietti, assumiamo quell’aria un po’ inebetita che scaturisce dall’immagine che abbiamo in mente del seno femminile, senza pensare che le stesse parole possono riferirsi alle medesime aree del corpo anche in un uomo.
Aaaagh! Abbiamo il seno? La mammella?!?! Non è possibile!
Eppure, quando ti dicono che hai un cancro al seno, o alla mammella, devi cominciare a farci l’abitudine. Questo ti fa capire come siamo influenzati dalle parole; spesso usate male o solo “in esclusiva” in certi ambiti.
Preso coscienza di questo fatto… di per sé già inquietante, devi entrare in un vortice di eventi che ti portano a rivedere la tua vita, o almeno parte di essa, e a dover accettare tutta una serie di situazioni che fino a poco prima non avresti immaginato minimamente di dover affrontare.
Entra in gioco la resilienza: la capacità di adattarsi ad un evento importante, traumatico, rendendo questo momento come un’esperienza dalla quale poter imparare qualcosa. Riceviamo la botta, la reggiamo, reagiamo e ne facciamo un totem per affrontare le difficoltà della vita. Diciamo pure che tutto il resto assume un aspetto più leggero, meno “urgente” e “importante”.
Allora… se di cancro al seno, anche noi uomini, possiamo ammalarci, non vedo perché non se ne debba parlare.
Ecco perché su questo blog sto trattando questo argomento. Ecco perché ho aperto un gruppo chiuso e una pagina Facebook all’interno delle quali riportare notizie, eventi, fatti che possono essere utili per la collettività. Ecco perché mi batto affinché si possa fare un po’ di luce su questo argomento.
Voglio che sia chiara una cosa: NON VOGLIO FARE PARAGONI UOMO/DONNA. So benissimo che le percentuali di rischio per le donne di riscontrare questo problema siano assolutamente a loro svantaggio, diversamente dall’uomo. So bene che le campagne di sensibilizzazione sono una manna dal cielo e che devono esserci e che non sono mai troppe. Ma una parolina per noi maschietti, vogliamo spenderla?
Criticità:
In primo luogo, un dato certo sull’entità di questo problema non è ancora stato comunicato, o per lo meno non è di così immediata reperibilità se non mettendo insieme più fonti:
Contattando la AIRTUM mi è stato riferito che in Italia si registrano in media 133 nuovi casi all’anno, con una leggera prevalenza nelle regioni del Nord Italia.
Sempre sul sito AIRTUM è possibile scaricare “I numeri del cancro in Italia 2018” e consultando questo documento, a pagina 23, troviamo la TABELLA 5. “Numero di nuovi casi tumorali, totale e per alcune delle principali sedi, stimati per il 2018 -popolazione italiana residente da previsioni ISTAT – www.demo.istat.it ” con differenze tra uomini e donne. Scorrendo la pagina, verso la metà, si legge: Mammella – Uomini: 500 – Donne: 52.300
Il sito dell’AIRC riporta un dato simile a quello che vedrete riportato da Repubblica (vedi sotto): Cito dal sito AIRC: “Il carcinoma della mammella maschile rappresenta lo 0.5-1 per cento di tutti i tumori della mammella. Si stima che in Italia interessi un uomo ogni 620 circa.” Se le donne che si ammalano di cancro al seno sono circa 50.000 all’anno. Tornerebbe il dato che riporta 500 uomini (l’1% del totale). A pagina 25, invece, si legge il dato più sconcertante che riguarda il “numero di decessi per causa e per sesso osservati in Italia durante l’anno 2015. ISTAT 2015″. Per quanto riguarda i casi di morte per tumori maligni del seno: Uomini: 107 e Donne: 12.274 per un totale di: 12.381 persone.
Il sito di Repubblica, articolo a firma di Franz Rossi del 10 Aprile 2018, parla di 500 casi nel 2017
Il sito della Fondazione Umberto Veronesi, che peraltro mi ha citato e approfitto per ringraziare pubblicamente, riporta: “Il tumore al seno colpisce all’incirca 300 uomini ogni anno in Italia.“
Quindi, primo problema: quanti uomini si ammalano ogni anno di cancro al seno? Quanti di questi vengono trattati per tempo? Ovvero, quanti “se la cavano” come me rinunciando al massimo ad un capezzolo e ad una manciatina di linfonodi, o anche meno?
Quanti sopravvivono?
Facendo una semplice sottrazione, basandoci sui presunti 500 uomini che scoprono di avere il cancro al seno, riportati sul documento dell’AIRTUM, il calcolo è semplice: 500-107= 393 (dati del 2015). Quali regioni d’Italia manifestano maggiori criticità? In tal caso, se così fosse, perché ciò si verifica di più in certe aree piuttosto che in altre?!
Riflessione rapida… non mi pare che siano pochi o così rari i casi di tumore maschile. Cinquecento uomini l’anno non sono da ritenersi una “rarità” o dei “casi eccezionali”.
Tempistiche per la diagnosi.
In Toscana, o per lo meno a Prato, devo dire che tra supporre vagamente che possa esserci qualcosa di sospetto ed essere operato per togliersi qualsiasi dubbio passa poco tempo. L’iter è davvero rapido e il flusso che permette di gestire le varie fasi è ampiamente rodato ed efficiente. Se soventemente parliamo di “mala sanità” devo riconoscere che per lo meno a Prato, almeno in ambito oncologico, le cose funzionano. Il problema probabilmente è nelle altre città o regioni d’Italia. Ho un amico romano che ha dovuto peregrinare per arrivare ad una diagnosi chiara e quando c’è arrivato ha dovuto subire un intervento piuttosto invasivo perché l’estensione del cancro era tale da richiedere il sacrificio anche di una parte del suo muscolo pettorale.
Campagna di prevenzione:
Non si tratta di mettere in piedi un sistema di prevenzione dedicato all’uomo. Si tratta semplicemente di “aggiungere una parolina”: “UOMO” quando si parla di prevenzione nella donna. Non si tratta di creare percorsi dedicati ma di far capire all’uomo che il proprio pettorale, che ospita un seno, deve essere trattato bene, deve essere osservato e palpato per verificare che non vi siano escrescenze, noduli, evidenti asimmetrie, ginecomastie o perdite di liquido dal capezzolo o qualsiasi cosa che fino a poco tempo prima non c’era.
La prevenzione del cancro al seno maschile passa dalla donna!
Questo è quanto ritengo più logico e plausibile. La donna, almeno da qualche anno, viene educata all’autopalpazione, ad osservare i suoi seni, a monitorarsi secondo certi criteri, oltre ad essere sottoposta a mammografie e/o ecografie soprattutto dopo una certa età. L’uomo è ignaro di tutto questo. Ringrazio Dio che mi ha fatto conoscere mia moglie, per tanti motivi ma in particolare per ciò che fece quella sera del 17 agosto del 2017 quando si accorse del nodulo che avevo al mio seno sinistro. Grazie alla sua sensibilità e alla sua capacità di capire subito che quella anomalia doveva essere ulteriormente indagata da medici esperti che oggi molto probabilmente posso dire di poter essere “uscito dal tunnel” con “danni limitati”. Devo a lei la mia vita!
Esorto tute le coppie ad applicarsi nella palpazione reciproca intesa come forma di prevenzione veicolata attraverso un gesto d’amore semplice, importante e serio. Se non sapete come farla vi consiglio di guardare questo video:
Sì, lo so… si parla di seno femminile… ancora non lo avete capito? Cambiano le dimensioni e la forma ma la sostanza è la stessa. Quindi, le donne le invito a fare un “ripassino” sul metodo in questione e gli uomini li esorto a imparare il metodo e ad applicarlo su voi stessi e sulle vostre partner. Vogliamoci un po’ più di bene!
Prevenzione:
Ecco il tasto dolente… la prevenzione del cancro al seno passa da un tipo di prevenzione detta di secondo livello, ovvero, l’autopalpazione in primis e poi recarsi presso un centro specializzato dove effettuano screening per il tumore del seno. Questo in linea di massima e soprattutto vale per le donne. Gli uomini è bene che si applichino nella suddetta tecnica di auto-monitoraggio e, qualora riscontrassero delle anomalie è bene che si rechino da uno specialista. Di solito l’iter è: MEDICO DI BASE > ECOGRAFIA > SENOLOGO ma se occorre potete “passare direttamente dal VIA” facendovi fare almeno un’ecografia in un centro privato. In poco tempo riuscite ad avere una risposta e a costi accessibili.
Con l’ecografia potrete recarvi dallo specialista il quale valuterà il da farsi.
Esistono anche fattori scatenanti di tipo ereditario, le cosiddette mutazioni genetiche, in particolare dei due geni BRCA1 e BRCA2. Se in famiglia avete avuto casi di tumore al seno vi consiglio di effettuare il test genetico, sulla base delle indicazioni che potrà darvi un senologo o un oncologo. Esiste un’associazione italiana che in merito si sta operando per diffondere una corretta informazione e aiutare chi ha una mutazione di questo tipo nel fornire supporto e risposte. L’associazione si chiama www.abrcadabra.it
Stile di vita:
Che ve lo dico a fare… pur non essendo state ancora comprese le dinamiche che provocano il cancro al seno, un buon stile di vita permette di ridurre la soglia di rischio. La prevenzione di primo livello non è applicabile a questo tipo di tumore; es. “non posso dirti di non mangiare una certa cosa perché so che quella è la causa del tumore”. Non ci sono indicazioni di questo tipo perché non se ne conoscono le cause. Quindi… nei prossimi post parleremo anche di una corretta alimentazione, di stile di vita, attività fisica e di integrazione alimentare supportando le mie tesi con dati e autorevoli testimonianze. Tutte cose importantissime per stare bene, vivere il più a lungo possibile e in salute ma… come evitare di ammalarsi di cancro al seno, almeno al momento, non c’è dato sapere.
Terapie ed effetti collaterali
Un altro dei miei obiettivi è, o sarebbe, riuscire a creare un database nazionale o migliorare eventualmente quelli che già ci sono, per condividere in rete, tra “addetti ai lavori” (personale sanitario / ospedaliero / medici oncologi, senologi, endocrinologi) le informazioni sui singoli casi di cancro al seno maschile, sulle terapie adottate e, soprattutto, sugli eventuali effetti collaterali che ne possono derivare. In questo caso la ricerca cosa ci dice? Che non esiste una terapia diversificata uomo/donna ma ad entrambi si somministrano farmaci sulla base dell’esperienza acquisita negli anni dall’utilizzo di questi in ambito femminile. Ora… va bene che abbiamo entrambi un seno (e prima non lo sapevamo) ma “forse”, qualche differenza tra uomo e donna c’è, soprattutto quando entrano in gioco le terapie ormonali.
Non voglio entrare nel merito di cosa debba o non debba essere somministrato ad un uomo o ad una donna che ha avuto il cancro al seno ma, raccogliere informazioni a riguardo, confrontarle e capire, per poi migliorare metodi, farmaci e posologie, sarebbe più che opportuno, senza aspettare che siano le case farmaceutiche a farlo arrivando ad “imporre metodi e farmaci”.
Ecco perché ritengo sia importante creare informazione, fare rete e condividere le esperienze. Ecco perché vorrei che l’opinione pubblica, i media, ma soprattutto chi si occupa di prevenzione, spendessero un po’ del loro tempo per parlare del cancro al seno maschile.
Per quanto mi riguarda, spero, di aver superato il problema e di poterlo vivere come un’esperienza in più che ho maturato nella mia vita. Ciò che desidero è che la popolazione in generale, più che altro quella maschile, possa sapere di questa possibilità. Anche se “rara” è pur sempre una possibilità. Di sicuro è più facile ammalarsi di cancro al seno che vincere un milione di euro con un gratta e vinci. Nel nostro caso, siamo tutti in gioco senza saperlo e chi vince paga pegno.
Ho deciso di parlarvi di chemioterapia; di quella a cui mi sono sottoposto.
Ho deciso di farlo per dare un messaggio a coloro che si trovano a dover affrontare un percorso chemioterapico e in questo momento vivono un conflitto interiore dominato da mille domande e altrettante incertezze.
Ho deciso di farlo per informare i parenti dei pazienti oncologici che sono coinvolti emotivamente in questo percorso e che necessitano di informazioni “meno istituzionali” e più pratiche: da chi ha provato sulla propria pelle un trattamento chemioterapico.
Vi racconterò cosa ho vissuto, per darvi modo di capire e forse di trovare qualche argomento utile per aiutarvi ad affrontare con più consapevolezza il vostro percorso.
Se siete di quelli che preferiscono “affidarsi”, senza sapere, il mio consiglio è di NON proseguire nella lettura di questo post. Diversamente, se siete tra quelli che hanno bisogno di avere elementi concreti per elaborare un proprio pensiero, ecco che questo post potrebbe offrirvi quanto state cercando.
NOTA per i più sensibili: Più avanti troverete un paio di foto che mostrano: una l’infusore automatico per chemioterapia e l’altra il mio braccio sul quale è applicato l’ago col relativo cannello per la somministrazione dei farmaci. Avvertiti…
Usando una metafora cinematografica, questo post è uno “spoiler” su quanto avviene, in certe condizioni, per certe forme di cancro, durante il trattamento chemioterapico.
Prima di tutto ci tengo a precisare che NON sono un medico ma un ex, spero, malato dicancro al seno. Sono un uomo tra quei 130 casi circa all’anno che in Italia coinvolgono la popolazione maschile con questo “alieno”.
Altra cosa che mi preme riportare in queste righe è che NON esiste “LA” chemio ma esistono vari trattamenti chemioterapici, ognuno formulato per una specifica neoplasia.
Non solo, per la stessa forma di cancro non esistono trattamenti identici. Ogni terapizzato viene sottoposto a serie valutazioni da parte del GOM (Gruppo Oncologico Multidisciplinare) che raggruppa vari medici specializzati in vari campi della medicina che prendono in esame ogni singolo caso, lo studiano e di concerto decidono quale specifico protocollo terapeutico adottare. Ogni GOM stabilisce tempi, dosi e tipologia di farmaci da impiegare per ogni paziente, secondo delle linee guida dettate dalla comunità scientifica internazionale e che tengono in considerazione, oltre la patologia di per sé, anche il sesso, l’età, il peso corporeo e lo stato generale di salute della persona.
In virtù di questo, se il vostro trattamento NON prevede l’uso di TAXOLO e TRASTUZUMAB, e a chemio conclusa l’impiego del TAMOXIFENE, non starete per affrontare il mio stesso protocollo terapeutico (e che in parte sto ancora seguendo). Potete quindi risparmiarvi il resto del post. In caso contrario, vi invito a proseguire nella lettura con la speranza di potervi dare utili informazioni.
Finite le raccomandazioni… cominciamo!
“Non tutte le chemio vengono per nuocere”
…è il modo di darvi il mio personale messaggio positivo, se in questo momento vi trovate a dover iniziare un percorso di chemioterapia e non sapete né cosa vi aspetta né quali effetti avrà su di voi.
Ciò che posso raccontarvi è ciò che è accaduto a me, senza aggiungere o togliere nulla. Mi permetto solo di dirvi che l’atteggiamento mentale è tutto, sempre e comunque, più che mai in questi momenti. Pertanto… abbattersi non serve a nulla, anzi, NON giova assolutamente al vostro fisico e soprattutto alla vostra mente. I primi passi sono i più difficili, quelli incerti, fatti “al buio”. So che le cose vi sembreranno strane, difficili, anche assurde e incomprensibili. Ognuno troverà il proprio modo di affrontare la cosa ma vi assicuro che il migliore di tutti è pensare al presente e godere al massimo delle cose belle della vita. Il cancro è un “alieno” che oramai è diffuso in tutto il mondo; questo grazie a ciò che l’uomo continua a fare su questo pianeta, in barba a qualsiasi concetto di equilibrio, rispetto per l’ambiente e quindi per noi stessi. Detto ciò… poniti meno “perchè” e stampati più “smile” 🙂
Non solo… è arrivato il momento di tagliare i “rami secchi”: se accanto a te gravitano “persone che si piangono addosso” e che fanno del tuo problema il loro problema, il mio consiglio è di farti da parte (o farle da parte) e di non dare troppo spago a questi soggetti. Spesso tendono a tirarti dentro il baratro e ad assorbirti energie. Ora devi pensare a te, tutte le energie ti serviranno. Viceversa, attrai a te le persone positive e che ti amano. E’ il momento giusto per mettere alla prova il significato della parola “amore”.
Altra cosa, importante: ricorda sempre che c’è chi sta combattendo la stessa battaglia o di peggiori; quindi, non sei l’unico/a e soprattutto non sei solo/a.
Prima di addentrarci in certi argomenti, per sdrammatizzare un po’, ho deciso di inserire tra queste righe, non a caso, un estratto dal film Frankenstein Junior di Mel Brooks.
A questo punto…
Occorre che vi specifichi che nel mio caso il trattamento chemioterapico è stato ritenuto necessario dal GOM perchè, a seguito dell’intervento chirurgico, sono stati adottati i protocolli preventivi per fare in modo che le cellule tumorali, eventualmente ancora presenti nell’organismo o quelle che potrebbero, per qualche ragione, formarsi successivamente, possano avere “vita breve”. In pratica, l’intento è di creare un “ambiente ostile” al proliferare delle cellule cancerogene di quella particolare forma di cancro, evitando così delle recidive. Quindi, se fai la chemio per il cancro al seno, come nel mio caso, non è che di fatto sei “protetto/a” da tutte le neoplasie. Magari fosse così… Mi piace pensare che sei “meno vulnerabile” rispetto a quella che ti ha già colpito; anche se poi, aimè, conosco persone che hanno avuto una recidiva anche dopo essersi sottoposte a trattamento chemioterapico. Questo si chiama karma, sfiga, destino o come vuoi… io lo chiamo semplicemente “vita”.
Prima accetti tutto questo e prima troverai il modo e il tempo per apprezzare “il bello” che questa esperienza ti può portare… Sembra strano ma troverai anche il lato positivo che non si esaurisce col fatto che farai la chemio per prevenire o guarire dal cancro ma che grazie a questa esperienza vedrai che intorno a te “succederanno cose”, conoscerai persone e avrai modo di conoscere meglio te stesso/a, compresi i tuoi limiti e le tue capacità.
La mia chemio
Ho cominciato la mia prima chemio il 2 di febbraio 2018. Il programma prevedeva una chemio alla settimana per un totale di 12 settimane. Posso dirvi che alla vigilia della prima infusione ero molto teso, più che altro per l’incognita del trattamento e degli effetti che avrei potuto manifestare di lì a poco. Non solo, al termine di uno degli incontri pre-chemio col mio medico oncologo ne sono uscito con una busta di farmaci “da usare in caso di emergenza”. L’intento era di poter avere, al bisogno, un farmaco per ogni tipologia di effetto collaterale si fosse presentato nel corso del trattamento. Non è che di fatto questo ti pone mentalmente in una condizione di tranquillità ma, come si dice… “prendi e porti a casa” e così ho fatto.
Cosa avviene in pratica?
Dietro preciso appuntamento, programmato insieme al medico oncologo e confermato dal reparto di oncologia ad ogni vigilia del trattamento, arrivi all’ospedale e attendi che il tuo nome venga annunciato tramite altoparlante. Io scelsi di effettuare i trattamenti tutti i venerdi alle ore 14.00 in modo tale da “non guastare più di tanto” la mia settimana lavorativa e, qualora fosse stato necessario, avere a disposizione il weekend per riprendermi.
Ti accoglie un’infermiera che ti conduce alla stanza dove verrà effettuato il trattamento e ti fa accomodare su una poltrona regolabile nell’inclinazione, altezza, etc… Diciamo che è piuttosto comoda anche se ovviamente quando sei lì pensi che staresti meglio in ginocchio sui ceci ma a casa tua. Comunque, ti siedi cercando di trovare la posizione più confortevole mentre l’infermiera prepara l’apparecchio che regola l’infusione dei farmaci e le varie dosi di medicinali che dovranno essere iniettati secondo una precisa sequenza.
Ognuno di questi prodotti è contenuto in un singolo contenitore da flebo, di grandezze variabili, e viene inoculato nella sequenza prevista: dal primo all’ultimo.
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Non ho voluto farmi applicare né PICC (Peripherally Inserted Central Catheter, catetere centrale inserito perifericamente) nè PORT o (Port-a-cath) –vedi link di approfondimento-. Sono due dispositivi che permettono un più facile accesso venoso. Entrambi vengono applicati al paziente (l’uno o l’altro) prima di iniziare il primo trattamento e di solito vengono rimossi dopo aver ultimato tutti i cicli di chemioterapia. Da questi dispositivi si inserisce l’ago dal quale passeranno i farmaci e attraverso i quali si effettuano i prelievi di sangue per i vari controlli, senza dover praticare nuovi fori nelle vene. Sono una sorta di “portale di accesso facilitato”. Non mi sono voluto far applicare né l’uno né l’altro dispositivo perché ritenevo che potessero solo darmi un gran fastidio. Sono un professionista abituato a muovermi per lavoro e solo a pensare di avere un “aggeggio” inserito in una vena, e di dovermelo portare a giro per mesi, non mi andava giù. Ho delle grosse e robuste vene, avrei comunque potuto farmi applicare uno dei due suddetti dispositivi anche a trattamento iniziato, qualora avessi riscontrato problemi causati dal farmaco chemioterapico: tra i possibili effetti collaterali ha un’azione “sclerotizzante” delle vena che riceve le infusioni. Dopo varie chemio, possono irrigidirsi le pareti venose e manifestarsi degli ematomi. Ho tentato “la sorte” e ho cominciato a farmi bucare con il normale sondino da flebo; come si vede nella foto sopra riportata. In pratica: 12 buchi sul braccio destro per la chemio e altrettanti sul sinistro per i prelievi del sangue.
Tra un flacone da flebo e l’altro la macchina che si occupa di pompare i farmaci emette un segnale acustico non appena il prodotto contenuto nel flacone è esaurito. I beep scandiscono le tue giornate trascorse nella sala delle chemioterapie. Al beep della macchina corrisponde un beep che azioni volontariamente tramite un apposito pulsante che serve per segnalare alle infermiere che occorre sostituire il flacone appena esaurito.
Nel mio caso posso solo dire che a Prato, presso l’Ospedale Santo Stefano, sono stato assistito in modo meraviglioso e puntuale. Le infermiere sono competenti, gentili e premurose. Non ho mai atteso oltre il ragionevole tempo che occorre alle operatrici sanitarie per intervenire su ogni singolo paziente che le chiama per il cambio della flebo o per altri interventi. Tutto è sapientemente eseguito e condotto a termine grazie all’esperienza pluriennale del personale del reparto di oncologia che pur muovendosi in modo rigoroso e professionale non è esente dal dispensare sorrisi e parole di sincero interesse per lo stato di salute di ognuno. Grazie!
Nella “stanza della chemio” puoi essere in compagnia di altri pazienti. Le poltrone a disposizione nel reparto di Prato sono tre per stanza quindi al massimo puoi trovarti con altri due “compagni di avventura”…
C’è la televisione; se vuoi vederla, se ti piace e soprattutto se non viene monopolizzata dalla “tipa” amante delle telenovelas o delle trasmissioni “da diabete” che imperversano i palinsesti televisivi di primo pomeriggio. Dico da diabete perché spesso sono caratterizzate da storie mielosissime, il tutto infarcito da una buona dose di personaggi “creativi”, “alternativi” e di “tendenza”..mah… Un affettuoso saluto a Caterina Balivo! 🙂
Quanto dura la chemio?
Tra tutto, e intendo inserire nel compendio quel minimo di attesa, la preparazione, le infusioni e il tempo necessario per “ricomporsi” per poi uscire dall’ospedale, mi andavano via circa due ore e mezza, due ore e quaranta. Di per sé la chemio dura un paio d’ore ma passano abbastanza velocemente.
Mia moglie mi ha sempre accompagnato, trascorrendo con me tutto il tempo necessario. Questo mi è stato di grande conforto. Col passare delle settimane il nostro è diventato una sorta di appuntamento intriso di piacevoli rituali che rendevano l’evento stesso un momento di reciproco coinvolgimento e d’amore. Un esempio su tutti, potrei riportarne tanti, mia moglie preparava una borsina all’interno della quale ci metteva la bottiglia dell’acqua, una vaschetta con delle mele spezzettate e qualche mandorla sgusciata. Consumavamo insieme questo “pic-nic” durante la seduta e alla fine della chemio mi faceva trovare un regalino; cose semplici ma per me preziose, di grande conforto e anche inaspettate; soprattutto all’inizio dei primi trattamenti. Sono fortunato ad averla incontrata! Oltretutto è lei che mi ha salvato la vita.
Il Trastuzumab
Oltre alla chemio, ogni tre settimane (lo sto facendo tutt’ora) mi viene somministrato il Trastuzumab. Solo per pronunciare il nome mi ci sono volute dei mesi e tutt’oggi mi trovo spesso in difficoltà, tant’è che preferisco chiamarlo “la divinità atzeca” perchè il nome mi ricorda appunto una divinità ancestrale o una sua “maledizione” 🙂
Insomma…
questo farmaco, detto “intelligente”, e sul quale mi sono potuto esprimere in merito a questa definizione in un mio precedente post, viene somministrato tramite iniezione nella coscia, sotto cute. L’infermiera spinge il liquido contenuto nella siringa dosando la pressione in modo tale da inocularlo nell’arco di tempo di circa 5 minuti. In pratica deve iniettarlo molto lentamente. Non fa male; dà solo un po’ di fastidio all’inizio, appena entra il liquido o se viene esercitata un po’ troppa pressione sullo stantuffo della siringa. Quindi, ogni tre settimane, durante la tua chemio, nel corso delle due ore circa che sei lì, arriva l’infermiera e ti fa la puntura di Trastuzumab nella coscia. “Non ci facciamo mancare nulla”.
Nota a margine per il produttore dell’Trastuzumab: “ma non sarebbe possibile rendere disponibile questo farmaco sotto forma di cerotto transdermico?” Come i cerotti alla nicotina o quelli che contengono antidolorifici, per intenderci. Sarebbe un vantaggio sia per gli infermieri, che in quei minuti potrebbero dedicarsi ad altro, sia per i pazienti che devono starsene immobili a farsi iniettare “la maledizione atzeca” per cinque minuti, oltretutto dovendo andare in ospedale, anche dopo la chemio, per fare solo questa iniezione.
In conclusione:
Le 12 settimane sono passate. Al netto di tutto devo dire che ho trascorso i tre mesi di chemio tra alti e bassi ma mai bassi da provocarmi vomito, dolori di stomaco o altro del genere. Vi dico esattamente cosa ho avuto:
Effetti collaterali:
Stanchezza: fin da subito è arrivata la stanchezza che poi si è mantenuta su livelli sopportabili fino alla nona seduta chemioterapica. Dalla decima all’ultima sono stato peggio: stanco, alle volte stanchissimo. Mi ricordo che una domenica sono dovuto andare a letto di pomeriggio perché non avevo fiato per fare nulla. La stanchezza è proseguita anche per tutte le due settimane dopo l’ultima chemio.
I capelli: non li ho persi; si sono solo fermati nella crescita. Me li ero rasati prima di iniziare la prima chemio. Non volevo farmi “prendere alla sprovvista” e soprattutto “non volevo che il gioco” fosse condotto dalla chimica. Ho preferito “far piazza pulita”. Durante i mesi di trattamento si è fermato tutto, fatta eccezione per la crescita della barba che ha continuato ad essere presente sul mio viso, se pur con minor vigore e rapidità. Ho risparmiato un po’ sui rasoi.
Acne: sono tornato adolescente. Verso la metà del trattamento ho cominciato a manifestare acne sul volto, soprattutto sulla fronte e sul torace. Mi sono riempito ma il tutto ha cominciato a regredire poco dopo l’ultima chemio per poi scomparire del tutto dopo un paio di settimane.
Appetito: non è cambiato assolutamente nulla. Mi era stato detto che probabilmente mi sarebbero cambiati i gusti; che alcuni alimenti che ero abituato a consumare mi avrebbero disgustato. Nulla di tutto questo. Mangiavo prima, mangiavo durante, mangiavo…
Unghie: Talvolta possono scurirsi o in alcuni casi possono anche sollevarsi dalla falange. Nel mio caso si sono appena scurite nella parte terminale, verso l’estremità della falange. Un effetto cromatico che è durato parecchie settimane e che è comparso dopo l’ultima chemio… probabilmente l’undicesima e la dodicesima chemio, per me, sono state “un po’ troppo”: alcuni effetti si sono manifestati proprio al termine dei trattamenti. Comunque, anche questa “manifestazione soprannaturale” è un lontano ricordo.
Oggi:
Subito dopo aver terminato l’ultima chemioterapia ho riportato all’ospedale i farmaci, intonsi, di cui sopra. E’ stata una liberazione!
Sto continuando il trattamento ogni tre settimane con Trastuzumab e da circa una quarantina di giorni ho iniziato la terapia ormonale col Tamoxifene. Terapia che mi accompagnerà per tutto un lustro e per la quale, per adesso, non posso esprimermi in termini di sensazioni/effetti se non per un po’ di pesantezza alle gambe che avverto soprattutto da metà giornata in poi. Occorre inserire “nella terapia” anche la camminata, almeno una buona mezz’ora al giorno. Purtroppo non sempre riesco a farla ma ci sto lavorando per migliorare il mio impegno in tal senso. Dopotutto, chemio o non chemio, dovremmo camminare tutti almeno una mezz’ora al giorno.
Controlli:
In tutto questo percorso sei sempre seguito/a dal tuo medico oncologo. Durante la chemio lo incontri ogni tre settimane e poi ogni 6. Continui a fare analisi del sangue a partire da quelli di routine che vengono effettuati il giorno prima della chemioterapia il cui esito stabilisce o meno l’autorizzazione ad effettuare la chemio il giorno successivo. Fai altri controlli come l’ecocolordoppler che permette di monitorare lo stato di salute del cuore. Il Trastuzumab può agire sul muscolo cardiaco ed è bene avere sempre la situazione sotto controllo.
Conosco tante persone sottoposte a chemioterapia. Ognuno ha la propria storia; ognuno ha il proprio fisico e una mente che reagisce in modo esclusivo. Anche tu supererai questo momento, troverai le forze per farlo, volente o nolente. L’importante è, come ti ho scritto all’inizio di questo post, NON abbattersi, stamparsi in volto un bello “smile” e andare avanti. Se poi avrai i tuoi momenti “down”, prendili come tali, sono momenti e passeranno anche quelli.
Ho avuto il piacere e l’onore di visitare il villaggio allestito in occasione della IBCP Dragon Boat Festival 2018che si è tenuta a Firenze nei giorni 6-7-8 luglio. Ho conosciuto tante persone e ho visto migliaia di donne operate di cancro al seno. Donne affiatate, solidali, coinvolte in un progetto sociale e sportivo che le unisce a livello mondiale. Ben 120 squadre in gara provenienti da 18 nazioni per un totale di circa 4000 partecipanti. Tutte donne che hanno vissuto l’esperienza del cancro al seno. La maggior parte di queste sono state sottoposte a chemioterapia e oggi pagaiano, in squadre da 20 persone ciascuna.
Col mio amico Paolo di Roma, accompagnati da mia sorella e dalla mia inseparabile moglie, abbiamo girato in lungo e largo il villaggio, potendo stringere la mano a tante donne. Tra queste abbiamo scovato anche tre uomini che oltre a me e Paolo erano stati operati di cancro al seno.
Questa è la foto che ritrae i “magnifici 5”; quello a bocca aperta sono io 🙂 Da sinistra: Frank dalla Germania, io da Prato, Paolo da Roma, Mark dall’Irlanda e André dal Canada.
Voglio salutare questi compagni di avventura e, a voi che state per intraprendere un importante e lungo percorso, auguro tutto il bene possibile.
Cercate di parlare con la gente per invitare tutti a FARE PREVENZIONE, ANCHE GLI UOMINI PER IL CANCRO AL SENO. Tra questi 5 che vedete in foto io sono il più fortunato, quello al quale il cancro al seno è stato diagnosticato in fase più precoce, grazie a mia moglie. Questo ha voluto dire: intervento chirurgico meno invasivo e trattamenti più mirati.
Il mio messaggio si riassume in questa immagine che accompagna la mia campagna di sensibilizzazione sul cancro al seno maschile: