Ho visto… bere il latte da un dolce industriale, grazie ad uno spot in cui “cuore” fa rima con “amore”.
Questa è la pubblicità dove… “da bambino le mamme davano ai propri figli pane e cioccolata, una merenda semplice e sana…”
Oggi, evidentemente, quella merenda non è più tale o non va “di moda”, preferendo offrire ai propri figli le merendine confezionate sulle quali la cioccolata è già spalmata o il latte è già “versato”.
C’erano una volta “pane e cioccolata” accompagnati da un buon “bicchiere di latte”.
Dedicato a chi ama le cose “semplici e sane” dove da sempre il “cuore” fa rima con “amore.
E’ quanto si legge su numerosi prodotti in commercio. Peccato però che i messaggi pubblicitari che li promuovono siano sempre più indirizzati, se pur in modo “indiretto”, al pubblico dei più piccini.
Se certi prodotti sono da ritenersi potenzialmente pericolosi o comunque non indicati per i bambini, per quale motivo le campagne pubblicitarie che promuovono “gel” e “liquidi” per igienizzare il water, integratori alimentari per adulti e, soprattutto, alcuni farmaci, vengono promossi attraverso spot caratterizzati da personaggi animati, affini all’universo iconografico dei bambini?
Trovo questa scelta molto forviante e, se non volessi pensare male, anche non del tutto casuale.
Negli spot televisivi si è radicata la tendenza a sviluppare una comunicazione visiva, pensata per un target di adulti, incline a suscitare nei più piccoli una “familiarità” con certi prodotti. Che l’idea sia di formare i nuovi consumatori del futuro? A questa domanda ognuno potrà rispondere come meglio crede e per aiutarvi in questo processo di analisi vi offro degli strumenti su cui riflettere. A seguire vi segnalo alcuni spot televisivi (italiani e stranieri) riferiti ai prodotti di cui sopra che utilizzano riferimenti visivi presi in prestito dal mondo dei bambini.
Resto dell’idea che tra divertente, comico, simpatico o “pericolosamente attrattivo per i bambini” ci possano essere delle notevoli differenze per cui poter avere un ampio spazio di manovra per rendere meno “seri” certi messaggi, se questo è il reale obiettivo dei creativi. Non è necessario per forza scavalcare la sottile linea che separa il mondo dei grandi da quello dei bambini per promuovere dei prodotti che non sono idonei ai più piccoli.
Ovviamente… tutti i marchi appartengono ai legittimi proprietari.
Farmaco anti-dolorifico
Spot farmaco
Farmaco contro i bruciori di stomaco
Farmaco contro i bruciori di stomaco
Integratore alimentare (per adulti)
Integratore alimentare per adulti
Prodotto per l’igiene del WC. Notare anche la nota in sovraimpressione che avverte “Il prodotto, una volta posizionato, potrebbe risultare attrattivo per i bambini”
Prodotto per l’igiene del WC, spot in lingua francese
Prodotto per il trattamento delle micosi delle unghie. Al termine dello spot è specificato in piccolo, tra l’altro, “è un medicinale di automedicazione indicato per adulti”
Nell’advertising si tende spesso a far uso di VIP per promuovere un prodotto o un servizio. E’ una pratica assai diffusa e talvolta anche ben sfruttata se il testimonial recita un ruolo plausibile o se stesso.
In tal caso il consumatore apprezza lo spot pubblicitario e identificando quel tipo di prodotto come prestigioso, importante e di qualità.
Ciò che mi incuriosisce però è quando un attore interpreta un ruolo nel quale si “prende troppo sul serio”. Diciamo che in questo caso “la colpa” non è da attribuire sempre all’attore che cerca di fare al meglio il suo mestiere. Il problema è spesso da individuare negli strumenti prodotti dai creativi che talvolta tendono ad affibbiare al personaggio un ruolo che non è credibile in alcun modo.
Facciamo prima alcuni esempi in positivo.
Pur essendo tutto molto assurdo e ironico, gli spot televisivi della nota marca di caffè con Enrico Brignano, o quelli interpretati dei suoi due predecessori Bonolis e Laurenti, sono carini e divertenti. Si comprende benissimo che tutto è volutamente spinto all’eccesso e che è l’ironia l’ingrediente fondamentale che amalgama ruoli e situazioni. In questo caso gli attori sono proiettati in una situazione talmente inverosimile che tutto viene percepito come un gioco divertente.
O nel settore della telefonia, in tema di belli, troviamo la nostra bellissima Bianca Balti che ironizza sulla sua bellezza interpretando una lunga serie di ruoli insieme ai meno avvenenti ma simpaticissimi Neri Marcorè e Marco Marzocca.
Altro esempio positivo è quando un attore interpreta se stesso, come nel caso di George Clooney che presta la sua immagine per uno spot di un’altra nota marca di caffè. In questo caso c’è sempre l’ironia ma l’attore americano si autocelebra. Viene riconosciuto dalla spalla che lo chiama per nome e si comporta dal Clooney che tutti noi ci immaginiamo che lui sia. Anche se la situazione è chiaramente costruita diventa tutto plausibile e piacevole.
Ecco che arriviamo al dunque…
Antonio Banderas che fa il mugnaio non è credibile!
Com’è possibile credere che Banderas possa essere un mugnaio e anche un fornaio alle prese con biscotti e pane? Ma scherziamo? Lui è Zorro!
La questione non è se Antonio Banderas interpreta bene o male questo ruolo. Il problema è che il brand per cui presta la sua immagine, e i creativi che hanno avuto questa brillantissima idea, abbiano voluto farci credere che “lui” è il proprietario di un mulino, che “lui” faccia i biscotti e, come se non bastasse, che il suo unico pensiero quotidiano, quasi biblico, sia quello di “non far restare mai la gente senza il pane in tavola”.
Ma non basta. In uno spot che promuove i biscotti, tra i tanti pubblicizzati dal noto brand con l’attore, si cerca di far passare il messaggio che Banderas sia stato a giro per il mondo “tanti, tanti anni”, che poi gli è mancata la “sua campagna” e che a seguito di tutto questo ha avuto un’idea. Di che ideona parliamo? Ma di quale se non pensare di tirar fuori le sue “Campagnole con tutta la campagna dentro”??!!
A parer mio è una comunicazione sbagliata. Tende a mantenere la situazione in due staffe ottenendo un risultato ibrido che non qualifica il messaggio, anzi, rischia di comprometterlo creando un Banderas ridicolo che per “osmosi” fa perdere forza al prodotto che pubblicizza. Non basta aggiungere una gallina “animatronica” per rendere tutto più ironico o per riuscire a mitigare il senso di disagio che si prova nel sentire “Il tredicesimo guerriero” dire che ha fatto i biscotti.
Se Banderas deve essere un mugnaio deve fare il mugnaio in tutto e per tutto, a cominciare dagli abiti “urban style” che passano solo per vintage e non per quelli di un uomo alle prese col lavoro della campagna, del mulino e del forno. Non può parlare in prima persona e dire che è tutto merito suo. O creativi… Qualche film di Banderas lo abbiamo visto tutti e nessuno ci aveva mai detto che in realtà le sue erano braccia rubate all’agricoltura.
Vi siete scordati di toglierlo dal ruolo di “bellone”. Non basta sporcargli un po’ le mani con la farina per trasformarlo in uno stimato pasticcere o in un provetto fornaio. Non può essere Banderas e mugnaio allo stesso tempo. E’ un attore che interpreta un ruolo? Allora fammelo diventare credibile. Un esempio semplicissimo? Altrimenti rischio di passare per chi sta all’opposizione in politica che critica e non propone. Fai che il bambino dello spot lo chiami “Giovanni”. Sai bene che si chiama Antonio allora a quel punto puoi immaginarti una situazione diversa, dove il mugnaio bellone si chiama Giovanni e che non ha nulla a che fare col suo amico Antonio che fa i film. Per lo meno è un inizio.
Le mamme e casalinghe italiane non sono così disperate da non riuscire a capire come stanno le cose. O estremizzi l’ironia dello spot, togliendo a Banderas il ruolo di se stesso, o estremizzi l’aspetto fashion/figo dell’attore, immergendolo in un contesto completamente diverso. Entrambe le cose non stanno insieme, forse in camera da letto ma anche lì non sempre.