Vaccinazione anti-Covid 19. Quello spot suadente che mi ricorda qualcosa

Come fare a convincere le persone a vaccinarsi contro il Coronavirus?

Il fatto che si debba “convincere” qualcuno a fare qualcosa dovrebbe far riflettere. Ma a prescindere dal fatto che, in questo caso, parlando di vaccino anti-Covid19, vi sia una profonda motivazione nel voler fare del bene alla popolazione (…), ribadisco la domanda di apertura di questo post: “Come fare a convincere le persone a vaccinarsi contro il Coronavirus?”

Con dibattiti televisivi tenuti da autorevoli giornalisti durante i quali intervistano esperti del settore, autorizzati dal Governo e dal Ministero della Salute, per dare spiegazioni puntuali in merito alla sicurezza e all’efficacia di questi farmaci?

Con la distribuzione di materiale informativo ai cittadini attraverso il quale mettere a conoscenza la popolazione sulla ricerca che è stata svolta, sull’efficacia, sulla sicurezza e sull’innovazione tecnologica che si cela alla base di questi nuovi ritrovati della scienza, oltretutto basati su una metodica mai adottata prima d’ora per realizzare un vaccino?

Oppure grazie ad una serie di spot dove il messaggio del controllo, della garanzia e della sicurezza di questi vaccini passa attraverso le parole di medici e di scienziati che oltre alla loro competenza ed autorevolezza mettono la loro faccia, cercando di infondere fiducia e serenità verso qualcosa che al momento pare tutto meno che realizzato secondo protocolli e tempistiche riconducibili alla produzione di un vaccino?

No, si è scelto di veicolare un messaggio tramite il lavoro di un noto architetto, Stefano Boeri, che ha realizzato una struttura modulare, un presidio medico da campo in versione fashion, sulla cui copertura risalta il disegno di una primula stilizzata. Struttura che verrà realizzata in centinaia di copie e allestita nelle maggiori piazze italiane o presso i presidi ospedalieri, ove al suo interno verrà effettuata la vaccinazione contro il Coronavirus; una sorta di suadenti salotti adibiti alla vaccinazione di massa.

Immagine tratta dallo spot “l’Italia rinasce con un fiore, vaccinazione anti-Covid 19”
Logo GURU – http://www.guru.it

Un progetto che di per sé potrebbe essere interessante, architettonicamente parlando, anche se noto un design che strizza l’occhio a brand “modaioli”, volutamente, come potrebbe essere GURU che nel 1999 adottò come logo una grossa margherita.

Trovo molto discutibile l’approccio che il Governo ha ritenuto utile adottare per convincere la popolazione a vaccinarsi.

Con “L’Italia rinasce con un fiore, vaccinazione anti-Covid19” si tenta di far passare l’idea del vaccino (ricordo che è un farmaco) come quella di un prodotto di marca, di largo consumo, che fonda le sue radici su messaggi come “rinascita”, “primavera”, “il momento è arrivato”, “abbandonare l’incertezza”, “schiudere i nostri colori alla luce del sole”. Nulla che faccia riferimento ai punti che ho riportato all’inizio di questo post e che ci aspetteremmo di sentire qualora il vero intento fosse informare seriamente la popolazione in merito all’efficacia e alla sicurezza del vaccino anti-Covid19.

Quello che invece ci viene proposto è un messaggio che si basa prevalentemente su una comunicazione fatta di fiori e di primavera, di design e di “grandi packaging” che confezionano l’idea di buono e di bello ma di cui, almeno fino ad ora, non ci è dato sapere se funzionerà contro il Covid 19 (tralasciando per adesso l’argomento: possibili effetti collaterali?) basando tutto su un programma vaccinale che pare volere inoculare, almeno vedendo questo spot, una miracolosa essenza di petali di primule, come fosse un elisir di lunga vita.

Ecco lo spot:

Detto ciò, a me tutto questo evoca scenari che la fantascienza ci ha già regalato. Vi ricordate di “Umbrella Corp.” e del “Regenerate Cream”?

Tratto dal film Resident Evil: Apocalypse, del 2004 di Alexander Witt – Constantin Film, Impact Pictures

 

 

 

 

 

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Cancro al seno maschile. Una carezza può salvarti.

Se ne parliamo impariamo a conoscerlo. Se lo conosciamo lo possiamo prevenire. Se lo ignoriamo può sopraffarci.

In questo post parlo di cancro al seno.

Ho deciso di iniziare citando una frase tratta dal film Spider-man del 2002 di Sam Raimi.: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”.

I poteri a cui si riferisce lo zio Ben non afferiscono a quelli acquisiti da Peter Parker dopo essere stato morso da un ragno ma a quelli che tutti noi abbiamo. Parlava più in generale dei poteri che spesso ci dimentichiamo di avere. La vita stessa è già di per sé un grande potere al cui interno sono contenuti altri poteri che maturano nel corso della nostra esistenza.

In questi giorni pensavo a ciò che mi è capitato e a quello che ho scritto in merito al cancro al seno, all’intervento a cui sono stato sottoposto, alla chemio, a tutto quello che è accaduto nell’arco di pochi mesi. Pensavo a ciò che si è innescato in me ma anche a quello che di riflesso è avvenuto nelle persone che hanno condiviso con me questa esperienza. E’ stato, ed è tutt’ora, un evento che ha avuto la forza di generare “cose”.

Ho ritrovato tanti amici che mi hanno manifestando il loro affetto. Mi hanno scritto persone che non conoscevo, ringraziandomi per ciò che ho scritto e mostrato attraverso il post: La mia storia parla di cancro al seno maschile. Ho compreso che stavo generando qualcosa di importante, scaturito da “grandi poteri”:

  • la conoscenza o consapevolezza di un male che mi ha toccato, che mi ha colpito personalmente e dal quale ho tratto un’esperienza e…
  • la necessità di raccontare o di comunicare questa esperienza attraverso il mio blog.

La comunicazione è uno dei poteri più grandi che l’uomo possiede.

Ci viene facile raccontare la nostra esperienza dopo aver visto un film, essere stati in un ristorante, aver fatto una vacanza, etc. Ci entusiasmiamo nel raccontare ciò che ci è capitato, anche se non è stato il massimo. Anzi, se l’esperienza è stata negativa facciamo del nostro meglio, o del nostro peggio, per dissuadere il nostro interlocutore dal fare la nostra stessa scelta: “pessimo ristorante”, oppure “un film così brutto non lo avevo mai visto, non andare a vederlo”…

Il male è brutto, certo, ma è anche un’esperienza importante che se metabolizzata e condivisa può essere motivo di accrescimento umano e culturale. Offre la possibilità di conoscere qualcosa che può essere evitato o curato, può dare conforto a chi vive già un’esperienza simile, può sensibilizzare l’opinione pubblica su un argomento di cui si parla poco, come in questo caso, può mitigare paure e far crollare dei tabù. Quindi, perché non condividerla?

Ecco il perché ho deciso di parlare del cancro al seno.

Avere “grandi poteri, implica grandi responsabilità” e come uomo ho deciso di mettere la mia esperienza, “i miei poteri”, a disposizione degli altri. Credo che sia giusto far sapere che “il cancro al seno non è solo roba da femmine” ma è un problema che può manifestarsi anche nell’uomo, anche se con minor frequenza rispetto alle donne.

Desidero fortemente che si faccia informazione su questo argomento; che se ne parli attraverso ogni mezzo. Mi piacerebbe che questa “campagna sul cancro al seno” potesse diventare motivo di coesione e condivisione di un problema che evidentemente non fa distinzione dei sessi (se non per differenza di percentuali). Sarebbe molto più bello non doverne parlare affatto ma poiché esiste ritengo sia corretto e sensato cominciare a parlarne in modo trasversale.

Vorrei parlare di prevenzione iniziando proprio da quelle meravigliose, forti e allo stesso tempo sensibili donne che di frequente sono costrette a fare i conti con questo problema. Da quelle donne che fin dall’età dello sviluppo imparano ad effettuare l’autopalpazione, spesso attraverso l’insegnamento ricevuto dalle mamme o dalle nonne. Mi rivolgo a voi donne che avete acquisito consapevolezza, alimentata da una comunicazione sul tema sempre più diffusa e attraverso programmi di prevenzione specifici promossi dal Sistema Sanitario Nazionale. Prendete la mano dei vostri uomini e insegnategli ad effettuare l’autopalpazione oppure adoperatevi, come ha fatto la mia meravigliosa moglie, nell’accarezzare i pettorali del vostro partner, anche con l’intento di fare prevenzione.

Le carezze sono una cosa meravigliosa, sono uno dei gesti più semplici ma anche tra i più belli che possiamo scambiarci per manifestare il nostro affetto. Spesso accarezziamo di più un cane o un gatto rispetto ad un marito o ad una moglie. “Va bene tutto” ma, forse, donare qualche carezza in più al proprio partner, fatta con consapevolezza, con attenzione, col voler trasmettere amore attraverso un gesto, volto anche alla prevenzione, credo sia FONDAMENTALE e NECESSARIO!

Stessa cosa per chi è single. Il gesto dell’autopalpazione è di per sé una carezza che esprime amore per se stessi e quindi anche per le persone care che ci circondano. Se ci vogliamo bene, vogliamo bene anche agli altri.

Quanto è diffuso il cancro al seno maschile?

I dati che ho trovato in rete non sono molto aggiornati. Il dato più recente e ufficiale che sono riuscito a reperire si riferisce ai casi di decesso per cancro al seno nella popolazione maschile registrati nel 2014 . Il documento è redatto da AIOM Associazione Italiana di Oncologia Medica e da AIRTUM Associazione Italiana Registro Tumori, edito da Il pensiero Scientifico Editore. Nel volume I NUMERI DEL CANCRO IN ITALIA 2017, a pagina 25, è riportata la “TABELLA 8. Numero di decessi per causa e per sesso osservati in Italia durante l’anno 2014. ISTAT 2014.”. Il dato fa riflettere, in generale, perché si parla cause di mortalità legate al cancro e, solo per cancro al seno, riferite a 129 uomini e 12.201 donne.

Non si tratta di fare una gara sui numeri, non ci sono premi, si parla di vite.

Non guardiamo solo il numero riportato in tabella ma riflettiamo sul fatto che dietro ad ogni singola unità corrisponde la morte di una persona. La mia riflessione non vuole distogliere l’attenzione sul problema del cancro al seno femminile o delle malattie neoplastiche più in generale ma ritengo si debba parlare di più del cancro al seno e del fatto che è una malattia che può manifestarsi anche nell’uomo; tutto qui. Non mi pare trascurabile il fatto che 129 uomini siano morti nel 2014 di cancro al seno. Perchè? Conoscevano questo problema? Lo hanno saputo troppo tardi? Credo nel siano tutte domande legittime e comunque resta il fatto che, come me, tanti altri uomini non sono a conoscenza di questo fatto.

Quali sono i fattori di rischio?

Senza salire in cattedra o pretendere di indossare immeritatamente il camice bianco, riporto alcune informazioni dalla rete e quelle ottenute attraverso la mia breve ma significativa esperienza che mi ha visto confrontare con medici ed esperti del settore. Sintetizzo dei concetti per darvi modo di avere dei punti di partenza da approfondire col vostro medico:

  • età: dopo i 60 anni aumenta il rischio, anche se l’età sembra abbassarsi (io sono un sempio)
  • peso: sovrappeso e obesità aumentano il rischio
  • fumo e alcool (si parla di abuso di entrambe le assunzioni) sono indubbiamente fattori di rischio
  • ereditarietà: fattore genetico. Nei casi di cancro al seno maschile una gran parte di questi è di origine genetica. Sono da ricercare le mutazioni nei geni BRCA2 e BRCA1. Quindi se avete avuto nonne o mamme a cui è stato diagnosticato un tumore al seno, soprattutto in giovane età, può essere consigliabile e utile effettuare un test genetico. Basta un prelievo del sangue e tanta pazienza per attendere l’esito dell’esame.
  • fattori ambientali: non mi soffermo su questi. Ci vorrebbe un post a parte. Interessano tutte le malattie oncologiche, non solo il cancro al seno.
  • trattamenti medici: radioterapia

A tal proposito riporto un link al sito dell’AIRC Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, in cui si parla del cancro al seno nell’uomo.

Cosa cercare per prevenire

Sicuramente l’autopalpazione, a prescindere, è il metodo più semplice e immediato per monitorare il proprio pettorale, e non solo, per rilevare eventuali anomalie. Qui voglio esortare gli uomini a non fare “come facciamo di solito”… Non soprassediamo, non freghiamoci di eventuali evidenze che a nostro dire riteniamo del tutto trascurabili. Lasciate che sia un medico a valutare se lo sono o meno.

Dall’autopalpazione si passa ad una semplice ecografia, da effettuare come controllo di routine ma a maggior ragione se attraverso la palpazione del pettorale emergono noduli o zone più dense, in particolar modo se presenti nell’area intorno al capezzolo. A questo punto il medico indicherà il percorso più opportuno da seguire. Nel mio caso, dall’ecografia sono passato all’ago aspirato per prelevare materiale biologico da esaminare. Questo perché è evidente che c’era già qualcosa da prelevare.

Altro segnale di possibile rischio è la ginecomastia (seno pronunciato, assimilabile, per forma a quello delle donne). Di solito è frequente vederlo negli uomini anziani per via dell’aumento del peso e del processo di aromatasi che si manifesta col passare degli anni. Riscontrarlo in età giovanile può essere un indicatore di rischio da tenere sotto controllo anche se la ginecomastia è associabile a manifestazioni neoplastiche benigne. Comunque, vale la pena farsi controllare.

A questo, come parlano le immagini e per promuovere la prevenzione ho deciso nuovamente di espormi in prima persona; questa volta insieme alla mia stupenda moglie Antonella. Ringrazio Francesco Bolognini, Studio Fotografico Bolognini di Prato, per aver cristallizzato in uno scatto questo momento che riassume ciò che è accaduto ad agosto 2017 quando Antonella, con la sua carezza, scoprì il nodulo che poi si è rivelato essere un carcinoma duttale infiltrante alla mammella. Con questa immagine desidero promuovere la palpazione o all’autopalpazione a scopo preventivo:

Permettetemi di ringraziare la redazione de IL TIRRENO e in particolar modo la giornalista Maria Lardara che si è occupata del mio caso, con estrema delicatezza e professionalità, rilanciando la mia testimonianza a beneficio dei lettori del noto quotidiano.

Grazie anche a te che mi hai letto fin qui.

W la vita!

DAMMI UN VACCINO e VAI A VOTARE, più o meno è la stessa cosa…

Comunicare… Raramente ci soffermiamo ad ascoltare, a dare il giusto peso alle parole e alle immagini che ci pervadono la mente attraverso i nostri sensi. Sono troppe e arrivano con un flusso continuo!

Comunichiamo tutti, a più livelli, adottiamo metodi diversi per farlo, linguaggi verbali e non verbali, immagini, suoni, parole, tecniche di persuasione, “leve psicologiche”… ci sono svariati modi per comunicare ma soprattutto una moltitudine di canali attraverso i quali poter veicolare un messaggio.

La comunicazione si evolve, condiziona ed è a sua volta condizionata dagli stili, dalle mode e dall’ambito sociale in cui viviamo.

Internet, televisione, radio, cinema, stampa, smartphone, installazioni pubblicitarie, cartelli, insegne, circondano e condizionano la nostra esistenza imponendoci ritmi sempre più frenetici che richiedono elevate capacità di saper filtrare le informazioni, sempre più affinate e precise ma sempre di più e provenienti da svariati canali.

Siamo bombardati dalla comunicazione, rimbalza ovunque…

L’effetto farfalla riassume in una metafora il principio di causa ed effetto, il legame che c’è, e le conseguenze che ne derivano, tra cosa facciamo e cosa può accadere compiendo una determinata azione. Nel caso della farfalla viene descritto il battito dell’insetto come elemento innescante di un possibile uragano dall’altra parte del mondo.

La comunicazione ha lo stesso potere; basti guardare l’effetto che ha nei confronti dell’andamento dei titoli in borsa. Se un’agenzia batte la notizia che un certo ministro o un tecnico esperto in economia ha parlato di crescita zero del proprio paese, nel giro di poche ore si potrà assistere al tracollo in borsa di certi titoli o all’accaparramento di certi altri. Solo grazie, o per colpa, di una notizia diffusa. Potremmo fare decine di esempi su questo argomento.

Oggi assisto da spettatore a due campagne istituzionali, entrambe volte ad informare il cittadino, presumibilmente in modo trasversale, preciso con l’intento di offrire delle informazioni utili a formulare un proprio pensiero, prendere delle decisioni e agire in un certo modo.

Dovrebbero entrambe essere un fulgido esempio di come deve essere fatta la comunicazione, soprattutto verso il cittadino.

Ciò che noto in entrambe è un comune denominatore, caratterizzante dei nostri tempi ma fuorviante se pensiamo alle possibili conseguenze che possono derivare da scelte “sbagliate” indotte da un’eccessiva semplificazione o banalizzazione di certi argomenti.

Si può decidere di comunicare in modo semplice ma questo non deve estremizzare il concetto di facile, buono e utile a tutti i costi.

Lo posso accettare se parliamo di beni di largo consumo ma se ci rivolgiamo ai cittadini per parlare di vaccinazioni o di referendum costituzionale e per entrambi chiedi che siano prese delle decisioni importanti, non puoi mortificare il messaggio e soprattutto non può essere di parte.

DAMMI UN VACCINO

E’ la campagna istituzionale pro vaccini, promossa dalla Regione Toscana in collaborazione con l’azienda ospedaliera universitaria del Meyer di Firenze.

Questa è l’immagine:

dammi-un-vaccino-la-campagna-della-regione

Dal sito Toscana Notizie, Agenzia di informazione della Giunta regionale toscana, leggo e riporto fedelmente:

“La campagna di comunicazione istituzionale, elaborata con un team di esperti e rivolta in particolare ai genitori, è finalizzata alla diffusione della corretta informazione sui vaccini, in linea con l’obiettivo specifico del programma “Prevenire le malattie infettive” previsto dal Piano Regionale di Prevenzione 2014-2018.”

Personalmente trovo che sia un messaggio estremamente semplicistico che tende a banalizzare quello che invece dovrebbe passare come un messaggio importante ed esaustivo. Non voglio entrare nel merito se sia giusto o sbagliato vaccinarsi, ma voglio cercare di COMUNICARVI il mio invito a riflettere su questa campagna.

Non parliamo di un gelato, di un ovetto di cioccolato o di un giocattolo ma di vaccinazioni e di tutto ciò che questa pratica implica, nel bene e nel “meno bene”.

Non si può e non si deve banalizzare o veicolare il messaggio “a senso unico”. Puoi invitare i genitori a rivolgersi al proprio medico (come effettivamente invita a fare la versione in video di questa campagna) per prendere informazioni in merito alle vaccinazioni; magari sarebbe anche opportuno specificare di quali stiamo parlando. Non puoi invitare le persone, nel caso specifico i genitori che dovrebbero convincersi a fare un vaccino ai propri figli, così, come se invitassi un amico a mangiare una pizza o a prendere un caffè.

Si fa presto a dire vaccino…

Nella versione in video di questa campagna certi concetti vengono espletati meglio ma passano attraverso una formula che si basa sulla “comunicazione del terrore” che li induce ad una scelta obbligata. In pratica: o fai il vaccino a tuo figlio o potrebbe incorrere in malattie pericolose che possono essere anche mortali o invalidanti.

Credo solo che ognuno debba fare una scelta consapevole e che le istituzioni siano obbligate a dare le informazioni in modo corretto, chiaro, trasversale e obiettivo. Se i vaccini fossero SICURI perché sottoposti a VERIFICHE PERMANENTI, come recita lo spot, credo che non ci sarebbe bisogno di star qui a parlare se fare o meno un vaccino. Penso anche che non ci sarebbe motivo di allegare alla confezione del vaccino un “bugiardino” grande come un plaid.

Ma poi, che si intende per sicuri? Si è sicuri che facendolo non si hanno contro indicazioni? Si è sicuri che dentro non vi siano eccipienti dannosi per la salute? Sicuri che “tocca farli”? Sono sicuri…

Mere riflessioni da “uomo della strada”…

Questa campagna è costata 205 mila euro di cui 130mila erogati dalla Regione Toscana e 75 mila dal Meyer. Lo stesso Meyer che riceve fondi e donazioni dai cittadini per aiutare i bambini che hanno bisogno di cure, medici e apparecchiature atte a migliorare la loro salute. Forse avrei speso quei soldi in modo più utile e concreto, senza nulla togliere al lavoro egregio che svolge quotidianamente il Meyer.

Altra questione, che nel modo di porsi direi che è simile a quella appena descritta.

REFERENDUM COSTITUZIONALE, LO SPOT RAI

Gli italiani vengono chiamati ad esprimere un parere, con un SI o con un NO, in merito alla riforma costituzionale attraverso un referendum che si terrà il 4 dicembre.

Di fatto potresti rispondere con un’affermazione o con una negazione a domande tipo: “Ti piace la pizza?” e già potresti rispondere: “Si ma solo la capricciosa” o “No se non è Vegan” o “Si tutte” o “No perchè mi gonfia”.

… e stiamo parlando solo di pizza.

Potresti rispondere con un SI o con un NO ad una domanda tipo: “Vuoi vedere la televisione?” e anche in questo caso potresti rispondere “SI ma non ora” o “No perché non mi piace” o anche solo SI o solo NO.

Fin qui, tanto danno non si fa.

Il Governo ci chiede di esprimerci attraverso un SI o un NO in merito alla modifica di oltre 40 articoli della Costituzione italiana. Oltretutto lo fa utilizzando anche la RAI e lo fa col suddetto metodo, quello della banalizzazione dei concetti fondamentali, l’estremizzazione della semplificazione “perchè, detto da esperti, più il messaggio è semplice e meglio arriva a tutti”.

Se mi dici: “Vuoi un vitalizio?” Cosa pensi che possa risponderti?

Ma se poi leggo “il contratto” nel quale mi scrivi: “in cambio ci devi dare tua moglie, i tuoi figli, il cane e” scritto più in grande “LA SUOCERA” e continui scrivendo “E NON PAGHERAI LE TASSE”. Poi continuando a leggere: “solo le tasse maturate dal 30 al 31 febbraio e per quanto riguarda la suocera solo se ha più di 99 anni”…

In tal caso, forse, qualche titubanza ad esprimere un mero SI potrei averla.

Battute a parte, analizziamo questa cosiddetta comunicazione istituzionale. Qui trovate il filmato

Intanto cosa vedo? Nell’immagine in cui vengono mostrati il SI e il NO noto subito che il SI è su campo bianco e il NO su campo nero. In chiave cromatica, interpretando il significato dei colori, si evince che:

  • BIANCO: E’ il simbolo della purezza, verginità, candore, spiritualità e divinità. E’ il colore degli angeli, dell’eternità e del Paradiso. Nel matrimonio le spose sono vestite di bianco così come bianco è il vestitino del battezzando.
  • NERO: E’ il colore del buio, del mistero. Spesso quando ci va tutto storto, diciamo che è una giornata nera. Se muore un parente ci si veste di nero perché tale colore è il simbolo della morte, almeno nei paesi occidentali.

si-no-referendum-costituzionale

Ripetuto per mesi, visto decine di volte, il messaggio si sedimenta e l’inconscio agisce di conseguenza. Sarebbe bastato riportare il SI e il NO solo e soltanto come compaiono sulla scheda del referendum, così:

si-no-referendum

Proseguiamo. Ascoltiamo le parole pronunciate dallo speaker che dice:

“Il quesito riguarda le disposizioni per:

  • superare del bicameralismo paritario
  • ridurre il numero dei parlamentari e i costi delle istituzioni
  • sopprimere il Cnel e
  • ridefinire le competenze dello stato e delle regioni

L’elettore traccerà un segno sulla scritta SI se vorrà approvare la riforma, traccerà un segno sulla scritta No se vorrà respingerla.”

Conclude dicendo:

“Il 4 dicembre vai a votare”.

Ci mancava che aggiungessero: “In regalo una batteria di pentole antiaderenti” e la telepromozione a favore del SI era completa.

So bene che uno spot di pochi secondi non può esprimere in toto un concetto articolato e importante come quello sul referendum costituzionale o sulla campagna pro vaccini ma con la stessa obiettività ritengo che non sia corretto utilizzare tali mezzi per fare mera propaganda. Invito solo alla riflessione, con serenità, informandosi attraverso più fonti, ad aprire occhi e orecchie, a ragionare con la propria testa evitando di subire passivamente ciò che ci viene, semplicemente e continuamente “somministrato”.

Approfondimenti:

 

“Quando lo spot arresta la natalità”

Chi lo ha detto che le pubblicità con i bambini sono tutte carine?

Diciamo che in linea generale la cosa può avere un fondamento di verità.

Ci sono spot dove i bambini rendono tutto più tenero, giocoso, simpatico, dolce, ecc… ma ce ne sono altri che sovvertono questa tendenza offrendoci una spiegazione logica del perché la natalità, almeno in Italia, pare che sia in calo.

Prendiamo due spot “a caso”: Lufthansa Nonstop you e Opel OnStar.

Andiamo in ordine e con calma partendo dallo spot della nota compagnia aerea tedesca.

Tre location: auto, aeroporto, aereo.

Protagonista: bambina scassapa… saputella, con doppiatrice toscana, precisazione che da toscano mi sento in dovere di fare vista la pronuncia della frase di apertura che si conclude con un bel “questione di fisica” che lascia intuire che l’abbia proferita una mia vicina di casa.

Prima scena: la bambina è in auto col padre o con lo zio o con un assistente sociale che ha l’incarico di portare “l’essere” in un altro paese per farlo adottare, visto che a casa sua non lo sopporta più nessuno. Lei è seduta, guarda dal finestrino e vede un aereo in cielo; lo spettatore lo può apprezzare attraverso l’immagine riflessa sul vetro dell’auto. La bimba, che altro non è che una scienziata del CERN sottoposta ad uno speciale raggio “anti age”, si gira verso l’adulto e gli rivolge questa frase: “La spinta è creata dalla propulsione, è questione di fisiaaa”; è qui che si sente la “c” aspirata.

Seconda scena: siamo all’aeroporto, zona d’attesa. “L’essere”, con sembianze da bambina, vede da una grande vetrata gli aerei in sosta in prossimità dei vari gates di imbarco. Ispirata da cotanta bellezza tecnologica si sente in dovere di andare a rompere le scatole ad una malcapitata che è a pochi passi da lei, tranquilla, seduta, intenta a leggersi una rivista. La piccola si avvicina alla signora e liscia, liscia, pare unta, perentoriamente le dice queste parole: “L’aerodinamica di un aereo è questione di fisica”. Ovviamente la tipa che la ascolta, suo malgrado, resta basita offrendo a beneficio della camera uno sguardo di stupore, misto a perplessità, condito con un “ma chi l’ha sciolta questa, aiuto, dove sono i genitori, vado via, scappo”.

Terza ed ultima scena: la giovane aliena è seduta al suo posto sull’aeromobile Lufthansa. E’ notte, luci soffuse. Lei copre il suo peluche con la copertina (quante cose potrebbe dire quel peluche e quante cose farebbe se solo potesse). Lei si avvicina al pupazzetto e infierisce contro di lui dicendogli sottovoce: “E quanti si sentono a proprio agio a bordo…”. La frase viene interrotta, per fortuna, dal provvidenziale intervento della hostess che intenzionata a confinare la bimba nel deposito bagagli riesce per un istante a reprimere il proprio istinto rivolgendosi alla piccina con soave proferir: “Questo è questione di chimica”, alludendo probabilmente a una qualche sostanza da impiegare per dare una “gasatina” alla fenomena.  La hostess sorride alla bambina offrendo alla camera un volto solare e incantevole ma che nel contempo esalta ancora di più “la minaccia fantasma” appena enunciata. La hostess si allontana, l’inquadratura passa sul volto della bambina, aliena, scienziata tappa… che ci regala l’ultimo secondo e mezzo del suo bel faccino sul quale è sparita qualunque traccia di saccenza per lasciare spazio ad un’espressione da punto interrogativo grosso quanto l’aereo.

O beccati questa!

Altro spot… sempre roba tedesca. Mah! Comincio ad insospettirmi della coincidenza.

Casa Opel. Non si parla di un’auto in particolare ma di un servizio che la nota casa automobilistica tedesca propone ai propri clienti.

Location principale: area carrabile antistante alcune villette a schiera in zona residenziale.

Un tizio esce di casa e sta per salire sulla propria auto. Un ragazzino, vicino di casa, nullafacente e scassagiuggiole è lì, a non fare niente in modo professionale. Come vede il vicino, senza un buongiorno o un buonasera, si complimenta con lui per l’acquisto della nuova auto. Dopo averlo fatto cascare nella trappola micidiale che stava tessendo da tempo, prosegue nel suo intento folle e cinico mutuato dalla propria nullafacenza cronica infierendo di brutto verso il suo sfortunato interlocutore rivolgendogli una raffica di domande:

  • Ce l’ha il WiFi?
  • Si può comandare con l’app?
  • E se fa un incidente, chiama aiuto da sola?

Dopo una serie di risposte al negativo ricevute dal suo sfortunato interlocutore, il ragazzino conclude con la mazzata finale; tipo Daitarn 3 nella scena finale di ogni episodio quando invocava: “Attacco solare, energia…”, ve lo ricordate? (Roba da ultra quarantenni come me, perdonate la divagazione).

Ecco che parte l’attacco…

  • Ma non poteva comprarsi una Opel?

Il vicino disgraziato a quel punto non pensa più alla sua auto, sulla quale pendono moltissime rate da pagare, ma pensa immediatamente a cambiare casa. Si abbrutisce, dipinge sul proprio volto un’immagine di uomo distrutto ed esce di scena. A quel punto entra in gioco il padre figo che non redarguisce il figlio, frutto delle proprie colpe e incoscienze di gioventù, ma con fare scanzonato e tutto sorridente se lo carica in auto e comincia a spippolare tutti i pulsanti della sua Opel per attivare e ostentare i dispositivi di cui è dotata, gli stessi appena citati dalla sua prole fatta di carne e antipatia.

Ora ditemi che le pubblicità con i bambini sono tutte carine e che improvvisamente vi è venuto in mente di mettere in cantiere un figlio 🙂

Crediti e link:

  • Spot Lufthansa da canale YouTube ManiaSpot
  • Info sulla campagna media Lufthansa “Sempre ospiti mai solo passeggeri” da YouMark!
  • Spot Opel OnStar da canale YouTube Opel Italia

Se non c’è risotto non c’è famiglia… e si STAR di nulla!

“Se non c’è dado Star non c’è risotto, se non c’è risotto non c’è famiglia”.

Aiuto! Siamo caduti così in basso?

Tra tutti i claim “studiati” per la pubblicità credo che questo rientri nella categoria dei più agghiaccianti.

Cosa si sono inventati i creativi dell’agenzia di comunicazione che ha ideato questo spot? A cosa pensavano in quel momento. Presi dal giochino lessicale si sono persi il significato reale delle parole e del linguaggio?

Passi la prima parte: “Se non c’è dado Star non c’è risotto”. Presuntuosa quanto volete ma ci può stare. In fin dei conti lo spot deve promuovere qualcosa che agli occhi del consumatore deve essere percepito come “di qualità” o “esclusivo”, “eccellente”, ecc… Ripeto, ci può stare ma… la seconda parte: “se non c’è risotto non c’è famiglia”….

Mi meraviglio che in un Paese cattolico e vaticanista come l’Italia non sia insorta la Santa Sede contro questo messaggio.

Ma come si fa a ridurre il concetto di famiglia o peggio, di NON FAMIGLIA, ad una mera scelta alimentare; se si utilizza o meno del risotto che, nello specifico, viene preparato con il dado Star.

Se ne deduce che chi, con i propri cari, non usa il dado in questione non può vantare una condizione di fatto, lasciando perdere sentimenti ed altro, che è la famiglia. Ergo, se mangio un piatto di pasta con moglie e figli praticamente lo sto mangiando con degli emeriti sconosciuti.

Se mi mangio il suddetto risotto da solo? Il concetto di famiglia si palesa ugualmente perché è in uso la combinazione vincente risotto+dado? Quindi, anche da solo c’è famiglia? Che tristezza…

E allora, visto che nell’esempio fatto sopra non ho voluto mettere i sentimenti, concludo questo post introducendo un concetto, forse nuovo per chi studia certi messaggi:

Dove c’è amore c’è armonia, dove c’è armonia c’è famiglia…

…con o senza risotto o dado STAR.

 

Allora Luca, qual è la sorpresa…

Ho visto… i numerosi spot Findus…

Lo so, è come sparare sulla Croce Rossa. Ho provato a resistere. Mi sono detto: “Stefano, non farlo, vai avanti”. Il problema è che continuano a massacrarmi i cabasisi (cit. da Commissario Montalbano) con gli spot Findus e in particolare con quello di Luca…

E sì… Luca, quel Luca che invita la mamma a pranzo/cena per presentargli Gianni, che per l’appunto non è solo il suo co-inquilino ma anche il suo compagno.

E come in ogni casa normale, anche in quella della mamma Findus, “lei” lo sapeva già che suo figlio è gay e “lei”, sempre “lei”, ne è anche felice. Perchè si sa, le mamme sono sempre felici quando ricevono una secchiata d’acqua gelida sul viso dai propri figli. Poi, il fatto che non ci sia anche il padre di Luca a pranzo/cena questo fa un po’ riflettere ma… soprassediamo sugli incastri familiari gestiti tra piramidi e microonde. Non mi interessa l’orientamento sessuale di Luca, non è questo il punto. Trovo eccessivo, ridicolo, anche offensivo per certi versi, mercificare e portare tutto alla stregua di un surgelato, pur di vendere una piramide di tagliolini da cuocere col microonde.

In uno spot da 30″ non si può parlare di surgelati, di qualità, di gusto e metterci nel mezzo anche una coppia gay e la mamma felice per la scelta di coppia che ha fatto suo figlio Luca; il tutto condito dalla voce fuori campo “Findus 4 salti presenta – Microonde e gustose sorprese, giocando sul doppio senso delle sorprese.

30″ per sdoganare in tv l’omosessualità e renderla un veicolo per traghettare nelle case degli italiani un prodotto commerciale, alimentare. Bella trovata!

“Mamma… c’è un’altra piccola sopresa”, dice Luca. La mamma risponde: “C’è anche il risotto”, cercando di deviare il discorso “gaio” riportandolo su un livello più commerciale. Dopotutto ‘sta donna dovrà pur parlare in questo spot di risotto, zucchine e gamberetti, no?

“Gianni non è solo il mio co-inquilino, è anche il mio compagno”, replica prontamente Luca.

E “lei”… la mamma… picchietta la mano di Luca gongolando, fiera e gioconda per la lieta notizia, dicendogli: “Tesoro mio lo avevo capito… ed è un ottimo cuoco”, prendendo per i fondelli il figlio e soprattutto Gianni che ha tirato fuori dal freezer una piramide surgelata schiantandola nel microonde per servire un pasto già pronto. Per carità… sicuramente buonissimo ma, asserire che Gianni è un “ottimo cuoco”… Mah!

findus

Non lo so… certe cose ho difficoltà a farle passare come “normali” a prescindere.

Ho qualcosa contro i gay?

No, assolutamente no ma non mi va di far passare un argomento come questo come una cosa da due soldi che si può buttare là nelle case degli italiani attraverso uno spot da 30″, incastrato tra quello di un dentifricio, uno di stura cessi e altri due o tre che promuovono portali web per trovare le proprie vacanze.

Fare comunicazione non è facile e trovare nuove strategie per vendere lo è ancora di meno, lo so, soprattutto in tempi di crisi e in un momento in cui, nonostante tutto, siamo circondati dall’eccesso di comunicazione e di prodotti. Credo però che per promuovere un surgelato non occorra scomodare mamme figli e gay…

Chiudo con una riflessione più tecnica.

Lo storytelling è una scelta strategica interessante ma in questo caso propone allo spettatore troppi elementi, diventa tutto confuso, veloce, eccessivo. Il risultato che se ne ottiene è un mix di situazioni che deriva dalla summa di tutti gli spot FINDUS, e forse anche di qualcun’altro che passa prima e dopo, da cui salta fuori un miscuglio di petti di pollo al limone, risotti, gamberetti, detersivi e “un ragazzo da adottare”… ma questa è un’altra storia.

Ottima la fotografia, ben studiata ed efficace. Per fortuna riesce a compensare le falle dei soggetti e dei testi proposti. Meno parole e un montaggio meno frenetico e sarebbero stati degli still life meravigliosi da gustare con gli occhi.

Lo spot:

Altro post su spot Findus: Povero piccolo… che famiglia di racconta balle!

Povero piccolo… che famiglia di racconta balle!

Ho visto… il nuovo spot FINDUS.

Ho_Visto_CoseInizia con: “FINDUS presenta, il Capitano. Con la partecipazione di Bastoncini e Pisellini Primavera”.

Già sui Pisellini Primavera e il Capitano avrei qualcosa da ridire ma… visto che in effetti un dubbio sorge anche nel piccolo di famiglia, che non si vede in volto ma di cui sentiamo la  voce, riporto quanto viene detto nello spot.

“Ma anche questi li ha pescati il Capitan Findus?” si chiede il bambino. E la mamma, falsissima, gli dice: “Uno per uno” (manco le arselle si pescano una ad una).

Poi interviene il fratello maggiore che tenta di ricondurre i genitori sulla retta via, complici di questa colossale truffa ai danni del minore, esclamando: “Ma mica si pescano i pisellini!”.

Subito dopo il padre sussurra al primogenito: “Fai finta…” inducendolo alla truffa e alla menzogna. Il figlio, rassegnato, con un fil di fiato, si riprende, dicendo: “Ah! Ok!” e poi, da attore navigato (come il Capitano), si rivolge al fratellino proseguendo in modo perentorio con un bel: “Sì li ha pescati il Capitano!”.

Così, il piccolo, inconsapevolmente tradito dalla propria famiglia, risponde ingenuamente a quelle serpi con un: OK, li mangio!”.

A questo punto il fratello più grande, oramai completamente deviato dall’esempio dei genitori, si fionda sull’ultimo bastoncino rimasto nel piatto, esclamando: “Allora questo è mio”, facendolo sparire in un nano secondo. Al piccolo non rimane che ritrarre la mano vuota che aveva tentato di nutrirlo.

Il padre, fiero di cotanta astuzia e falsità, loda il maggiore: “Giusto, te lo meriti!

Una vera associazione a delinquere. Una famiglia di falsi e bugiardi che istiga a sua volta alla falsità e alla bugia.

Mi chiedo… c’era tanto bisogno di promuovere un prodotto promuovendo parallelamente l’uso della bugia e dell’inganno?

Oramai lo so, ne sono consapevole, sono vintage. Questa società promuove modelli di comportamento che non sento di voler sostenere e promuovere a mia volta. Si sa che i genitori ricorrono in extremis a delle “innocenti bugie” per convincere i propri figli a mangiare, soprattutto le verdure ma, far ruotare l’intero spot FINDUS attorno alla bugia, e poi chiuderlo con un hashtag #PranzoDiFamiglia, mi pare un po’ eccessivo, fuorviante e, secondo me, di cattivo gusto.

Se questo è “Il Sapore della Vita” e il modello di famiglia secondo FINDUS, bè… preferisco di gran lunga il buon vecchio Capitan Findus degli ani ’90

Almeno lui era palesemente falso.

 

Siate ritardatari, non evasori!

L’ho dovuto vedere due volte per accertarmi di cosa avessi visto e sentito. Pensavo che oramai, a fine febbraio, gli spot RAI realizzati per ricordare di pagare il Canone avessero concluso il loro tediosissimo ciclo. Credevo pure che la RAI, in quanto a spot realizzati per ricordare di pagare il canone, avesse sparato tutte le cartucce sparabili. Mi sbagliavo.

Siate ritardatari, non evasori” con questo meraviglioso payoff la nostra televisione pubblica, quella detta “di Stato”, ci delizia attraverso un ultimo spot (lo spero) che evidentemente ci accompagnerà fino al 28 febbraio, termine ultimo per pagare il Canone RAI con una “piccola sovrattassa”.

Da ritardatario si passa direttamente a evasore.

EVASORE!

Termine quantomai “garbato” per additare chi magari non ha quei soldi per pagare un canone alla televisione. Sì, oggi esistono anche queste persone, cara RAI. Milioni di poveri che sono costretti ad arrangiarsi per sbarcare il lunario e che per sfamarsi o sfamare la propria famiglia, forse, non hanno pagato un abbonamento alla televisione italiana. Evviva Dio!

Sono le stesse persone che quando ti fa comodo proponi sulle tue reti all’interno dei talk show o nei servizi d’inchiesta. Quelle stesse persone che prima chiami abbonati e poi evasori, senza dimenticare che non esistono degli abbonati perché tale condizione prevederebbe una qualche possibilità di scelta mentre, proprio tu, cara RAI, ci dici che il “Canone si VEDE” e quindi  “si DEVE”.

In Italia esistono gli evasori ma non sono quelli che non pagano il canone della RAI. Sono quei delinquenti che non hanno mai pagato le tasse, che si sono costruiti imperi nei paradisi fiscali, che hanno case e magari anche edificate abusivamente. Sono coloro che truffano il fisco emettendo fatture false o non emettendole affatto. Sono persone che inventano società fasulle intestandole a prestanome nullatenenti; scatole vuote per creare giri di contabilità e fatturazioni fittizie. Sono quelle persone che magari operano nel settore dello smaltimento dei rifiuti e che tramite tangenti, bustarelle e raggiri non solo evadono ma inquinano, sotterrano rifiuti tossici, fanno morire la gente. Gli evasori sono quei soggetti che a prestazione fornita ti presentano il conto, a voce ovviamente, e poi se gli chiedi la fattura ti dicono che “sono costretti” a raddoppiare il prezzo perché devono pagarci le tasse, loro. Gli evasori esistono e sono una piaga per il nostro Paese ma…

cara RAI… gli evasori NON SONO QUELLE PERSONE CHE NON PAGANO UN CANONE DA 113,50 Euro…

VERGOGNATI, te e i creativi che hanno avuto questa bella pensata. 

Questo è lo spot che sono riuscito a catturare al volo col mio smartphone. Non ho ancora trovato su YouTube una versione qualitativamente migliore di questa, scusatemi. Credo che comunque basti e avanzi per testimoniare lo schifo che rappresenta.

Altri post su questo blog sugli spot del canone RAI:

Indicazioni sul brano musicale di sottofondo allo spot RAI. Un particolare ringraziamento a Gabriella Patanè che mi ha segnalato il link al video e il nome dell’autore e del brano (“Escalation” composta da Paolo Carlomè):

CONAD… le statistiche del mio blog parlano chiaro. W la freschezza!

Le statistiche parlano chiaro. Sul mio blog il traffico maggiore di utenti viene generato attraverso le seguenti ricerche: “spot CONAD” o frasi simili.

“Ognuno piange del suo male…”, dovrò riflettere su questo, soprattutto se penso che ad oggi sul mio blog sono presenti 166 post.

Il 30 maggio 2013 pubblicai questo post: “Conad e la passione che non fa dormire la notte“. Nulla di speciale. Uno dei miei tanti post in chiave ironica che intendeva rileggere e interpretare, in modo personale, la serie di spot che la CONAD ha realizzato nel 2013 e che ancora oggi, con gli stessi attori ma con soggetti diversi, mantiene la propria presenza tra i palinsesti televisivi.

Negli ultimi due mesi le visite sul mio blog al suddetto post sono state caratterizzate da una media di venti accessi giornalieri. Alcuni utenti web mi hanno contattato per avere informazioni in merito a chi sono i due attori che interpretano la coppia presente in questa sorta di “sitcom” pubblicitaria.

Ieri sera, controllando le statistiche di WordPress, ho visto che le visite al mio post sulla CONAD sono balzate a “30”.

Statistiche visite blog www.stefanosaldarelli.com riferite alla giornata del 29.01.2014
Dalle statistiche di WordPress, le pagine migliori sul blog http://www.stefanosaldarelli.com riferite alla giornata del 29.01.2014

In effetti se cliccate su Google “conad la passione che non fa dormire la notte” oppure “attori Conad”, mi trovate al primo posto. Quindi, per non disattendere le aspettative ho deciso di palesare il nome dei due attori; per lo meno potrò soddisfare le aspettative di molti e fornire “un servizio pubblico”, spero utile anche agli attori stessi.

Quindi… comincio da lei, per galanteria, dalla “moglie di Francesco”:

Rosalba Battaglia
Rosalba Battaglia

Rosalba Battaglia

  • Nata a Palermo
  • Domiciliata a Roma

FORMAZIONE:

  • Laboratorio teatrale tenuto da R. Clementi
  • Diplomata presso il Laboratorio Internazionale di Arti Sceniche “Off Stage”
  • Diplomata presso l’ Accademia D’ Arte Drammatica “Pietro Scharoff” di Roma nell’anno 2002/2003 con la votazione di 110/110
  •  Qui trovate la sua scheda/curriculum professionale.
Roberto Di Paola
Roberto Di Paola

Lui invece si chiama Roberto Di Paola

  • Nato a Palermo
  • Domiciliato a Roma

FORMAZIONE:

  • 2012 Corso di recitazione e doppiaggio con Roberto Chevalier
  • 2011 Workshop di recitazione con Roberto Graziosi
  • 2011 Seminario di Basic&Advanced Training e Improvisation diretto da Michael Margotta
  • 2009 Corso di dizione e recitazione svolto da Alesandra De Pascalis diplomata al lab. eserc. sceniche diretto da Luigi Proietti –
  • 1999 Corso di recitazione svolto presso il teatro de’ Cocci di Roma
  • Sito web dell’attore

Spero di esservi stato utile. Vi regalo l’ultimo spot della CONAD:

Crediti:

L’oliva, quale miglior immagine per esprimere il concetto di banca?

Ho visto… in uno spot una banca rappresentarsi attraverso l’immagine di un’oliva.

Ho_Visto_CoseE’ chiaro che l’oliva incarna l’estensione del logo della banca, per colori e per forma. Non hai molte scelte se vuoi riprodurre simbolicamente un’ellisse verde attraverso una cosa comune. Non puoi che utilizzare un’oliva verde o in alternativa un limone verde.

L’immagine che mi viene in mente dell’oliva l’associo alla spremitura, da cui si ottiene l’olio. Sorte non troppo diversa per il limone che comunque si taglia o si spreme ma non è il nostro caso.

E’ “meraviglioso” rappresentare una banca con un’oliva.  Non so se interpretare il messaggio come una sottile metafora, ironica e allo stesso tempo cinica o se i pubblicitari sono semplicemente inciampati in un territorio pericoloso. Partendo dall’oliva la mente mi propone questo percorso euristico: banca > prestito > condizioni > cliente > “spremuto”. 

Comunque sia, anche visivamente parlando, vedere un tizio che va a giro a toccare “le olive altrui” non è proprio una bella cosa, dai diciamolo.

Dedicato a coloro che amano gustare il pane con l’olio. Dedicato a chi si sente particolarmente “spremuto” dalle banche. Dedicato anche a chi vorrebbe una banca “moderna” ma non  solo perché osa in comunicazione.

Lo spot:

Il dito:

Il "ditone" dello spot
Il “ditone” dello spot