Desidero trattare l’argomento Elysium nel modo che mi appassiona di più, soffermandomi sui dettagli, le scenografie e le ambientazioni. Elementi che a parer mio spesso in un film riescono a mascherare pennellate narrative meno riuscite…

ELYSIUM, luogo destinato ad un idilliaco esilio ma anche ultima dimora delle anime di coloro che sono stati prescelti dagli dei. Detto anche Eliseo o Campi Elisi. Il titolo del film fa riferimento a questi ingredienti evocando attorno a sé, e all’omonima, enorme stazione spaziale orbitante, scenari ancestrali. Elysium ospita facoltosi umani lì rifugiatisi da oltre sessant’anni per sfuggire alla fame e alle sofferenze che dilagano sulla Terra a seguito dello viluppo demografico e la conseguente riduzione delle risorse del nostro pianeta. Elysium è una sorta di terra promessa ma destinata solo a chi può permetterselo. Questa premessa riassume gli elementi su cui ruota la storia, sceneggiata e diretta da Neill Blomkamp, reduce dal successo del 2009 con il film District 9.
Chi segue la mia rubrica “InCinema alla Classifica” sa che non amo fare troppi commenti in merito agli aspetti narrativi e alla sceneggiatura di un film. Posso solo dire che le scelte estetiche adottate da Neill Blomkamp ripagano ampiamente alcune trovate del regista che non ho gradito moltissimo. Preferisco quindi dirottare le mie energie su ciò che mi piace trattare.

Il logo del film: ELYSIUM è caratterizzato da una font che ha un forte richiamo al carattere grafico che era possibile ottenere, nell’era pre-digitale, con un normografo usato per realizzare brevi testi, didascalie, titoli in ambito tecnico. Linee pure, semplici, prive di spessore, essenziali. Questa scelta minimal esprime pulizia ma anche freddezza, rigidità e rigore geometrico. Tutti elementi che ben rappresentano la società “sterile” che si è sviluppata a bordo di Elysium.
La font del logo la ritroviamo anche nei titoli del film ma questa volta la scelta dei creativi si spinge oltre. E’ simile ma non uguale. La ricerca di originalità di un logo impone qualche eccezione rispetto alla realizzazione di un’eventuale font che ne deriva. Per scrivere i nomi del cast, produttori, ecc… è stato effettuato un ulteriore esercizio di sintesi che ha portato a stilizzare la lettera “E”, rispetto a quella che compare nel logo ELYSIUM. Viene privata dell’asta verticale lasciando visibili solo le tre linee rette parallele che costituiscono le aste orizzontali della lettera.

Il concept di questa font è simile a quello che ritroviamo in altri film di fantascienza. E’ quasi un cliché che è in grado di dipingere futuri “immaginifici” e che si auto alimenta ad ogni uscita di un film di questo genere. E’ come se ci fosse un filo conduttore, un silente accordo tra registi, grafici e creativi. Tutto unito da un sottile legame invisibile volto a classificare il film come “di fantascienza, di futuro, di spazio”. Di sicuro utilizzando una font “Comic Sans” il risultato non sarebbe lo stesso.
Ecco alcuni esempi di loghi, simili tra loro, che evocano immediatamente lo spazio, il silenzio, il vuoto. Nel cinema anche questo si chiama fantascienza.
In OBLIVION, di Joseph Kosinski, la font, assume ancor di più la caratteristica del testo realizzato con un normografo o stencil. Il tratto in alcuni casi viene interrotto come accade utilizzando una maschera stencil.
In Gravity, di Alfonso Quaròn, la font, pur minimal e pulita, è più “standard” ma mantiene le caratteristiche delle precedenti, tra cui lo spazio tra lettere ampio, forzatamente aumentato.
ALIEN, di Ridley Scott, forse è stato il precursore di questo stile grafico che poi è stato adottato, come abbiamo visto, in pellicole di fantascienza uscite anni dopo. Spazi tra lettere molto ampi, lettere bianche su fondo scuro. Caratteri bastone molto puliti, senza grazie, nessun elemento di troppo. Tutto al loro posto.
Ma torniamo a ELYSIUM…
Neill Blomkamp viene dal mondo della pubblicità e degli effetti visivi. E’ un regista, sceneggiatore ma anche un tecnico degli effetti digitali. Non a caso, si circonda per il suo ELYSIUM di uno staff tecnico di altissimo livello riuscendo in questo film a rendere tutto ancor più realistico superando sé stesso e il suo DISTRICT 9. L’esperienza degli alieni “gamberoni” relegati in una sorta di ghetto in SudAfrica richiese a suo tempo notevoli espedienti tecnici che permisero di raggiungere un incredibile realismo rendendo l’interazione tra attori e elementi digitali davvero sorprendente. Questa cosa si amplifica nel film Elysium in cui Blomkamp riesce a rendere tutto credibile; le atmosfere, i mezzi e i robot presenti sulla Terra. Tutto è plausibile e anche meravigliosamente fatiscente, logoro dall’eccessivo utilizzo e dalla scarsa manutenzione dovuta alle esigue risorse del 2154. I colori sono opachi, scuri, stentano ad emergere dalle superfici sudice dei vari apparati. Graffiti e scritte varie completano la rosa di elementi che contribuiscono a rendere le scene drammaticamente vere.

Su Elysium, la stazione spaziale, tutto si ribalta, lo stile è minimal e i colori quasi assenti se non per la presenza dei toni di verde della vegetazione che circonda le ville di lusso. Pulizia e perfezione vanno a braccetto con la ricchezza. Tutto è candido, si va dal bianco lucido delle superfici degli elementi di arredo al grigio o beige opachi dei vestiti, fatta eccezione per qualche nota di azzurro presente nell’atmosfera di Elysium che porta poi al nero più totale dello spazio infinito.

Elysium è una struttura imponente, si vede addirittura dalla Terra. Il suo design ricorda moltissimo quello della stazione spaziale di “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick ma anche i magnifici disegni del designer americano Sydney Jay Mead che ha realizzato progetti visionari di ambienti e strutture architettoniche appartenenti a remoti futuri, collaborando alla realizzazione di concept artistici per le scenografie di molti film di fantascienza tra cui Blade Runner, Tron, Aliens ed il primo film di Star Trek.


Neill Blomkamp si spinge oltre quella stazione “già vista”, trovando il modo di omaggiare chi lo ha preceduto e sposandone in gran parte il concept. Realizza qualcosa che solo Lucas aveva immaginato prima di lui nella saga di StarWars. L’atmosfera di Elysium è trattenuta all’interno di una struttura circolare a sezione concava (una “C” ribaltata, come una grondaia). La grandezza di Elysium, la forma e la rotazione imprimono una forza tale da contenere un microcosmo abitativo che non richiede strutture di contenimento dell’atmosfera. Lucas ci aveva mostrato soluzioni simili durante gli atterraggi e i decolli delle navette imperiali dalla “Morte Nera” che potevamo vedere librarsi senza ostacoli da e verso gli hangar, senza dover aprire o chiudere doppi sistemi di paratie per mantenere l’atmosfera artificiale all’interno del grosso satellite.
Elysium è l’ostentazione di questa soluzione che pur con tutte le riserve scientifiche del caso, conferisce alla stazione Elysium un ulteriore elemento di forte caratterizzazione e, se vogliamo, di originalità. Questa soluzione consente al regista di provocare lo spettatore offrendo scene in cui le navette provenienti dalla Terra atterrano su ELYSIUM in luoghi più disparati, penetrando l’atmosfera e atterrando su prati e giardini perfettamente curati.

Ottimo il design delle navette spaziali da trasporto, militari e mediche. Interessante la scelta di introdurne una “vip” firmata Bugatti (Elysian Fulgar Shuttle), al servizio di Carlyle, interpretato da William Fichtner, abitante di Elysium, ricchissimo e potente uomo d’affari che gestisce i suoi interessi sulla Terra. La sua Bugatti rappresenta l’assoluta perfezione stilistica in netto contrasto con tutti i malconci mezzi di trasporto a disposizione dei terresti, tra cui si intravedono anche vetusti autobus.

Gli sforzi tecnici sono infiniti e pare che non abbiano soluzione di continuità. Le trovate ingegneristiche sono molte e piuttosto interessanti anche se tutto ha il sapore di “già visto”, pur in una versione migliorata. La navetta da battaglia che affianca il mercenario Kruger (Sharlto Copley – visto anche in District 9) è interessante e il registra trova il modo di mostrarcela in ogni angolazione anche se non crea un precedente stilistico ma ripercorre e forse migliora i design di alcune navette presenti in film precedenti, tra cui i droni della saga di Terminator, le “Hunter Killer”, o le “Low Altitude Assault Transport” di Star Wars (vedi foto più avanti)



Comunque, la livrea mimetica del “Raven”, il corvo, (questo è il nome della navetta) le conferisce un aspetto intrigante e grintoso anche se lo spettatore stenta a capire come faccia a mantenere un’efficienza tale da consentirle di volare, soprattutto nello spazio. Nel film, la struttura dello scafo, diversamente dal disegno sopra proposto, è vistosamente compromessa. Ogni volta che decolla se ne percepisce il peso e la potenza dei suoi motori che contrastano con la struttura fatiscente che mette a rischio la sua integrità.
I droni utilizzati per intercettare Max (Matt Damon) durante il suo tentativo di fuga, non mi convincono molto. Sono molto simili ai robot che possiamo trovare oggi nella grande distribuzione, impiegati per pulire in casa. Nel film volano e inseguono il loro obiettivo ma non creano alcuna emozione lasciando indifferenti. Una sorta di pausa visiva che distoglie dal fragore emanato dei moltissimi elementi presenti nel film che l’occhio deve cogliere e metabolizzare.
Arriviamo all’esoscheletro di Matt Demon. Sotto il profilo del design lo trovo interessante. Non originale ma interessante. La cosa che mi ha lasciato sgomento è la tecnologia bio neurale che permette di interagire con l’esoscheletro. L’estrema “faciloneria” con cui viene impiantato il sistema nel cervello e negli arti di Max, oltre ai tempi con cui viene effettuato l’intervento e la totale assenza di igiene, ti lascia completamente frastornato. Tutto viene ridotto ad un semplice intervento “ambulatoriale” in regime di day ospital fai da te, pur richiedendo un intervento piuttosto complesso che richiede addirittura impianti nella corteccia cerebrale. Cosa ancora più assurda è che Max entra nell’ambiente dove viene operato con la sua T-Shirt e ne esce con tanto di esoscheletro montato e funzionante e la sua T-shirt sempre addosso.
Cliccando sulla foto qui sotto potrete accedere ad un sito nel quale l’immagine, in corrispondenza dei segni (+), permette di approfondire alcuni dettagli tecnici dell’esoscheletro.

Devo dire che mi è piaciuto molto l’uso dei tatuaggi 3D, visti dal regista come simbolo di uno status sociale facoltoso in grado di impiegarli sia per uso estetico/decorativo del proprio corpo sia, soprattutto, per marcare geneticamente il proprio passaporto di appartenenza alla comunità di Elysium. I cittadini di Elysium hanno tutti un tatuaggio sul braccio che ne certifica la loro appartenenza. Il glifo non lascia solamente un segno in rilievo sulla pelle ma si associa indelebilmente al DNA di ogni cittadino in modo univoco e permanente. Con questo tatuaggio si accede ad Elysium e si può beneficiare di tutti i diritti e servizi previsti. Senza, non si ha diritto praticamente a nulla, soprattutto non si accede in alcun modo ad Elysium.
Nel 2154 è piuttosto semplice realizzare tatuaggi 3D, a condizione che si appartenga alla classe abbiente di Elysium, ovviamente. Quello sul braccio viene impresso mediante una speciale pistola laser. Quello sul volto o su altre parti del corpo viene realizzato attraverso un raggio laser emesso dal medesimo apparecchio medicale che ogni cittadino di Elysium possiede nella propria abitazione.


La fotografia, curata da Trent Opaloch che ha affiancato Blomkamp anche in District 9, riesce a regalare inquadrature meravigliose, forti contrasti cromatici e uno stile narrativo assimilabile alla video cronaca di guerra, tipica dei reportage che vediamo nei telegiornali dalle zone “calde” del pianeta. Le scene sulla Terra sono caratterizzate da questo stile che ritroviamo anche in District 9. Su Elysium invece tutto è più morbido. Carrellate in slider permettono di scorgere gli ambienti con una certa calma e di percepirne la totale efficienza, e singolarità, insite nella società di Elysium. Solo nelle scene più concitate si torna anche su Elysium a riprendere uno stile più “in soggettiva” o comunque dinamico, con camera a spalla, raramente in steady cam, proprio per mantenere quella irregolarità di inquadratura, tipica di un movimento libero di camera che conferisce alla scena dinamismo, naturalezza e coinvolgimento per lo spettatore.
Elysium è un gran prodotto di altissimo livello artistico e concettuale. E’ un film meritevole di attenzione e di ulteriori approfondimenti tecnici. Si potrebbe porre come spin off di District 9, per lo stile, le ambientazioni e per il livello di decadenza della società terrestre che Blomkamp riesce a rendere; nel caso di District 9 all’interno del ghetto omonimo. Elysium è anche un progetto che riprende a tratti l’esperienza del regista Sud Africano, poi interrotta, sul progetto HALO nel quale ha investito molto tempo realizzando un corto davvero interessante che avrebbe meritato di essere sviluppato in un film completo.
Elysium è però un film, a parer mio, che stenta a decollare, soprattutto nella parte centrale dove si dilunga in tediose questioni che portano a ben poco in termini di attenzione e interesse da parte dello spettatore. Ci sono vari elementi nella storia che non mi convincono ma resto dell’idea che un film, in quanto prodotto di intrattenimento ma anche artistico, risultato di mesi o addirittura anni di lavoro da parte di migliaia di maestranze, debba essere apprezzato in ogni suo aspetto e non etichettato come “bello” o “brutto” limitandosi ad analizzarne solo qualche elemento. Personalmente non sono rimasto affascinato da Elysium come invece ebbi modo di esserlo con District 9 ma il lavoro meticoloso di ricerca e sviluppo di ogni dettaglio e il realismo, comunque apprezzabili in questo film, permettono di avvolgere perfettamente lo spettatore in un contesto globale, sociale e tecnologico di un possibile futuro, offrendo una solida base su cui fondare un’interessante esperienza visiva che merita di essere provata.
Link e crediti:
- Poster ELYSIUM – da scificool.com
- Logo OBLIVION – da beyondhollywood.com
- Immagine della navetta Bugatti – da blog.screenweek.it
- Immagine del robot burocrate – da blog.screenweek.it
- Immagine interni aree tecniche su ELYSIUM (con Jodie Foster) – da filmophilia.com
- Immagine stazione spaziale ELYSIUM – da filmophilia.com
- Immagine aree verdi su Elysium – da patheos.com
- Immagine del Low Altitude Assault Transport – Star Wars – da galacticrepublictroopers.webs.com
- Immagine Hunter Killer di Terminator – da moosroom.blogspot.it
- Immagine esoscheletro di Max – da Entertainment.com
- Immagine di Max durante la realizzazione del tatuaggio 3D – da theoccidentalobserver.net
Approfondimenti tecnici:
- Approfondimenti tecnici su mezzi e società del 2154 – da civilcooperationbureau.com
- L’ingegneria del futuro. Elysium e ARMADYNE – da armadyne.net
- Welcome to Elysium – da welcometoelysium.com
- Elysium: The Art of the Film (Limited Edition) – il libro che raccoglie i concepts artistici del film
Effetti visivi curati dalle seguenti società:
- Image Engine
- Weta Workshop
- Whiskytree
- Method Studios
- The Embassy
- MPC
- Kerner Optical
- MastersFX
- Concept designer TyReuben Ellingson.
- Direttore della fotografia Trent Opaloch