Sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi non siamo andati avanti…

…Oggi possiamo farlo insieme in modo trasparente.

ce lo dice lo spot del Deposito Nazionale.

Attraverso una voce soave, molto professionale e se vogliamo anche dal tono rassicurante, veniamo messi a conoscenza di un fatto che a mio modesto parere lascia presagire una serie di scenari piuttosto discutibili.

Scusate se dubito, ergo: penso!

In pratica, conviviamo con tonnellate di rifiuti radioattivi che giacciono in qualche luogo del nostro stivale in attesa di essere stoccati “in altro modo” all’interno di un unico mega deposito.

Non solo, questi rifiuti aumentano poiché alcuni di questi continuano ad essere prodotti dalle industrie e dagli ospedali contribuendo ad incrementare il “patrimonio” nazionale di scorie nucleari che devono essere confinate da qualche parte.

Lo spot del Deposito Nazionale propone allo spettatore una serie di scene di vita quotidiana riprodotte al contrario a sottolineare quello che verrà poi riportato dal messaggio di chiusura. L’intento è di evidenziare che “non siamo andati avanti” in materia di smaltimento dei rifiuti radioattivi, anzi, se adesso non “facciamo tutti qualcosa insieme” rischiamo di tornare indietro.

Adesso veniamo alle cose più “terra, terra”, anzi, “sotto terra”.

“Lui”, la voce dello spot, ci comunica che “Sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi non siamo andati avanti”. Ce lo dice proprio così, come se ci dicesse che sono finiti i coni gelato! Grave anche quello se pensiamo alla calura estiva ma meno “drammatico” se equiparato al messaggio che ci arriva sulle scorie nucleari.

Ma come… eravamo rimasti d’accordo che ve ne sareste occupati voi e adesso? Ci dite che tocca a noi?

La prima cosa che mi chiedo è: bene, se non siamo andati avanti in questo ambito, e probabilmente rischiamo di andare indietro, di chi è la responsabilità? Chi doveva occuparsi di queste scorie nucleari? Pare che fosse la SOGIN, Società Gestione Impianti Nucleari che è anche la referente del progetto del Deposito Nazionale.

Bene, bravini sì… Una sorta di “me la canto e me la suono da solo”.

Non è tutto; sempre la voce dello spot, aggiunge: “Oggi possiamo farlo insieme”… “in modo trasparente”, come se fino ad oggi le cose fossero state fatte in modo poco trasparente.

Qui mi si aprono due ipotesi e altrettante interpretazioni.

  1. “Lui” si riferisce al fatto che fino ad oggi chi doveva occuparsi di questi rifiuti se ne è occupato poco, o male e che da adesso possiamo “non occuparcene” tutti insieme? Una sorta di condivisione dell’indifferenza in merito a un problema dalla rilevanza enorme.
  2. “Lui” ci comunica un messaggio importante dando però l’impressione di un Extrema ratio o del preludio che annuncia “la fase critica”. Il messaggio potrebbe essere interpretato come: “fino ad ora non vi abbiamo detto nulla… ma adesso che siamo nella me..a ve lo diciamo. Ooooh! Poi se non riusciamo a risolvere il problema tutti insieme pace, noi ve lo avevamo detto ma non avete voluto darci una mano”.

Insomma, salta fuori questo Deposito Nazionale che per l’uomo della strada è un qualcosa di molto lontano, distante dal proprio quotidiano. Che ne sappiamo in fondo di radiazioni?Abbiamo sentito parlare di Hiroshima, di Nagasaki, poi di Chernobyl e più recentemente di Fukushima. In termini meno inquietanti il massimo della nostra “esperienza” con le radiazioni si riassume in una lastra scattata dal dentista o poco di più.

No, le cose non stanno solo così. Abbiamo questi rifiuti radioattivi e qualcuno se li dovrà prendere, tutti insieme e in un unico posto ma, come?

Lo spot televisivo non lascia intendere molto altro. Diciamo che lancia il sasso e ritira la mano; e che sasso… Invita ad andare a visitare il sito web http://www.depositonazionale.it/ , questo sì, ed io che sono curioso sono andato a sbirciare il sito del Deposito Nazionale.

Figo! Sembra quasi di entrare in quello della “Valle degli Orti”.

I toni del verde campeggiano ovunque, è tutto molto “green”. Il logo e la caratterizzazione della grafica, in particolare dei pittogrammi, dei titoli dei paragrafi e i pulsanti di navigazione, sono realizzati pensando di conferire al sito un’immagine eco-style. Sembra tutto disegnato, come a voler far intendere che è un qualcosa di genuino, “fatto a mano”. Sì dai, come Banderas e le sue merendine.

Anche il video che spiega cos’è il Deposito Nazionale è stato magistralmente realizzato col preciso intento di trasmettere sicurezza, fiducia e calore umano, attraverso un’estetica che rende le immagini filmate in stile “disegno animato”, più vicino a “grandi e piccini”.

D’impatto, da un sito così non so cosa aspettarmi; se poter acquistare online verdura bio o se mi vogliono vendere dei biscottini ai 5 cereali.

No, evidentemente solo qualche tonnellata di scorie radioattive.

Ecco che il Deposito Nazionale, attraverso questo tipo di comunicazione, mi appare magicamente come un “supercazzolone eco fuffa” da 150 ettari (oltre 210 campi da calcio – stante alle misure riportate sul regolamento FIGC pag. 9) che dovrà sorgere da qualche parte in Italia, all’interno del quale verranno stoccati tutti i rifiuti radioattivi che al momento sono sparpagliati in depositi più piccoli dislocati in varie parti del nostro Paese.

STOCCATI è il termine corretto e non SMALTITI, come spesso si cerca di far passare in termini di concetto. Non si smaltisce un bel nulla; casomai decade la radioattività presente nel rifiuto ma nell’arco di circa 300 anni (nelle scorie a bassa emissione).

L’intento del progetto, perché ancora è solo tale, è di prendere ‘ste barili scorie, di metterle in speciali bidoni, calarli in blocchi di cemento armato che a loro volta verranno messi in un altro mega blocco di cemento armato che verrà ricoperto di terra; più o meno.

Sopra a tutto questo “ben di Dio”, sorgeranno dei bellissimi giardini pubblici e un parco tecnologico che impegnerà 40 ettari dei 150 totali previsti dal Deposito Nazionale. Chi non ha mai sognato di correre su un prato fiorito sotto al quale si nasconde la più grossa scoria nucleare del Paese?

Non so perché ma per un momento mi è balzata alla mente l’immagine del pesce a tre occhi dei Simpson.

Immagine tratta dal sito web simpsons.wikia.com

Che vuoi farci, caro lettore, ce lo dice l’Europa… sì, gli “altri Paesi” della UE si sono già adeguati e noi dobbiamo fare lo stesso, quindi… lo scopo del giochino è di promuovere una campagna a favore del Deposito Nazionale, incentivare la Regione che si prenderà ‘sta patata bollente, infarcire il tutto con una sapiente retorica dai contenuti pseudo ecologisti, supportata da una comunicazione sufficientemente convincente grazie alla quale le persone potranno rassicurarsi trovando solo vantaggi nell’ospitare a casa propria questo “matrioskone” pieno di scorie radioattive.

Ma non preoccuparti, il Deposito Nazionale accoglierà solo rifiuti Made in Italy, un modo per rafforzare il nostro brand e rilanciare la nostra immagine nel mondo.

O vediamo se poi ci copiano anche questo.

Bada bene caro lettore, tu che stai già puntando il dito contro di me adducendomi di essere troppo ecologista, populista, ecorivoluzionario; fermati lì. Etichettami pure come ti pare, ma voglio spiegarti ciò che a me crea astio.

In tutto questo brodo di retorica e finto buonismo è il modo con cui si promuovono le cose. Non dico che non debba essere fatto un Deposito Nazionale di scorie nucleari (e magari potremmo anche parlarne). Ciò che mi da noia è il modo con cui si presentano le cose ai cittadini, soprattutto quelle più scomode, avvalendosi di una comunicazione atta ad indorare la pillola.

Basterebbe dire le cose come stanno.

Cosa volete fare e  come volete farlo (più o meno) ce lo avete fatto capire e lo avete ben infarcito di orpelli lessicali e di glifi grafici vari. Magari se adesso ci dite anche QUANDO e DOVE sarebbe “carino”…

Inoltre, visto che continuiamo a produrre le scorie nucleari, una volta raggiunta la capacità di immagazzinamento del Deposito Nazionale, i restanti rifiuti radioattivi, quelli che derivano dalla “produzione giornaliera”, come verranno gestiti? Non è che tra una quarantina d’anni verrete a rivenderci un altro mega Deposito Nazionale 2.0 solo perché “fino adesso con i rifiuti radioattivi non è stato fatto molto?”

Non vendeteci uno scatolone come questo come se fosse una merendina del Mulino Bianco. Lo so, anche il mulino, in quanto struttura è fuffa ma per lo meno la merendina non è radioattiva.

Immagine tratta da Wikipedia

 

 

Riferimenti e crediti:

 

 

 

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Occhio al pesce! Le sigle identificative sulle confezioni vi dicono dove è stato pescato

Facile dire “tonno in scatola” ma, da dove viene? E’ una domanda che molti si fanno ma che spesso non trova una facile risposta, soprattutto non ne trova alcuna se si rivolge a qualche addetto di un supermercato o se, a rigor di logica, si cercasse di scoprirlo leggendo le diciture presenti sulla confezione.

Ebbene, un amico mi ha fatto notare una cosa molto interessante che ritengo possa essere utile un po’ a tutti voi (vegani esclusi). E’ notizia di questi giorni che il tonno in scatola, soprattutto di certe marche, più economiche, provenga dalle acque inquinate dalle radiazioni di Fukushima. Prima di cedere all’incantesimo della notizia sensazionalistica mi sono munito di tastiera e mouse e ho cominciato a girare sul web per cercare notizie.

Tutto parte da un numerello impresso sulla scatola del tonno. Ma facciamo un po’ di chiarezza…

In pratica, quando andate al supermercato a comprare il tonno in scatola, raramente o quasi mai è riportato sulla confezione, in modo chiaro e palese, dov’è stato pescato quel tonno. In realtà un’indicazione c’è ma non è immediata, va trovata e soprattutto interpretata.

Ecco cosa potete fare per scoprire la provenienza del tonno che state per acquistare.

1) prendete dallo scaffale del supermercato la confezione di tonno. Di solito è costituita da un package in cartone che racchiude due o più scatolette in latta.

2) Capovolgete la confezione e, “da qualche parte”, di solito insieme alla data di scadenza del prodotto, troverete una sigla come questa:

FAO 71 - Codice identificativo
FAO 71 – Codice identificativo

3) Soffermatevi, nel caso dell’esempio, su quel FAO 71, che corrisponde all’Oceano Pacifico; nello specifico all’area del mare attorno al Giappone, Filippine, Nuova Giunea e Papua o giù di lì. Le aree di pesca di tutto il nostro globo “terracqueo” sono identificate con dei numeri. Ogni numero definisce una zona di precisa.

4) Adesso prendete il vostro telefonino, tablet o semplicemente avrete con voi la stampa dell’immagine riprodotta qui sotto che vi suggerisco di salvarvi e di portare con voi quando andate a fare la spesa.

Immagine tratta da: https://www.ilgiornaledeimarinai.it/

 

5) Cercate sulla tabella il numero corrispondente a quello che compare sulla confezione che state per comprare e poi valutate se eventualmente sia il caso o meno di procedere all’acquisto di quel particolare tonno in scatola.

Quale può essere il problema o il motivo per il quale dovrei o meno acquistare una confezione di tonno il cui ingrediente principale è stato pescato in una zona piuttosto che in un’altra?

Bè, non ci sono particolari problemi se non farsi una propria opinione in merito a ciò che gira in rete in questo periodo. Come riportavo all’inizio di questo post, in rete si è diffusa la notizia che il tonno contrassegnato dalla sigla FAO 71 o FAO 61 è da considerarsi ad alto rischio di contaminazione radioattiva e pare che questo tonno sia finito sugli scaffali dei nostri supermercati.

Ovviamente dopo la notiziona catastrofista arriva la altrettanto altisonante notizia che dovrebbe tranquillizzare il consumatore, stando almeno a quello che viene riportato dal sito web “Io leggo l’etichetta” di cui, per vostra utilità e conoscenza, riporto il link all’articolo nel quale si parla di etichettatura delle confezioni di tonno e delle aree di pesca FAO. (leggi l’articolo)

La questione radiazioni di Fikushima e il possibile inquinamento dei mari e dei pesci ivi presenti, ha un ulteriore risvolto. Se da una parte ci viene detto che il tonno che arriva sulle nostre tavole non viene pescato in zone di mare interessate dalle radiazioni di Fukushima, dall’altra ci viene confermato in modo quasi imbarazzante, che le radiazioni della centrale di Fukushima stanno interessando una vastissima area del nostro pianeta. Quindi, visto che il tonno che mangiamo, “pare” non sia radioattivo perchè non catturato nelle aree intorno al mare del Giappone, chi se ne frega se un’area grande quanto un continente è inquinata dalle radiazioni, come ci mostra il grafico qui sotto riportato. Come se in quell’area non si pescasse nulla o come se i pesci predatori non si cibassero di altri pesci (prede) che sguazzano allegramente con tre occhi, come quelli presenti nei cartoons de I Simpson.

Diffusione in mare delle radiazioni provenienti dalla centrale nucleare di Fikushima
Diffusione in mare delle radiazioni provenienti dalla centrale nucleare di Fikushima

Comunque… desidero solo dare degli strumenti su cui riflettere e con i quali trarre le vostre conclusioni. Non aggiungo molto di più se non invitarvi a seguire una serie di articoli che potrebbero aiutarvi a farvi un’idea in merito. E’ importante capire e conoscere per poi decidere e scegliere.

 

Link e approfondimenti: