THE URBAN DEAD – Liberi di volare o imprigionati senza saperlo?

Nasce dalla passione per la serie televisiva The Walking Dead.

Guardi gli episodi, ne apprezzi gli sviluppi narrativi, la fotografia, la musica, i personaggi e in qualche modo comincia a sedimentare nel tuo subconscio contribuendo ad arricchire il tuo bagaglio culturale.

Poi dall’altra parte vivi il quotidiano fatto di tante cose, di svariati momenti trascorsi anche nella tua città, fatta di strade, negozi e scorci che ti restano impressi nella mente per ciò che sono e che riescono a comunicarti.

Sommi la passione per il cinema e la tv, in questo caso per The Walking Dead, e ne esce un esperimento creativo che si colloca tra un omaggio alla serie televisiva e una “denuncia” nei confronti del “degrado urbano” di cui siamo silenti testimoni e protagonisti ogni giorno.

The Walking Dead parla di sopravvissuti che tentano di mantenersi in vita nonostante la presenza di un “virus” pandemico che rende i morti degli zombie.

Ho visto un’analogia tra gli zombie di The Walking Dead, i sopravvissuti che tentano di rimandare la loro sorte – apparentemente inevitabile se non trovando il modo “preventivamente” di spappolarsi il cervello per evitare che “lo zombismo” prenda il sopravvento una volta defunti – e la nostra civiltà.

Viviamo tutti insieme nelle città ma allo stesso tempo siamo distanti anni luce l’uno dall’altro. Non parliamo, o poco, con i nostri vicini di casa. Ci scansiamo se vediamo qualcuno che “all’apparenza non ci piace”, che “è diverso”. Siamo diffidenti, releghiamo le nostre vite ai social network preferendoli spesso al rapporto umano diretto.

La città è un concentrato di umanità dissociata che non interagisce, spesso si sopporta a malapena.

Cerchi di spostarti in auto ma è traffico ovunque. Ti suonano il clacson se non riparti immediatamente dopo il verde o se ti sei fermato appena vedi il giallo. Passi ore in fila a respirare smog, ad abbrutirti all’interno dell’abitacolo della tua vettura. Quando riesci a muoverti osservi la città, vedi il degrado urbano, i negozi chiusi perché la crisi si è mangiata anche quella speranza che ti permetteva di “tenere duro”, di vedere la luce in fondo al tunnel. Oggi si ha l’impressione che si sia mangiata anche il tunnel e la relativa luce.

Vedi i barboni nel centro della città vagare in cerca di qualcosa o di qualcuno a cui affidare la propria sopravvivenza.

Meretrici asiatiche che si aggirano nelle piazze e per le vie del centro, in pieno giorno, in cerca di un profitto da una botta e via.

Auto abbandonate lungo le strade o nelle piazzette adiacenti ai condomini o addirittura davanti la caserma dei Vigili del Fuoco.

Il mio amico Francesco, durante una pausa mentre realizziamo le riprese di THE URBAN DEAD. L'auto è parcheggiata, abbandonata, davanti la caserma dei Vigili del Fuoco di Prato (sullo sfondo).
Il mio amico Francesco, in una pausa durante le riprese di THE URBAN DEAD. L’auto è parcheggiata, abbandonata, davanti la caserma dei Vigili del Fuoco di Prato (sullo sfondo). Foto scattata il 6.6.2015

Rifiuti ovunque, arredi urbani decadenti privi di manutenzione o completamente abbandonati al degrado.

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La chiamano civiltà, una parola che risuona in modo roboante se pronunciata all’interno di un contesto pubblico, magari durante qualche discorso fatto da un palco sul quale si alternano politici, massmediologi o sedicenti esperti di qualcosa.

Abbiamo esasperato il nostro modello di “CIVILTA'” deformandone il significato.

The Urban Dead - Stefano Saldarelli

Il mio THE URBAN DEAD fotografa un lato della mia città, Prato, ma rappresenta anche “il lato oscuro” di molte altre città METROPOLITANE – adesso si chiamano così – sparse per il nostro stivale (e non solo).

Metropolitane… fa più figo chiamarle in questo modo, edulcora la decadenza dilagante proiettandole in uno futuro lastricato di demagogia e di appalti che non guardano di certo all’interesse dei cittadini. Cementifichiamo all’insegna del progresso snaturando sempre più il rapporto tra uomo e natura, come se l’uomo di per sé non facesse parte di questo grande e delicato sistema che si chiama NATURA.

Siamo parte di un grande sistema e anche le cose che ci appaiono piccole o “insignificanti” hanno delle ripercussioni su scala globale.

Siamo la civiltà che respinge gli immigranti o che deve discutere con le DEMOCRAZIE CIVILI per stabilire le sorti di poveri sciagurati, diventati tali per mano dei governi di quei Paesi che adesso rifiutano il prodotto del loro stesso operato.

Siamo la civiltà che emargina gli emarginati, che produce emarginazione e che istiga alla solitudine.

Siamo la civiltà che si adopera per arricchire i ricchi e impoverire sempre di più le classi meno abbienti.

Siamo la civiltà delle contraddizioni che sviluppa il proprio benessere attorno al concetto di CONSUMO, che di per sé è un termine negativo e che di fatto può solo produrre cose negative.

Siamo la civiltà delle persone che muoiono per l’inquinamento, per mafia, per corruzione, per affari sporchi che partoriscono cantieri e altri appalti mangia soldi.

Siamo l’Italia di Italia ’90 – per partire con un esempio tra i tanti – che passa poi dai Mondiali di nuoto di Roma, alle Olimpiadi invernali di Torino, con l’esperienza di Tangentopoli che crea il modello degli scandali di Roma Mafia Capitale, Mose di Venezia, Expo 2015

Allora mi chiedo… chi è più ZOMBIE? Chi sono i “veri morti viventi”? Noi o quelli delle fiction o dei comics?

THE URBAN DEAD – Liberi di volare o imprigionati senza saperlo?

Questo è il mio THE URBAN DEAD:

 

Questo è l’intro della serie televisiva The Walking Dead da cui ho preso ispirazione:

e adesso… tutti a vedere I Griffin per sdrammatizzare un po’ 🙂


 

Approfondimenti e crediti:

  • The Walking Dead – sito ufficiale 
  • La traccia audio utilizzata nel video è: Main Title Theme Song (UNKLE Remix) – The Walking Dead Soundtrack – Bear McCreary
  • The Walking Dead su Wikipedia
  • Le riprese di THE URBAN DEAD sono state realizzate con Smartphone SONY Xperia Z e NIKON D5200 – Montaggio video con SONY VEGAS 12
  • Ringrazio Antonella Manganelli (mia moglie) e Francesco Galati (grande amico) per l’assistenza e il supporto materiale e morale nello sviluppo di questo progetto.
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Il drone sul vulcano pratese

Qualche mattina fa ho deciso di effettuare qualche test col mio drone. Di solito il mio “campo di volo” è il parco antistante casa mia. L’area verde adiacente all’ex fabbrica Banci, a Prato.

Come spesso accade quando effettuo questi test, vista anche l’ora in cui li faccio, di solito la mattina sul presto, vengo avvicinato da alcune persone che portano a spasso il loro amico a quattro zampe. Loro escono col cane, io col mio drone…

In volo col mio drone sugli amici a quattro zampe
In volo col mio drone sugli amici a quattro zampe

Mentre mi accingevo a collegare i cavi ai connettori, verificare la trasmissione video, controllare i vari dispositivi, ecc. mi si avvicina una signora col suo bel cane. Si ferma, mi guarda e gentilmente mi chiede:

“Scusi, ma cos’è” indicando il mio esacottero ancora immobile a terra.

“E’ un drone che serve per effettuare riprese foto e video dall’alto”, le rispondo io.

“Ma vola?!”

“Sì, signora, vola e con questo si comanda da terra”, mostrandole il radiocomando che avevo in mano.

“Ma qui che ci fa?” mi chiede la signora.

“Effettuo dei test sulla trasmissione video ed altre cose che ho modificato e che devo verificare in volo”, le rispondo.

“Ma che si può riprendere?” mi chiede lei.

“Quello che si vuole Signora. Lo uso per lavoro. I droni sono impiegati in vari ambiti; io lo utilizzo, tra l’altro, per promuovere strutture turistiche”. Provo a risponderle così perché non sai mai chi hai davanti, magari la signora è proprietaria di un B&B nel Chianti o conosce qualcuno che ha un bell’agriturismo in Maremma, chi lo può mai dire. Quindi proseguo su questa linea: “Pensi di poter riprendere dall’alto la propria struttura ricettiva inserita nel contesto paesaggistico che la circonda. E’ molto suggestivo”.

Attendo una qualche risposta, pensando ingenuamente di potermi sentir dire “Caspita, bello, ho un casolare verso Artimino che vorrei promuovere…”

Invece, con un tono entusiasta, quasi fanciullesco esclama:

“Quindi potrebbe riprendere anche un Vulcano!”

A quel punto ho esitato qualche istante prima di darle una risposta, e cercando di restare sul cortese, ho riflettuto un “nano secondo” in più per poi dirle: “Certo Signora! Anche un vulcano… (pausa) Magari a Prato non se ne trovano tanti ma di sicuro in Sicilia qualche collega avrà pensato di fare una capatina col proprio drone sull’Etna.”

La signora mi ha guardato, mi ha ringraziato e si è incamminata col suo cane verso l’interno del parco borbottando qualcosa fra sé.

Mentre stavo ripensando al curioso incontro mi sono chiesto del perché voleva mandare il drone proprio su un Vulcano. Con tutti i posti che potevano venirle in mente… un vulcano, assurdo! A Prato poi… ma come si fa solo a pensarlo??”

Chiuso quell’episodio ho effettuato i miei test col drone e poi, soddisfatto, sono rientrato a casa. Accendo il mio PC per trasferire i files video appena girati e, per ingannare l’attesa, apro il mio browser per leggere la posta su GMail. Come ogni giorno, anche più volte al giorno, mi arrivano le news sui droni da Google. Stamani, incredibile, non volevo crederci, tra le notizie che mi sono arrivate ne ho trovata una con questo titolo “Spedire un drone in un vulcano attivo e filmare tutto. È successo a Vanuatu e le immagini sono da brividi”.

Pensavo di essere vittima di una candid-camera. Ho cliccato sulla news e si è aperto questo articolo a cui era collegato l’incredibile video che potete vedere qui sotto:

E’ una storia che analizzata a posteriori ha dell’incredibile. Posso solo dire di aver imparato qualcosa di nuovo dalla vita: mai mettere limiti alla fantasia, all’audacia e alle capacità umane. Questo in riferimento a quanto si evince nel vedere il video. Poi, se vogliamo trarre un insegnamento dall’incontro con la signora: “Mai giudicare dall’apparenza. Anche l’affermazione più strana e apparentemente più ingenua, può essere foriera di idee e spunti interessanti”.

Bè, è stata una bella mattinata, direi “espolsiva” 🙂