OK, mi arrendo. Sono vecchio e forse anche un po’ bacchettone.

Cosa vuol dire essere “anticonformisti”? Rompere le regole? Provocare? Gridare fuori dal coro? Fare quello che gli altri non fanno?

In linea di massima questo e molto altro ma solo se lo si fa con convinzione.

In generale non credo all’anticonformismo nella pubblicità. Come non credo al buonismo o ai messaggi intrisi di sentimenti, parlo sempre di pubblicità. Dico solo che nella comunicazione, quella che nasce per convincere qualcuno a comprare qualcosa, ogni azione è studiata affinché quel “qualcuno” possa avvicinarsi il più possibile a quel “qualcosa” e, nella migliore delle ipotesi, che decida di comprarsela. Male che vada si ricorderà di quel messaggio, del prodotto in questione e, ricordandogli pedissequamente che quel prodotto fa proprio per lui/lei attraverso spot su spot, prima o poi, ci scappa che lo acquisti. Un tempo si diceva “la pubblicità è l’anima del commercio”…

In questi giorni ho visto alcuni spot della disegual, la nota marca spagnola di abbigliamento uomo, donna, bambino e accessori vari. Sono spot che si rivolgono prevalentemente ad un pubblico femminile, giovane, sicuramente anticonformista, il cui claim, o nel caso specifico l’hashtag utilizzato, è: #voglioosare.

Ovviamente nell’universo di certi creativi il concetto di “osare” non si spinge oltre all’argomento sesso, in tutte le sue forme ammissibili negli spazi pubblici. In effetti negli spot 2013 della disegual , il concetto di “osare” è palesato in vari modi: dal bacio saffico, agli atteggiamenti provocanti delle fanciulle, alla presenza di una confezione di profilattici tirata fuori dalla borsetta da una ragazza, fino ad arrivare, udite, udite, al vibratore dimenticato nel letto tra le lenzuola che viene riposto dalla tipa prima di uscire di casa.

Ora… tutto questo… serve davvero per promuovere un brand o un prodotto? Probabilmente sì se si chiama disegual, famosa per aver realizzato campagne “fuori dagli schemi”. Alcuni anni fa in Spagna lanciò: “entra nudo esci vestito” una campagna promozionale grazie alla quale potevi recarti presso un negozio disegual solo coperto della tua biancheria intima e uscire completamente rivestito con capi disegual a costo zero. Il successo fu tale che fu replicata in altri negozi e in altri Paesi.

Mio personalissimo parere, temo che l’estremizzazione del concetto disegual (quindi non uguale, diverso) porti a cercare solo strade che giungano alla fine sempre nello stesso luogo. C’è proprio bisogno di sdoganare tutto? Osare significa proprio vestirsi in modo provocatorio, uscire di casa con i preservativi in borsetta, mostrandoli prima altrimenti nessuno ci crede, o baciando sulla bocca la propria partner dello stesso sesso?

Stiamo sempre parlando di abbigliamento…

Ma osare di che, poi? Basta guardarsi attorno per vedere quello che disegual vuol far passare per “eccezionale”. Sui propri canali web si rivolge direttamente alle proprie clienti invitandole a raccontare cosa gli piacerebbe osare nel 2014 mettendo ancor più pepe nella propria comunicazione aggiungendo frasi del tipo: “Questo Natale lascia a casa il pudore!” o “Lei ha osato, e tu?”.

Poi, incredibilmente, scopri che tutto questo “osare” è solo l’ennesima genialata creativa che deve in qualche modo essere ridimensionata per cercare di vendere un prodotto che alla fine deve essere acquistato anche dalle ragazze meno audaci. Ma non solo… vi ricordate che il brand in questione produce abbigliamento per uomo, donna e anche BAMBINI??? . Quindi, tocca in qualche modo fare dietro front e mitigare quell’osare per ricondurre la comunicazione ad un livello più “family”. Ecco che sul sito dell’azienda troviamo frasi del tipo: “Copriti con gusto” o dove puoi trovare sezioni in cui le “T-shirt che attivano il tuo lato audace” altro non sono che maglie con disegni fantasia di tipo Jacquard. E chissà che cosa mi immaginavo…

Trovo un po’ di incoerenza in tutto questo e non vedo quell’anticonformismo che disegual vorrebbe far emergere per DNA. Ma che ci volete fare… se la pubblicità è l’anima del commercio va visto quell’anima come ce l’hai veramente. Se in fin dei conti sei solo un bravo ragazzo, quello resti, anche se ti metti i jeans strappati.

E comunque ribadisco quanto ho riportato sul titolo di questo post “Mi arrendo. Sono vecchio e forse anche un po’ bacchettone.”

Crediti e approfondimenti:

Pubblicità

Lo spaventapasseri ci prova con le mamme. Occhio papà!

Ho visto… spot in cui gli spaventapasseri non sono più quelli di una volta. 

Ho_Visto_CoseUn tempo erano umili figure relegate in campi coltivati, creati col solo scopo di tenere lontani gli uccelli dalle sementi o, nella migliore delle tradizioni letterarie, accompagnavano Dorothy dal Mago di Oz per chiedergli di tornare a casa.

Oggi invece, nella pubblicità, lo spaventapasseri ci prova con le mamme ed evidentemente la sua nuova duplice missione punta a “spaventare” solo alcuni passeri… quelli dei babbi e ad entrare in gioco “lui”, quando le mamme ne hanno più bisogno .

Così, da un’immagine romantica, forse un po’ desueta, adesso lo spaventapasseri 2.0 trova il suo momento mediatico diventando protagonista di uno spot in cui dà il meglio di sé attraverso frasi e atteggiamenti ammiccanti degni di un “tronista” della migliore “tradizione mariana” (ovviamente in questo caso non c’è alcun riferimento alla vocazione religiosa).

Dedicato a quei babbi che avrebbero altro a cui pensare che preoccuparsi dello spaventapasseri. Dedicato alle mamme che non hanno bisogno dello “spaventapasseri”. Dedicato soprattutto a quei pubblicitari a cui piace mettere un po’ di sesso ovunque, anche nelle merendine, altrimenti non si sentono realizzati.

“Posso aiutarti, mamma?”

Lo spot:

Le immagini:

Spaventapasseri della Kinder Cereali
Spaventapasseri della Kinder Cereali