C’è un’età in cui la loro immaginazione non ha confini

E’ vero ma quei confini non andrebbero mai eretti, a nessuna età.

Ebbene sì, lo dico senza timori. Sono stato a Disneyland Paris una decina di volte. Lo so, c’è gente che usa altre sostanze, io mi faccio di parchi di divertimento e in particolare Disneyland Paris. Quando vado in astinenza e non posso andarci, fino a qualche tempo fa optavo per Gardaland. Ultimamente però mi ha deluso, troppo caotica e privata di tutte le atmosfere che la caratterizzavano. Decisamente tutt’altra cosa MovieLand Park. Molto più a dimensione di persona, divertente e curata in ogni dettaglio, anche se decisamente più piccola rispetto alla vicina Gardaland. In questo caso però, le dimensioni non contano 🙂

Chi lo ha detto che da adulti non si può vivere “la magia”? Si, non è una cosa facile, lo ammetto. Dopotutto, per un bambino è più naturale e soprattutto non sei costretto a tirar fuori il portafogli per entrare nei parchi di divertimento e spendere delle cifre che ti fanno svanire tutta la magia ma… pensate un attimo, solo un attimo, a quel bambino o bambina che è sempre dentro di voi. E’ lì, da qualche parte che cerca solo l’occasione giusta per saltare fuori e farvi vivere emozioni incredibili.

Disneyland è un posto dove almeno una volta nella vita dovrebbero andare tutti. Ci vuole l’atteggiamento giusto per frequentare un ambiente simile. Questa è la condizione imprescindibile senza la quale trasformerete la vostra vacanza al parco in un delirio di ipercriticità esponenziale con relativo abbrutimento.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Allora… Disneyland Paris è un atteggiamento mentale, più che un luogo. Lasciate perdere per un momento il business, le questioni commerciali che sostengono l’impresa Disney, lasciate perdere il concetto di “finzione”, mandate a fare un giro tutto ciò che la logica e il raziocinio vi impongono. Se partite con mille preconcetti è meglio che restiate a casa. Se vi fate troppe domande, non varcate la soglia di quel portale incantato che separa il mondo dei “NO” da quello del “CHE BELLO!”

Disneyland Paris, somministrato agli adulti, induce progressivamente uno stato di diffuso benessere. Provoca una piacevole sensazione di appagamento con conseguente allontanamento, momentaneo, dei problemi quotidiani della vita.

Fermo restando che crediate nella “magia” che in realtà è dentro di voi e si chiama “voglia di divertirsi e sognare un po’”.

Ricordo perfettamente un episodio singolare che negli anni mi ha fatto riflettere sugli effetti di un’immersione totale a Eurodisney nei confronti degli adulti.

Anni fa, con mio moglie, all’epoca solo fidanzata, in una delle numerose volte che ci siamo recati a Eurodisney, incontrammo all’aeroporto una famiglia italiana che si recava al parco, come noi. Eravamo all’Aeroporto Charles De Gaulle, appena scesi dall’aereo. Al ritiro bagagli incontriamo questi 4 avventurieri: due bambini e i genitori. Il padre, lui, proprio lui, il classico “omino”, l’avete presente il tipico impiegato, un po’ stempiato, grigio, serio, con giacca e cravatta, che non si scompone davanti a nulla e nessuno… “Lui”.

Per una serie di strane coincidenze, durante il nostro soggiorno a Disneyland Paris, abbiamo incrociato diverse volte questa famiglia lungo il nostro percorso nel “bagno di magia”. Quell’uomo, col passare dei giorni, ad ogni incontro, si trasformava. Prima senza la cravatta, con la giacca sbottonata, poi apparvero segni di rilassamento nelle espressioni del volto e, verso la fine del soggiorno, ci regalò un sorriso che pensavamo di non riuscire mai a vedere.

La cosa più incredibile si verificò il giorno della partenza dal parco. Stesso destino per entrambe le famiglie. Noi due da una parte, stracarichi di energie positive, rilassati, appagati, felici e loro quattro dall’altra, incredibilmente trasformati. Si leggeva distintamente in ciascuno di loro l’effetto magia e rilassamento impresso nei volti. La cosa che ci fece riflettere e ricordare quell’episodio ancora oggi, fu la trasformazione di quell’uomo. Quel padre di famiglia che fino a tre giorni prima era probabilmente uno dei tanti in quel remoto ufficio, magari seduto a quella scrivania, schiacciato dai propri doveri e problemi quotidiani che…

…incredibile…

Ve la voglio descrivere bene perchè merita. Siamo in attesa del pullman che ci deve trasferire dal parco Disney all’Aeroporto Charles De Gaulle per tornare a Firenze. Pensilina, marciapiede. Noi fermi con i nostri bagagli che parliamo delle meravigliose giornate trascorse al parco. Dopo pochi istanti arrivano loro, la famigliola italiana. La moglie felice con le borse piene di gadget a tracolla, i due bambini entusiasti, ognuno con un copricapo in peluche raffigurante uno il musetto di CIP e l’altro quello di CIOP, e il padre… Ebbene, quell’uomo era diverso, trasformato. In testa aveva un copricapo in peluche raffigurante Pluto, con tanto di orecchie giganti che penzolavano dalle parti. Il volto era illuminato, scherzava con i figli, rideva, il suo corpo si muoveva accennando movenze dettate da coreografie recitate da personaggi visti al parco fino a poco prima. Era senza la cravatta, un po’ stropicciato ma meravigliosamente vivo e felice.

Saliamo in pullman, ci sediamo e ogni tanto butto l’occhio verso l’allegra famiglia. Sorridono, parlano sono tutti avvolti da un’aura di felicità. Arriviamo a destinazione, il pullman si ferma, scendiamo, svolgiamo tutti gli adempimenti necessari per effettuare l’imbarco. Ci sediamo nella sala d’aspetto antistante il gate d’imbarco e attendiamo. Continuo a sbirciare la famigliuola e ad un certo punto vedo la moglie che si rivolge al marito. Lei gli dice: “ma.. il cappello!” guardando la testa del marito che calzava ancora il peluche che ritraeva il muso di Pluto. Lui si blocca un istante. Riflette, alza le mani per portarle verso il copricapo, lo afferra, lo toglie e il suo volto cambia. Come se le luci, forse non tutte, ma molte di quelle che si erano accese in lui, si fossero spente. Il volto torna ad assumere le espressioni di un tempo e la magia comincia a svanire.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Non so se quell’uomo sia più tornato con la propria famiglia a Disneyland Paris. Penso però che qualcosa in lui, almeno in quei tre giorni, fosse cambiato e voglio pensare che qualcosa in lui sia comunque cambiato per sempre, quantomeno che abbia ritrovato la strada per giocare, almeno qualche volta, col bambino che è in lui, oltre che assieme ai propri figli.

Quindi, quando vedo questo spot:

Non posso fare a meno di pensare a tutti quei momenti magici che ho vissuto a Disneyland Paris, ai ricordi che mi restano, alla voglia di giocare ancora con quella parte di Stefano bambino e a tutti quei grandi che ho visto gioire e sorridere perchè hanno avuto coraggio di mettersi in gioco e voler tornare, almeno per un giorno, ancora bambini.

C’è un’età in cui l’immaginazione non ha confini… LA TUA! 🙂

 

3 pensieri su “C’è un’età in cui la loro immaginazione non ha confini

  1. Leo

    Forse la tua visita a Disneyland ai tempi ti aveva tolto quell’insopportabile voglia che abbiamo tutti (io compreso) di catalogare persone e cose ?
    Avere una famiglia vuole per forza dire che abbiamo un problema da qualche parte (debiti, bollette…) ? Avere una scrivania implica che non si possa avere una vita normale o che in ufficio siamo di sicuro tristi ? “Stempiato” è un difetto o il risultato di una condotta di vita ? E’ indice di qualcosa o forse un indelebile marchio di fabbrica ? Esistono anche dei capelloni insopportabili e insofferenti alla vita.

    Magari, lui (l’impiegato stempiato) è sempre stato così, allegro e sorridente, e Disneyland ti ha pian piano tolto gli strati di prosciutto per farti vedere la realtà così come è.
    O forse si era accorto che continuavi a sbirciarlo, fissarlo, catalogarlo, come hai fatto per tutta la sua vacanza: “o no, ancora lui, i media dicono che stia arrivando un fenomeno chiamato internet, e lui farà di sicuro il blogghettaro”, e quindi si è intristito.

    Dici che dovrei farmi una visita a Disney pure io ? 😀

    "Mi piace"

  2. riccardo saldarelli

    in questi gg ho un pò trascurato il tuo blog ma questo pezzo mi ha immediatamente attirato … una parola è poca due sono troppe … miticoooooooooooooooooooooooooo … per mè suona come un positivo contributo ad una definizione del significato ARTE, per quello che è forse il suo valore principale: l’interazione col fruitore, brutta frase che riformulo “ricadute sull’osservatore”, brutta anche questa forse suona meglio : quando l’arte stimola l’immaginazione, quindi la parte creativa che esiste per reciprocità tra l’opera realizzata e il soggetto ricevente ……. mi fermo qui ….. bravissimo Stefano

    "Mi piace"

Lascia un Commento, grazie!

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.