StarWars bubuSETTEte. Più che “Il risveglio della forza”…

…è “L’assopimento della platea”

Trama:

Ci sono dei cattivi, tanto cattivi, che minacciano la galassia. Costruiscono un’innovativa, micidiale indistruttibile arma di distruzione di massa simile alla Morte Nera presente in StarWars IV o somigliante anche a quella in StarWars VI; insomma, è proprio quella ma più grande, ha pure il solito buco fatto di proposito per distruggerla senta troppa fatica.

Bel progettone davvero, originale ed efficientissimo. Dopotutto ‘sti “operatori del male” non avevano mai provato “roba simile”, no? Vorrei proprio sapere chi è l’architetto dei cattivi di StarWars. A confronto Calatrava ha ricevuto meno critiche per i suoi progetti.

Poi…

Ci sono i buoni, tanto buoni ma anche ribelli. Si ribellano ai cattivi che non sono più quelli dell’Impero Galattico ma adesso sono quelli del Primo Ordine, una sorta di PD di concezione Renziana; più fighi e moderni rispetto all’Impero. Pare che facciano tanto ma in realtà chiacchierano e basta, anche se a chiacchiere fanno comunque parecchi danni, proprio come il PD.

Insomma, dicevo, ci sono i buoni che non vogliono che i cattivi distruggano la galassia. Questi buoni, che sono i soliti ribelli degli altri film di StarWars con l’aggiunta di qualche altro proselite, hanno una base su un pianeta e si organizzano per fare un attacco al pianeta stile Morte Nera partendo dalla loro base che in questo capitolo della saga non è su un pianeta di ghiaccio, come ne “L’impero colpisce ancora”, ma è su un pianeta nei pressi di Londra… almeno lì si trova la location dove hanno girato la scena. Insomma vogliono sferrare un attacco a quella non Morte Nera travestita da pianetone. Stesso centro di comando, stessi personaggi, più o meno, con qualche decennio in più sulle spalle ma la situazione è pressochè immutata.

Poi c’è una “fighetta”, neppure tanto ma è pur sempre una che fa la fighetta cercando di essere anche un po’ maschiaccio. Vivacchia sul suo pianeta desertico che pare Tatooine ma non è Tatooine.

OK, però è desertico ugualmente.

Sì ma è un altro.

Ma con tutti i pianeti che potevano inventarsi nell’universo StarWars dovevano farne un altro desertico pressoché identico a Tatooine?

rey-star-wars-force-awakens-163332Evidentemente sì. Comunque, bando ai granelli di sabbia, la “moderata fighetta” si mette occhiali e copricapo a turbante per coprirsi testa e volto quando si aggira negli interni e si toglie tutto quando è fuori in piena luce solare ed esposta alle sabbie del deserto e alla guida del suo Speeder Bike.

daisy-ridley-as-reySì lo sai, è alla luce che è più fighetta del solito, al buio non si vede tanto e quindi può anche indossare qualcosa che le permetta di essere un po’ più alternativa underground compilation

Ok… allora lei raccoglie rottami, a differenza di Luke Skywalker in StarWars III che faceva il contadino su Tatooine.

Vedi? Qui c’è la differenza. Lei fighetta che raccoglie la monnezza e lui è ì biondino che fa il contadino, fa anche rima.

SSSSì.. Fammi continuare, dai.

Allora dicevo: lei raccoglie i rottami di astronavi imperiali precipitate sul suo pianeta.

E che ci fanno le astronavi imperiali sul pianeta della fighetta?

Intanto cominciamo a dare dei nomi: la fighetta si chiama Rey. Quindi, Rey raccoglie questi rottami e… lascia perdere del perchè sono cadute le astronavi imperiali sul pianeta di Rey che si chiama Jakku; come Jocca ma con due “K” e la “u” finale.

Quindi… su Jakku, Rey sopravvive raccogliendo questi rottami e rivendendoli al solito mercante di roba vecchia stile Watto in StarWars I ma più grosso e senza ali. Quindi Rey, una volta legata alla poltrona del cattivo di turno, scopre che ha la forza.

Sieee, bella forza! O come mai tutti i Jedi si fanno un mazzo così per imparare a sentire e usare la forza e lei su un lettino, prende e si sforza così?? Senza sapere neppure cosa sta facendo?!?!

Si ma lei è figlia di qualcuno che aveva la forza, tanta forza e quindi…

Di Yoda! E’ figlia di Yoda, dai!

Ma come fa ad essere figlia di un nanerottolo verde, su! Ti ho detto che è fighetta, allora non mi ascolti.

Allora è figlia di Leila, sì, sì è figlia di Leila e di Luke Skywalker.

Ma come fa ad essere figlia di Leila e Luke? Sono fratelli! Ma sei fuori di testa? Sono entrambi Skywalker o quasi.. urca! Leila fa Organa di cognome; ah no! solo nella versione italiana, in realtà sarebbe Leila Amidala Skywalker.

Allora è figlia di, diiiiiii …. non lo so, mi arrendo.

Ecco, allora lasciami continuare, tanto non ci si capisce nulla lo stesso.

Stewie_as_VaderDicevo che lei, dopo tante peripezie, si trova su un letto, legata, prigioniera del cattivo che non è Dart Fener e neppure Dart Vader e neanche Burt Simpson o Stewie dei Griffin. E’ uno che salta fuori così, alla chetichella… Si chiama Kylo e nonostante il nome non è riuscito a far PESARE il suo carisma. Diciamo pure che aveva più carisma Stewie dei Griffin quando impersonava Dart FenVaderetrocome cavolo si chiama…

kylo-ren-headerComunque, il cattivo c’è, ha una maschera e fin tanto che se la tiene, e non si sa neppure perchè la tenga, è un gran cattivo. Ha anche la vociona. Poi Rey che non si fa gli affari suoi lo sfida a togliersela e lui se la toglie. Un uomo tutto d’un pezzo, non c’è che dire.

In sala eravamo tutti in trepida attesa. Un silenzio glaciale era calato tra il pubblico in attesa di vedere il volto di Kylo e poi…

Ma KyLo ha mandato questo qui?

Ha una faccina a ragazzino, ha pure i nei in volto. Se non fosse per i capelli lunghi assomiglierebbe proprio a Renzi. Questo film mi sembra sempre più la Leopolda.

star-wars-7-kylo-ren-unmasked-picComunque Kylo si è tolto la maschera e ha fatto la frittata. Oramai è fatta e ce lo dobbiamo tenere. Quindi abbiamo pure un cattivo che non ha carisma e col volto di un ragazzotto che si è tolto il casco appena sceso dal motorino e che ostenta le sue belle orecchie a sventola.

Però ha una spada laser che è una roba pazzesca. Spara fiamme rosse e ha pure l’elsa dalla quale si sprigionano altre due fiamme rosse laserate. Nel senso che sono dei laser ma talmente “cattivi” che hanno pure le fiamme.

Allora con questa spada fighissima spacca tutto?

Si, soprattutto gli arredi delle sue astronavi. Sei com’è, il ragazzo è un po’ irascibile, è giovane ma anche vanitoso e presuntuoso. Mi ricorda proprio Re… vabbé, lasciamo perdere questo argomento. Comunque Kylo si arrabbia spesso perchè nessuno lo caga.

Ma come?!

Sì lui vuole fare cose, dire cose, spostare cose ma i suoi soldati gli danno poca retta a cominciare da Finn.

finn-john-boyega-1150x600Finn? Huckleberry Finn??

No Finn, il tesserato che si è ribellato al PD… no scusa, quella è un’altra storia. Finn è un soldato del Primo Ordine che si ribella al Primo Ordine perchè non gli piace mettere Ordine come vogliono fare i cattivi del Primo Ordine.

Chiarissimo!

Finn è un nome che gli è stato dato da Poe Dameron, uno dei ribelli buoni che va a giro con i Caccia ala ad X o X-Wing, se lo vuoi dire alla Lucas. In realtà Fin si chiama FN-2187 ed è un soldato.

Allora è un clone come in StarWars II?

No non è proprio un clone, anzi dovrebbe essere un umanoide ma non ho ben capito di quale razza, sicuramente non caucasica.

Ma Finn che fa?

Scappa poi combatte, poi flirta con Rey ma come in ogni “buon script” che si rispetti quando c’è un gioco di coppia, prima i due si odiano e poi dopo si amano.

Ma allora come Luke e Leila?

Hummmmm! Ti ho detto che i due sono fratelli, anche se “pareva” che flirtassero in StarWars IV. Leila amava Ian Solo.

Ah!.. Ok

Quindi Finn aiuta Rey a fare cose mentre scappano, vanno da un pianeta all’altro e incontrano Edna Mode.

Chi, quella de Gli Incredibili?

Maz-Kanata-1Sì, più o meno, dopotutto StarWars II è della Disney, come Gli Incredibili. Probabilmente alla Pixar Animation Studio avanzava qualche modello 3D di Edna e lo hanno utilizzato per realizzare Maz Kanata, la “locandiera” o “piratessa” spaziale che accoglie il mal’assortito gruppetto di sedicenti buoni della galassia che si accingono ad andare alla base dei ribelli.

Maz Kanata li riceve all’interno di un bar, tipo la Cantina in StarWars IV ma con altri personaggi alieni, simili a quelli della Cantina ma comunque diversi e c’è uno in particolare che sembra Jabba the Hutt con tanto di “donnina allegra” al suo fianco, stile Leila incatenata come compare ne Il Ritorno dello Jedi.

Ma che fa ‘sta Kakata?

Kanata, ho detto Kanata! Già assomiglia a Edna Mode de Gli Incredibili, ad una delle bambole di pezza di “9” o al personaggio Abe Sapien di Hellboy, poi la chiami anche Kakata…

Insomma, Kanata dice cose al gruppetto di turisti e fa in modo che Rey trovi la spada laser di Luke Skywalker che riponeva nella cantina della Cantina in attesa che qualcuno venisse a prendersela.

E che ci fa Rey con la spada laser di Luke?

Si spara un film che è un mix tra il suo passato e una proiezione del futuro, o roba simile. In pratica, come la trova la afferra e nel momento in cui la tocca parte un trip pazzesco di immagini. Diciamo che è da qui che anche lei sospetta che non deve essere tanto normale.

Ma scusa, i vecchi personaggi come Ian Solo, Chewbacca, R2-D2, C-3PO, Leila, Luke, che fine hanno fatto?

Ci sono, ci sono, chi in buona forma, vedi Chewbacca, e chi risente degli anni. Comunque, Ian Solo è tornato a fare l’azzeccagarbugli insieme a Chewbacca. Entrambi vengono reclutati, loro malgrado, da Rey e Finn per andare in cerca della base dei ribelli per consegnare una parte di una mappa spaziale nascosta dentro BB-8 che dovrebbe mostrare dove si è nascosto Luke Skywalker; unico, pare, Jedi della Galassia (almeno tra quelli che hanno il patentino).

BB-8_su_JakkuBB-8?

Sì, è il nuovo droide astromeccanico “palliforme” presente in questo film. Il nuovo trastullo per gli spettatori e il Santo Graal del merchandising Disney.

Dentro BB-8 c’è un dispositivo nascosto da Poe Dameron e che contiene una porzione di quadrante stellare che serve a trovare Luke. Un po’ come accadde tra R2D2 (alias C1-P8 per gli italiani) e Leila che voleva inviare un messaggio a Obi-Wan Kenobi senza farlo finire nella amni dell’Impero; lo inserì in R2D2 e lo mandò a giro per la galassia fin tanto che il droide non raggiunse Obi-Wan Kenobi.

Noi abbiamo gli smartphone e un sacco di altri device che ci connettono costantemente tutti ovunque ci troviamo e “loro”, in una galassia lontana lontana, in un’indefinita data nel futuro, per inviarsi un messaggio devono ricorrere ad un espediente tipo messaggio in bottiglia dove la bottiglia viene sostituita da un droide… Boh! Comunque, il robot palla fa il suo dovere, chi non lo fa è C-3PO.

O questa? Perchè non fa il suo dovere?.

Ma che devo dirti… nel vedere una porzione della mappa contenuta in BB-8 non riesce a confrontarla con nessuna altra mappa stellare contenuta nel suo database. Quando invece R2-D2 si riattiva, dopo una ricarica durata tutto il film, e proietta un’immagine della galassia in cui manca solo il pezzetto che custodiva BB-8, tutto diventa chiaro e comprensibile. Non è che il pezzetto in questione fosse ripiegato tipo origami o fosse sbriciolato e rimescolato in milioni di pezzi, era solo un tassello, tipo puzzle, facente parte di un’immagine più grande. Il droide protocollare non è riuscito a capirci una mazza.

Va bé, insomma, dai, te lo dico… Leila ha tromb… con Ian Solo ed è venuto fuori questo gioiello di ragazzone che è Kylo Ren che voleva fare lo Jedi. Poi sai come vanno a finire queste cose: trovi certi amici, ti fanno storie, conosci qualche ragazza, fai tardi la sera e ZAC! Rinneghi tutto e passi al lato oscuro della forza facendoti un tuo club con tanto di distintivi, affiliati e astronavi galattiche.

Ma chi cacchio gli dà i soldi per fare tutto questo?

Le tessere di partito e i due euro quando fai le primarie, di solito funziona così; poi ci metti qualche festa del Primo Ordine, dove trovi i volontari a vendere tortellini e rosticciane, e il gioco è fatto. Poi ci sono le coop e con quelle lo sai che ci puoi fare tanti soldi. Comunque Kylo Ren si fa il suo bel Impero 2.0 anche perchè alle sue spalle c’è qualcuno di grosso che lo protegge e lo addestra a modino.

Chi? le banche?

star-wars-il-risveglio-della-forza-andy-serkis-smentisce-una-teoria-248692-640x360Macché banche è il Leader Supremo Snoke, alla faccia della modestia… Una sorta di mega ologramma che ogni poco incalza sulla nullafacenza di Kylo Ren e invita a giocare alla guerra il Generale Hux dell’armata del Primo Ordine. Hux è un guerrafondaio che mal se la star-wars-the-force-awakens-domhnall-gleesonintende con Kylo col quale ingaggia spesso dei battibecchi che paiono usciti da Modern Family ma in compenso è tanto bravo ad intrattenere le folle di soldati a cui dispensa discorsi da vero leader fatti di bla e altri bla e perchè noi siamo così e loro sono cosà… Insomma, la solita roba che si sente alla Leopolda.

Comunque, PD a parte, anche qui ci sono botte e schianti ma gli unici due colpi di scena sono…

Dai! Hai spoleirato fino ad ora e adesso che sei alla fine non mi dici il più?!

Va bene.

Il primo è la morte di Ian Solo per mano del suo amato figlioletto Kylo che in una scena originalissima trova la morte su una passerella che collega due lati di questi assurdi luoghi open space che caratterizzano il nulla degli impianti di morte dei cattivi di turno.

Mi chiedo anche, oltre a chi sia l’architetto citato in apertura, di chi si servono i cattivi di StarWars come consulenti per la sicurezza sul lavoro. Mai che ci fosse una ringhiera, un parapetto o due cartelli tipo “attenzione pavimento bagnato” nei pressi dei mega baratri che si aprono in ogni dove all’interno di questi altrettanto mega ambienti inutili ma che fanno tanto: “oh! Si vede che abbiamo soldi e siamo potenti, vero?”

Il secondo vero colpo di scena è la suddetta ciulata tra Solo e Organa da cui è nato, appunto, quel capolavoro di kylo.

Questo me lo avevi già detto.

E lo so ma non c’è mica tanto altro, sai?

Diciamo pure che chi ne esce veramente bene in questo settimo capitolo di StarWars è Chewbacca che ha un ruolo più caratterizzato, ironico e ricco di sfumature.

Ma le astronavi? Almeno quelle ti saranno piaciute?

I modellini della LEGO? Insomma… Lo shuttle di Kylo Ren è la brutta copia dello shuttle imperiale in versione dark a cui sono state tolte le varie stondature e l’alettone centrale dorsale che lo rendevano molto accattivante e moderno. Nello shuttle black di Mr. Kylo, tutto è spigoloso e nero, proprio per renderlo più facile da realizzare con i mattoncini LEGO; altra trovata Disney per dare un bell’aiuto al merchandising.

Le altre astronavi?

Le uniche che si vedono bene sono gli X-Wing dei ribelli e un po’ i caccia TIE del Nuovo Ordine che sono diventati ancora più neri. Gli incrociatori stellari si vedono ma mai nella loro interezza, solo dettagli e mai inquadrature che ne permettano di godere a pieno la loro magnificenza e grandiosità.

OK, e il Millennium Falcon?

Stiga! E’ l’unica macchina che col passare del tempo migliora. Fosse vino lo capirei. Gli stessi eroi di questo StarWars la definiscono un rottame ma nonostante ciò si muove molto meglio rispetto a come lo abbiamo lasciato nei precedenti episodi. Non solo, si permette anche di precipitare sullo pseudo pianeta in stile Morte Nera e non farsi una mazza.

Uffina.. ma almeno i mitici decolli e atterraggi ci sono stati?

Che vuoi decollare… è un po’ come con i droni in Italia. “Tanto rumor per nulla”; non si vede decollare nulla. Una delle cose che davano la sensazione di potenza, di maestosità ma anche di peso e lotta contro la gravità erano proprio i decolli e gli atterraggi del Millennium Falcon come quelli delle altre astronavi viste nei precedenti episodi di Star Wars. In questo tutto si consuma velocemente. Vedi il prima, il dopo e poco o nulla del durante, inteso come atterraggio o decollo vero e proprio.

E va bene, ma almeno Luke Skywalker ha salvato tutto, no?

NO! Credo che a 30″ di presenza in scena non ci arrivi. Non dice una mazza e per giunta si è pure ritirato su uno scoglio, scoglionato pure lui, a non fare praticamente nulla, solo perchè come insegnante Jedi si è dimostrato un fallimento. Facessero così anche i Ministri della Pubblica Istruzione italiana oggi non avremo i problemi della scuola che abbiamo.

Ecco… ci siamo fatti queste due chiacchiere su StarWars VII.

In sintesi ho trovato questo film piuttosto lento nella prima parte e un bel “mappazzone” nella seconda. Mi sono immaginato J.J.Abrams a cui gli veniva detto che avrebbe diretto StarWars. Per non fare cazzate come in Super8 o in Lost che ha fatto? “Copia e incolla” di ciò che ha funzionato nei precedenti episodi riproponendolo in una chiave più attuale. Più che un sequel questo StarWars sembra un remake dei precedenti episodi. Un film a cui manca coralità e magnificenza, privato di quegli ingredienti che ti facevano capire che lo spazio era veramente grande, che era popolato da mondi e creature fantastiche e che tutto aveva un senso perchè quel tutto ruotava attorno al bene e al male alla forza e al lato oscuro di essa. I cattivi erano cazzuti e i buoni erano veramente forti. Ora i buoni sono una ragazzina, un soldato disertore in sovrappeso, un Wookiee e un droide a forma di palla che rotola e sbatte tra un lato e l’altro della galassia. I cattivi sono dei bimbi minchia e un mega ologramma stile LaserShow a Gardaland.

Comunque, diciamo che “andava visto” e che sicuramente, per quanto io, voi, tutti noi possiamo parlarne bene, male, così e così, questo StarWars VII si pone come ennesima pietra miliare nella storia del cinema; gli incassi lo dimostrano e tutto ciò che è stato prodotto e che verrà realizzato in seguito testimoniano quanto sia potente la macchina Lucas, Abrams, Disney…

A me resta solo un lontano, fievole tremito nella forza.

Crediti foto:

Maggie diventa Contagious e forse anche “Celiacus”

Chi si aspetta di vedere Arnold Schwarzenegger nei panni del  “solito Schwarzy” ci resterà piuttosto male…

Contagious_PosterPassano gli anni per tutti, anche per i bodybuilder, per gli eroi, per gli uomini d’acciaio e anche per Arnold Schwarzenegger che come tutti avverte i segni del tempo. Intelligentemente, con Contagious, prova a rimettersi in gioco attraverso un ruolo di attore più consono alla sua attuale fisicità.

Ci prova, attraverso un processo di “deeroinizzazione”, ovvero tramite un percorso che lo porta ad essere “uno qualunque”, un padre che non necessariamente deve essere un eroe per forza (alla Turboman per intenderci) ma lo è nella misura in cui il ruolo del genitore lo porta ad essere per definizione “un eroe” nello svolgere il compito di proteggere il proprio figlio; in questo caso la figlia Maggie.

Arnold Schwarzenegger nel ruolo di Turboman da "Una promessa è una promessa"
Arnold Schwarzenegger nel ruolo di Turboman da “Una promessa è una promessa”

Si cala in un ruolo distante anni luce da quelli a cui siamo abituati a vederlo. In Contagious si priva di ogni corazza o massa muscolare e si veste di amore per la figlia e di speranza per una qualche regressione del necrovirus che ha infettato la sua Maggie.

Nonostante tutto, soprattutto nonostante gli sforzi di Arnold nel cercare di rendere credibile il suo personaggio, né “lui” né il film decollano mai.

La sceneggiatura, curata da John Scott, è portatrice sana (visto che si parla di virus) di numerose falle e la regia di Henry Hobson non riesce a supportare gli sforzi dell’attore, anzi, spesso lo rendono goffo più che provato dal dolore.

Anche la fotografia non convince affatto, basata su schemi ciclicamente ripetuti che vanno dalla quasi totalità delle riprese girate a mano con abuso di “mosso” alle inquadrature del soggetto decentrato su un terzo dello schermo, dai primi piani spinti in cui anche il poro della pelle pare diventare un canyon ai “fuori fuoco” che spesso non capisci se sono voluti o se sono errori di ripresa. Tutto nel vano tentativo di esasperare l’effetto di oppressione, di dramma, di coinvolgimento dello spettatore nella scena ma col risultato che ogni inquadratura stanca divenendo irrequieta, nervosa e difficile da cogliere e da apprezzare.

Lo spettatore non chiede tanto se non di assistere a una storia che abbia un capo e una coda ma ciò a cui assiste è un film “buttato là” che appare come un contenitore che funge solo da pretesto per celebrare un nuovo modo di essere attore per Arnold.

Contagious o Maggie – questo sarebbe il titolo originale del film che ricalca il nome della figlia di Wade Vogel (Arnold Schwarenegger) interpretata da Abigail Breslin – è sempre lì, non va né avanti né indietro innescando nello spettatore un senso di perenne attesa nella speranza di poter assistere, prima o poi, a uno sviluppo o a un colpo di scena che non solo non arriva ma l’attesa finisce per sfiancare portando lo spettatore alla noia e alla stanchezza.

Contagious pare un sequel di se stesso ma con tutte le lacune che si provano a vedere un sequel senza aver visto il prequel.  Tutto è accennato come se ci fosse già stato raccontato in una pellicola precedente guardandosi bene dal dare spiegazioni plausibili e sufficienti per comprendere le origini del dramma.

Si passa da scenari post apocalittici in cui la città, i negozi, gli edifici sono distrutti a situazioni opposte in cui tutto funziona perfettamente, compresi gli smartphone e i servizi pubblici come gli ospedali e le forze di polizia.

Si passa da una città sotto la legge marziale e coprifuoco a un’allegra gita fuori porta tra amici al chiaro di luna, con tanto di tende e zombie tra gli invitati, tra cui Maggie e il fidanzatino Trent (interpretato da Bryce Romero, il cui cognome è tutto un programma), entrambi palesemente infettati ma ancora non zombie da essere pericolosi. Amici sani e malati tutti insieme appassionatamente al campeggio a celebrare vecchi momenti, a parlare di scuola e di futuro ma anche dei compagni e dei professori che non ci sono più perchè oramai deceduti per aver contratto il necrovirus. Ci scappa pure il bacio tra zombie e poi, all’alba, tutti a casa per continuare la propria vita, chi da sano, chi da zombie.

Contagious
Contagious

Si parla di un periodo d’incubazione del virus che mediamente si sviluppa nell’arco di otto settimane, chi più e chi meno, e che l’ultima fase viene di fatto gestita sotto lo stretto controllo del sistema sanitario che obbligatoriamente impone ai “soggetti infetti” lo stato di quarantena coatto in ospedale; fase che poi li accompagnerà alla morte. Durante queste meravigliose otto settimane, tutto è più o meno “normale”, puoi tenerti lo zombettino a casa tua, dargli da mangiare quando ha fame o non darglielo quando non ha fame. L’importante è che tu segua le indicazioni rilasciate dalle autorità sanitarie attraverso l’opuscolo informativo che ti spiega tutto. Se poi lo zombettino ti annusa un po’ troppo di frequente, scambiandoti per una bistecchina alla brace, allora preoccupati, forse il morso ci può scappare ed è arrivato il momento di telefonare alle autorità sanitarie per chiedere di venirselo a prendere…

Non si diventa zombie a caso ma non ci è dato sapere come tutto sia cominciato né come si sia diffuso il necrovirus pandemico. Si fa cenno a qualcosa che viene dal grano, “tanto è vero che ad un certo punto ho pensato che si trattasse di un’evoluzione della celiachia, ribattezzando questo blob in Celiacus” ma poi pare che si propaghi attraverso i morsi di altri contagiati. “Resta però da capire se è colpa di qualche seme di grano modificato OGM della Monsanto o se ha altre origini”. Per non sbagliare, intanto, diamo fuoco ai campi di grano, poi si starà a vedere.

Ecco, nella scena in cui Arnold si decide a dar fuoco al proprio campo di grano (ebbene sì, pare che in questo film faccia il contadino o almeno lo faceva prima dell’epidemia), ho avuto per un attimo un sussulto, una fievole speranza che il film volgesse al meglio. Ho intravisto l’autocelebrazione della famosa scena in Predator in cui Dutch (Arnold Schwarzenegger) attrae Predator per affrontarlo nella battaglia finale dando alle fiamme una torcia e cacciando un urlo primordiale col quale squarcia il silenzio e le tenebre della giungla.

Speranza che di lì a poco si è trasformata in una totale delusione. Il regista non ci dà neppure la “soddisfazione” di vedere la torcia volteggiare sul campo di grano per poi rovinarsi a terra ed incendiarlo. Ci lascia con un “cerino in mano” (è il caso di dirlo) in cui un istante prima si vede Arnold con la fiaccola in mano e l’istante dopo il campo in fiamme; neppure il “gesto atletico”, nessun urlo di disperazione e sfogo per la situazione, nessun Predator -per carità- ma non veniamo neppure ricompensati da una proverbiale e sempre gradita apparizione della “mandria” di zombie incazzati e arrostiti che sfumacchianti avrebbe potuto avanzare incontro ad Arnold arricchendo un po’ il brodo… Nulla, tutto resta immutato, tranne il campo di grano che finisce in fumo e con lui ogni speranza di poter vedere una qualche scena, non dico azione ma almeno, un po’sopra le righe.

Probabilmente questa è l'unica scena in cui la macchina da presa è posizionata su un cavalletto.
Una delle poche, forse l’unica scena in cui la macchina da presa è posizionata su un cavalletto.

Contagious non è un action movie, non è nemmeno un film di zombie alla Romero o alla Walking Dead. Non è nemmeno un film di dell’orrore… insomma, non so cosa può essere. Ci sono gli zombie, pochi, troppo pochi e non sono comunque loro i protagonisti. Non ci sono scene terrificanti o un po’ spaventose o al limite un po’ splatter, nulla di tutto questo.

C”è un padre abbrutito con una figlia zombie e adolescente (non si sa quale sia il male peggiore) che non perde un etto nonostante la “zombite acuta”.

Ci sono campi di grano dati alle fiamme, ovunque e sempre fumanti.

C’è un vecchio furgone pickup, con la cinghia da registrare che cigola, che probabilmente piaceva tanto alla precedente moglie di Wade Vogel, ovviamente morta.

Ci sono due poliziotti, uno buono e uno scemo.

Ci sono dei vicini di casa e degli amici che non si sa bene come siano finiti nella storia.

C’è il fidanzatino di Maggie la cui presenza rende Contagious più simile ad un film stile “american idiots” che ad un film drammatico.

Ci sono dei medici, alcuni con mascherine anti contagio e altri che visitano inalando l’aria espirata dai pazienti infetti come se non potessero essere a loro volta infettati per via aerea.

C’è lui, Arnold… lo si accetta, quasi lo si sopporta ma non gli si riesce a perdonare la totale mancanza di quell’adrenalinico momento di rivalsa che lo ha sempre caratterizzato nei suoi personaggi. E’ lì, poi sparisce per un po’, non si sa dove sia finito, poi riappare, piange, vaga solitario, ha piantato le margherite nel nulla, o meglio, in un luogo che il regista vuol farci passare per “il giardino della moglie morta” ma che si trova in mezzo al bosco. Abbraccia la figlia, sospira, mostra le rughe, tante, forse anche troppe. Talvolta pare che sia lì per sovvertire quel sistema che impone la fase di quarantena a cui, prima o poi, si presume dovrà privarlo definitivamente della figlia ma… non lo fa mai. Sì, fa pure a botte con uno dei poliziotti, quello scemo, ma solo perché costretto, appunto, dal gesto scemo dello scemo.

Arnold è’ sempre lì, sono uscito dal cinema e lui è rimasto lì. Maggie fa quello che deve fare ma lui è lì. Sono convinto che Arnold sia ancora lì, adesso.

Trailer italiano:

In conclusione, Arnold ci ha provato. Forse per qualcuno ci è pure riuscito, per me no. Non bastano delle lacrime e un volto segnato dal dolore (o dai reumatismi) per trasformare un attore d’azione di successo planetario in uno drammatico. L’unica cosa “mostruosa” che ha questo film è la noia che riesce a trasmettere nello spettatore che diventa virale a tal punto che lo spettatore stesso, all’uscita del cinema, viene scambiato per uno zombie.

Trailer originale:

Approfondimenti:

Complimenti al mugnaio di quel mulino che è diventato un attore.

Ebbene sì, sono contento per lui.

Dopo tanto darsi da fare a preparare biscotti inzupposi, saccottini, sfogliatelle e altre dolci leccornie, quel mugnaio ce l’ha fatta.

Quel che è giusto è giusto e va detto, si è impegnato duramente nel suo lavoro ed ha ottenuto la visibilità meritata.

In un Paese come l’italia, in cui spesso si accusa la politica e i dirigenti delle grandi aziende di non fare scelte all’insegna della meritocrazia, ecco che ci giunge una notizia che ci permette di sovvertire questa tendenza e di far rientrare certe dicerie.

L’esempio di Antonio.

Partendo come “piccolo imprenditore mugnaio – fornaio – pasticcere” è riuscito nel tempo ad ampliare la propria attività e ad assumere del personale, oltre alla sua gallina Rosita che fin dall’inizio era con lui a contratto “co.co.co”.

Nonostante la crisi, gli affari ad Antonio vanno bene, riuscendo a sviluppare un’azienda che al suo interno comprende anche un maneggio dove si insegna ad andare a cavallo alle giovani promesse dello sport. Antonio è una persona che ci sa fare, educata e un buon “padrone di casa”; lo dimostra il fatto che dopo gli esercizi a cavallo offre puntualmente le proprie focaccelle ai propri allievi.

Antonio ha creato anche una scuola di alta pasticceria in pieno stile “Master Chef”

…un “B&B” presso il quale, durante i soggiorni, organizza feste e serate danzanti riuscendo ad ammaliare le belle ospiti e a coinvolgerle nel ballo.

Anche le invitate del vicinato trovano conforto nel vederlo ballare o quantomeno, non ballando, si consolano mangiando i dolci prodotti dell’azienda di Antonio.

Insomma, quel mugnaio ha fatto di sé un vero imprenditore e un personaggio di cui tutti parlano. Il successo ottenuto è tutto meritato.

Dopo anni che lo vediamo impegnato nel suo lavoro al mulino, dal 26 febbraio potremo ammirarlo in un altro ruolo, al cinema. Non come bigliettaio o proiezionista ma come attore. Antonio è stato coinvolto in un progetto piuttosto importante e impegnativo, soprattutto per uno come lui che è agli inizi di questa nuova carriera. Evidentemente il lavoro al mulino gli ha reso bene consentendogli di firmare anche la produzione del film Automata , thriller fantascientifico diretto dallo spagnolo Gabe Ibáñez che riesce a portare sul grande schermo, finalmente, il famoso mugnaio Antonio Banderas.

Complimenti Antonio. Verremo sicuramente a vederti al cinema.

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“Dite che non è nuovo a questo genere di attività?”

“No! Come?!? Ha già fatto l’attore in passato?!”

“Non ci credo. Mi dite che lui è solo un attore e non è un mugnaio?”

“…che delusione.”

“Ma allora cosa ci hanno raccontato in tutti questi anni?”

 

Approfondimenti sul simpatico mugnaio:

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Che fatica la vita dell’Hobbit

Premetto, non sono un fan della saga de “Il Signore degli Anelli” e in generale non lo sono neppure del genere fantasy. Lo so, qualcuno potrà storcere il naso ma che ci posso fare, “mi disegnano così”.

Locandina de Lo Hobbit
Locandina de Lo Hobbit

Nonostante ciò, sono andato a vedere Lo Hobbit – La desolazione di Smaug.

Sento già qualcuno che dice: “Se non si conoscono i personaggi, la storia e non sei un appassionato del genere, non puoi apprezzare l’incredibile lavoro di Peter Jackson e il tomone di John Ronald Reuel Tolkien“.

E invece vi sbagliate. O meglio… il lavoro di Peter Jackson riconosco che sia incredibile sotto diversi aspetti. Oserei dire quasi maniacale per l’incredibile presenza di dettagli e scelte tecnico-estetiche, riversate addosso allo spettatore come uno tsunami. Direi anche che se non fosse stato per il lavoro di Peter Jackson, questo Hobbit, a mio modestissimo parere di non esperto di fantasy, sarebbe stata una notevole perdita di tempo. Potrei anche usare un’espressione fantozziana per dare la mia opinione in merito ma mi trattengo.

E qui so che metà di coloro che seguono questo blog se ne saranno andati per sempre.

Non ce la facevo ma dovevo dirlo.

Allora perchè ci sono andato? Perchè il film mi interessava da un punto di vista tecnico e comunque, anche in merito a questo aspetto, l’ho presa in tasca.

Volevo immergermi nell’effetto HFR (High Frame Rate) di cui si è parlato tanto nei mesi prima dell’uscita di questa pellicola. Avevo letto alcuni articoli che parlavano di questa scelta estetica del regista e piuttosto innovativa per il cinema. In sostanza, Jackson, avrebbe girato alcune scene del film utilizzando delle telecamere che non si limitano a fotografare 24 immagini al secondo, come avviene di solito nei normali film, ma addirittura ben 60 fotografie al secondo. Almeno questo era quello che avevo letto tempo fa. Poi, altri articoli che ho trovato in rete confermavano la tecnologia ma non il dato dei 60fps  bensì 48fps; praticamente il doppio rispetto alla tradizionale ripresa cinematografica ma sicuramente meno rispetto ai 60fps di cui si era sentito parlare in un primo momento.

Non so quanto il pubblico riuscirà ad apprezzare una variazione da 24 a 48 fps. La resa, in termini visivi, cambia ma non un gran che per un occhio non particolarmente allenato a certi virtuosismi tecnici. In sostanza, raddoppiare le immagini all’interno di un secondo porta a riempire gli “spazi mancanti” aggiungendo ulteriore informazione a quella frazione di tempo che è il secondo. Da non confondersi con la definizione che riguarda la capacità di catturare informazioni all’interno di un singolo fotogramma.

Per spiegarlo in termini più terra, terra, gli fps (fotogrammi per secondo) sono i singoli scatti fotografici che vengono generati da una telecamera nell’arco di un secondo. La risoluzione o definizione, di solito espressa in pixel, è invece la capacità di catturare i dettagli all’interno del singolo scatto. E’ ovvio che se sommate insieme i due fattori, fps e un numero elevato di pixel, il risultato è sicuramente apprezzabile sia in termini di fluidità delle scene sia in termini di dettaglio delle stesse.

Tornando al nostro Hobbit, questo bel discorso vale poco all’interno di una normale sala cinematografica. L’HFR è apprezzabile solo nella versione de Lo Hobbit in versione IMAX in 3D. Praticamente lo si può vedere in Italia solo in una sala.

Detto ciò, visto che oramai ero al cinema, grazie anche, e soprattutto, ad una mega promozione del circuito multisala presso il quale ho visto il film, ho cercato di godermelo “fotogramma dopo fotogramma”.

Boia che fatica!

Salti, balzi, rincorse, botte, frecce, spade, orchi, maghi, elfi, gnomi, draghi, ragni, un certo Sauron (cattivisimo) e, ovviamente, uno Hobbit col suo “tessorro”. Tutto condensato in 161 minuti di film che, oltretutto, non riescono neppure a chiudere la storia lasciando lo spettatore attonito, con un punto interrogativo stampato in fronte. Un bel video game giocato sul grande schermo.

Poi sono stato distratto… lo ammetto… la mole di informazioni ricevute, ripeto, per un “non appassionato come me del fantasy”, mi portava inevitabilmente a reinterpretare mentalmente il film, scena dopo scena, in chiave di parodia. In sostanza, ai miei occhi un filmone d’avventura fantasy si è trasformato in una sorta di b-movie.

E con questa affermazione ho perso anche l’altra metà di pubblico che seguiva il mio blog.

Comunque, per quei due o tre che sono rimasti a leggere questo post, devo dire che dopo aver visto ragni giganti, longevissimi elfi new age che paiono pronti per esibirsi in concerto, dei nani che non trovano pace e che macinano chilometri con la facilità di un gigante e orchi che non sanno dove andare a far danno, tornandosene poi a casa con le pive nel sacco dopo aver preso un sacco di botte, non mi rimaneva che consolarmi con il mago Gandalf che, alla fine, è il pezzo meglio di tutto il film. Dice di andare in un luogo e magicamente, ed è il caso di dirlo, va ovunque ma non dove aveva detto di andare, fa qualsiasi cosa ma non quelle che aveva detto di fare, per poi finire….

…occhio allo spoilerone

…rinchiuso da Sauron all’interno di un angusto gabbione appeso nel vuoto a “godersi” il preludio all’ennesima missione suicida da parte degli orchi che, più incazzati del solito, marciano verso quei nani, quegli elfi, quegli abitanti del lago. Già, dimenticavo loro… gli abitanti del lago, sì, dai, quello nei pressi di Smaug. O no? Boh… poco importa, il lago c’era e pure gli abitanti abbrutiti.

Per i miei gusti, vedere un film ispirato alla saga de Il Signore degli Anelli, o leggere il tomo di Tolkien, è più un lavoro che una mera passione.

Nota positiva: ho apprezzato moltissimo il doppiaggio del drago (Luca Ward) e quello di Gandalf (Gigi Proietti). Grandi attori, fantastiche voci.

Crediti e approfondimenti:

La fantascienza al cinema nel 2014

Quali film di fantascienza vedremo quest’anno al cinema?

Eccovi qualche anticipazione. Devo dire che qualche pellicola è davvero interessante, non tutte ma qualcosa da vedere sul grande schermo c’è. Il cinema della fantascienza sta vivendo un momento interessante:

Aurora:

  • Scritto e diretto da: Robert Kouba
  • Interpreti: Jeannine Wacker, Julian Schaffner

Transcendence:

  • Diretto da: Wally Pfister
  • Scritto da: Jack Paglen
  • Interpreti: Johnny Depp, Kate Mara, Morgan Freeman

Edge Of Tomorrow:

  • Diretto da: Doug Liman
  • Scritto da: Christopher McQuarrie, Jez Butterworth
  • Interpreti: Tom Cruise, Emily Blunt, Bill Paxton

Interstellar:

  • Diretto da: Christopher Nolan
  • Scritto da: Jonathan Nolan, Christopher Nolan
  • Interpreti: Matthew McConaughey, Jessica Chastain, Anne Hathaway

Monsters: Dark Continent

  • Diretto da: Tom Green
  • Scritto da: Jay Basu
  • Interpreti: Joe Dempsie, Johnny Harris, Sofia Boutella

The Last Days on Mars

  • Diretto da: Ruairi Robinson
  • Scritto da: Sydney J. Bounds (short story), Clive Dawson (screenplay)
  • Interpreti: Liev Schreiber, Elias Koteas, Romola Garai

RoboCop

  • Diretto da: José Padilha
  • Scritto da: Joshua Zetumer (screenplay), Edward Neumeier, 1 more credit »
  • Interpreti: Joel Kinnaman, Douglas Urbanski, Abbie Cornish

The Machine

  • Diretto da: Caradog W. James
  • Scritto da: Caradog W. James
  • Interpreti: Caity Lotz, Toby Stephens, Denis Lawson


Jupiter Ascending

  • Diretto da: Andy Wachowski, Lana Wachowski
  • Scritto da: Andy Wachowski, Lana Wachowski
  • Interpreti: Mila Kunis, Channing Tatum, Sean Bean

Meritano di essere citati anche un altro paio di film che non ritengo classificabili proprio di fantascienza pura ma rientrano in quel genere “fanta qualcosa” che comunque desta interesse e probabilmente è meritevole di una certa attenzione… o forse no, giudicheremo quando li avremo visti.

Capitan Harlock

  • Diretto da: Shinji Aramaki
  • Scritto da: Leiji Matsumoto (manga), Harutoshi Fukui (screenplay)

Welcome To Yesterday

  • Diretto da: Dean Israelite
  • Scritto da: Jason Pagan, Andrew Stark
  • Interpreti: Sir Maejor, Ginny Gardner, Sofia Black-D’Elia

51 The Movie

  • Diretto da: Giovanni Sticco, James Taylor
  • Scritto da: Giovanni Sticco
  • Interpreti: Daisy De La Hoya, Mark Anthony Justice, Maria Manco

Buona visione!

Ender’s Games – Secondo post: “tecnico”

Eccoci insieme per parlare nuovamente di cinema e soprattutto di effetti visivi e di quello che si nasconde dietro la cinepresa. Questa volta tocca a Ender’s Games di Gavin Hood.

Mi piace approfondire alcuni aspetti legati alla realizzazione dei film, soprattutto dove vengono impiegati gli effetti speciali. Quei film che una volta usciti dalla sala amiamo commentare con gli amici e con i quali viene da chiederci: “ma come hanno fatto a realizzare quella scena?”. Ecco, domandandomi spesso questa cosa e non piacendomi restare con un punto di domanda impresso in volto, cerco delle risposte in rete.

Ender's Games
Ender’s Games

Entriamo quindi nel mondo degli effetti speciali di Ender’s Games. Per tutti i commenti al film, quelli più emozionali e meno tecnici, vi rimando al mio precedente post: Ender’s Games – interessante ma non indimenticabile, da vedere ma anche no. Primo post: “emozionale”.

Innanzitutto va detto che il film è co-prodotto dalla Digital Domain, azienda leader nel settore degli effetti visivi con diverse sedi in California e Canada. DD è impegnata da anni nella produzione di effetti digitali per il cinema, la pubblicità e i games. Una decisione che ha permesso di contenere i costi di realizzazione del film a fronte di un grosso contributo tecnico coordinato dal supervisore degli effetti visivi Matthew Butler.

Sono molte le scene che hanno coinvolto la Digital Domanin tra cui la “palestra di addestramento” a zero G, le scene nella grotta di simulazione di guerra immersiva, il pianeta dei Formic, le battaglie nello spazio e quella sulla Terra tra le nubi, ingaggiata tra i caccia da combattimento terrestri e le navette da guerra dei Formic. Per chi non avesse visto ancora il film i Formic sono gli alieni simili a formiche giganti.

Ender's Games - Backstage su ComingSoon.it
Ender’s Games – Backstage su ComingSoon.it

Le scene nella camera a zero G hanno richiesto da parte degli attori una particolare preparazione atletica coadiuvata da personal coach reclutati direttamente dal cast del Cirque du Soleil . Ma non solo, i giovani attori sono stati addestrati anche presso lo Space Camp della U.S. Space & Rocket Center in Huntsville e assistiti da astronauti veri.

Asa Butterfield e Khylin Rhambo durante le simulazioni spaziali allo Space Camp in preparazione per le riprese di "Ender's Game"
Asa Butterfield e Khylin Rhambo durante le simulazioni spaziali allo Space Camp in preparazione per le riprese di “Ender’s Game”

Le particolari coreografie eseguite dagli attori su cavi, su tappeti e braccia meccaniche sono state riprese con telecamere in grado di girare col formato sorgente RedCode RAW in 5K (5120×2700 pixel) trasferite successivamente in 2K (2048x1080pixel) per la realizzazione del master. Il sistema Red, oltretutto, permette di girare mantenendo le caratteristiche del file digitale simili a quelle del file RAW nella fotografia. Un file “nativo” o “grezzo” elaborabile in post produzione grazie al quale è possibile ottenere una gestione completa sull’esposizione e il bilanciamento del bianco. Un sistema che ha permesso di girare interamente in digitale verificando le scene in tempo reale.

L’impiego della performance capture ha permesso di riprendere i corpi e i volti degli attori e di utilizzarli separatamente. In post produzione sono stati ricostruiti i modelli 3D degli attori che sono stati integrati nelle scene e animati “ricalcando” i movimenti reali compiuti sul set. Sui corpi digitali sono stati inseriti i volti degli attori e le scene sono state completata inserendovi le scenografie virtuali e/o parti di scenografia reali. In sostanza, nelle sequenze in cui si vedono gli addestramenti a zero G le uniche parti reali della scena sono i volti degli attori e l’elemento scenografico che caratterizza il portale di accesso dalla zona con la gravità a quella a zero G. Spesso anche i cristalli dei caschi che proteggono i volti degli attori sono stati ricostruiti grazie alla computer grafica. Questo ha permesso di tenere sotto il controllo dinamico computerizzato riflessi e luci sulla superficie trasparente sincronizzando il movimento dell’illuminazione reale a LED con quella delle luci virtuali generate in post produzione.

La sala della guerra, realizzata nella grotta dei Formic, è praticamente un ambiente per lo più realizzato in computer grafica. Le interazioni tra personaggi, l’ambiente e le scene olografiche della battaglia hanno richiesto molte ore di lavoro da parte dei tecnici della Digital Domain. Oltre 27 miliardi di poligoni compongono i solidi presenti nella scena dalla battaglia nella quale sono presenti circa 300,000 navi, tra droni e astronavi, tutti da renderizzare per diversi minuti di battaglia.

Un film di grande impatto visivo anche se a tratti risulta non essere proprio originale riportando alla mente un’iconografia che pesca direttamente da film di genere fantascientifico che lo hanno preceduto.

Crediti e Link di approfondimento::

Location del film:

Software 3D e motori rendering:

Effetti Speciali:

Lo spinoff di Gravity diretto da Jonas Cuaron

“Tale padre tale figlio”, così si potrebbe dire vedendo il lavoro realizzato da Jonas Cuaron. Un interessante e intelligente spinoff che offre una visione più completa di una particolare scena del film Gravity girato dal padre Alfonso.

Si tratta del momento in cui la dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock), all’interno della capsula spaziale russa, tenta di comunicare via radio con chiunque fosse in ascolto in quel momento. La sua vita pare oramai segnata, l’ossigeno scarseggia e le forze la stanno abbandonando. Momenti drammatici resi ancor più intensi dalle brevi comunicazioni che riescono ad arrivare dalla Terra fin nello spazio. Un latrato di un cane, il pianto di un bambino, delle voci umane poco definite, oltretutto in una lingua a lei sconosciuta…

L’attrazione da parte dei 2 Cuaron per la Groenlandia ha portato entrambi a vivere un periodo nella regione glaciale a contatto con gli Inuit.

Aningaaq - di Jonas Cuaron - Foto da The Hollywood Reporter
Aningaaq – di Jonas Cuaron – Foto da The Hollywood Reporter

L’esperienza di vita nella regione glaciale che tanto ha affascinato i Cuaron, unita alle riprese di Gravity che raccontano dello spazio, altra regione desolata e glaciale, se pur per altri versi, ha contribuito a innescare in Jonas Cuaron l’idea per sviluppare lo spinoff di Gravity.

La Warner Home Video aveva pensato inizialmente di rilasciare il corto assieme ai contenuti speciali del BlueRay ma grazie alla proiezione di Aningaaq ad alcuni festival cinematografici, tra cui quello di Venezia, questo filmato della durata di 7 minuti ha preso una propria strada creando di fatto un controcampo a posteriori di una scena di Gravity.

Ovviamente il corto lo si apprezza se si è già visto il film.

Eccovi Aningaaq

Crediti:

Ender’s Games – interessante ma non indimenticabile, da vedere ma anche no. Primo post: “emozionale”.

Vuoi la ricetta per preparare un buon Ender’s Games?

Eccola:

  1. Prendi una manciata di Wargames – Giochi di guerra – del 1983.
  2. Aggiungi una bella tazza di Starship Troopers – Fanteria dello spazio – del 1997.
  3. Mescoli bene, aggiungendo delicatamente un pizzico di A.I. – Intelligenza artificiale – del 2001.
  4. Quando tutto sta montando ci gratti un po’ di Kobayashi Maru preso da uno Star Trek d’annata. Nel caso non fosse disponibile quello più stagionato lo puoi prendere più fresco dal penultimo Star Trek di J.J. Abrams.
  5. Quando il preparato è ben coeso versi il tutto in un recipiente capiente e aggiungi , q.b., dell’ottimo 2001 Odissea nello spazio, giusto perché va sempre usato in questi casi.
  6. Prendi una scorza di Minority Report del 2002 e mettila a bagnomaria. Poi il succo lo versi nel recipiente insieme agli altri ingredienti.
  7. L’aggiunta di un Tron Legacy del 2010 non ci starebbe male, secondo i gusti ovviamente, c’è a chi piace e ce lo mette.
  8. Indispensabile è del succo, ben spremuto e filtrato, di Indipendence day del 1996.
  9. Per finire, versa un bicchiere del buon, irrinunciabile Alien del 1979. E’ importante quest’ultimo ingrediente per dare al tutto quel particolare aroma Gigeriano.
Il gioco da tavolo Simon degli anni '80
Il gioco da tavolo Simon degli anni ’80

Ah! Dimenticavo… per fare le cose veramente bene dovrai usare un elettrodomestico indispensabile, anche se un po’ datato. Un bel Simon degli anni ’80. Se non altro ti divertirai a giocare con i colori.

L’Ender’s Games è pronto, buona visione.

Questo per commentare il film senza far danno con spoiler vari. So che chi non l’ha visto mi darà di matto ma sono qui, a disposizione, per offrirvi la mia consulenza di “Master Chef” della fantacelluloide.

Non ho scritto a caso questa “ricetta”, ogni ingrediente corrisponde ad una o più scene, citazioni, omaggi… presenti nel film. Per come la vedo io Ender’s Games è un film che non lascerà un gran segno nell’immaginario collettivo,  soprattutto tra i cinefili amanti della fantascienza, però si è dato da fare per essere ricordato.

Ender's Games
Ender’s Games

Sì, lo so, Ender’s Games è tratto da un libro che ha pure vinto dei premi. E allora? Non è detto che se una storia viene presa da un libro sia assolutamente un capolavoro nella trasposizione cinematografica.

Va comunque spezzata una lancia in favore di Ender’s Games. Dopo aver visto Gravity di Alfonso Cuarón, come ho scritto nel mio post dedicato a questo film, credo che sia molto difficile poter sorprendere cercando di riprodurre l’effetto dell’assenza di gravità in modo assolutamente perfetto e credibile come è riuscito a fare il regista messicano. Detto ciò, chi si cimenta in questa esperienza visiva ha l’obbligo di confrontarsi con Gravity. Dato che però i due film sono praticamente “coetanei”, posso abbonare ad Ender’s Games qualche “sporcatura” presente nelle scene in cui ci vengono mostrati gli effetti dell’assenza di gravità, soprattutto a bordo degli shuttle che partono dalla Terra verso la stazione spaziale e viceversa.

Sfuggono al controllo le guance di Harrison Ford che subiscono gli effetti della normale gravità presente in qualsiasi set cinematografico. Sfuggono al controllo del regista anche gli effetti delle accelerazioni al decollo che dovrebbero essere impresse sui passeggeri degli shuttle in modo assolutamente più evidente.

Se scegli di far decollare una navetta come un “normale” razzo attualmente in uso alla NASA si presume che gli effetti dell’accelerazione all’interno delle navette dovrebbero essere paragonabili a quelli che gli astronauti provano ad ogni decollo. Si parla di diversi G che in Ender’s Games non sono paragonabili neppure agli effetti di accelerazione di una Fiat 500 durante un sorpasso in una zona a traffico limitato. E’ ancor più “grave” se giri diversi minuti di scene all’interno di queste navette. Non te la puoi cavare mostrando i postumi dell’esperienza “post accelerazione” utilizzando l’espediente del giovane passeggero che fa seguire al conato di vomito il risultato fisiologico più ovvio. Bastava non scegliere come mezzo di trasporto uno shuttle simile a quelli veri ma affidarsi alle più evolute tecnologie che i film di fantascienza ci hanno abituato ad ammirare. Grazie a queste, possiamo vedere sfrecciare sul grande schermo mezzi spaziali a propulsione “indefinita”, dalle forme più disparate e che decollano e viaggiano con la leggerezza di una libellula, in barba a tutti i principi di fisica/aerodinamica. Quindi, se stilisticamente ti piace lo shuttle come mezzo di collegamento tra la Terra e la stazione spaziale mi va bene ma non puoi mostrarci i passeggeri immuni da vibrazioni, come gli spettatori al cinema che assistono al film.

Solo se usi navette a propulsioni fantaqualcosa e dal design ipergalattico allora puoi permetterti di fare quello che vuoi.

Altre due cosette sulle quali mi devo assolutamente sfogare.

  1. Non si può far atterrare uno shuttle come è partito. Se parti da una rampa di lancio, NON PUOI ATTERRARE SU UNA RAMPA DI LANCIO! Uffa!
  2. Non puoi creare due ambienti, uno a gravità zero e l’altro con gravità, facendo un madornale errore: inquadratura esterna dello scafo della stazione spaziale. E’ evidente che la stazione è caratterizzata da due macro moduli a sezioni separate, pur collegate tra loro. Praticamente una parte ruota, in cui è presente  la gravità, dove si trovano gli alloggi, le aree didattiche, i corridoi, ecc. L’altra parte non ruota, dove è situata l’area di gioco, caratterizzata appunto da gravità zero. Perché ci fai vedere i giocatori che si recano fin sull’orlo della porta di accesso all’area di gioco, che fino a quel punto risentono della gravità, e un metro dopo, dentro il campo di gioco, sono a gravità zero e… e…. e non ci mostri l’effetto tra la sezione che ruota sull’altra che è ferma dall’interno della stazione? Ma come si fa?

Perdonate lo sfogo.

Per chi fosse interessato a conoscere qualche segreto di Ender’s Games celato dietro la macchina da presa ho realizzato un secondo post, più tecnico, dedicato al film: Ender’s Games – Secondo post: “tecnico”

Crediti:

C’era una volta Noè della Genesi e c’è adesso Noah di Hollywood

C’era una volta Dio che si arrabbiò con gli uomini perché dediti all’odio, alle guerre, al potere e a tante altre attività “ludico ricreative”.

NOAH - il film
NOAH – il film

Ma Dio, essendo Dio,  prima di manifestare la sua ira contro l’umanità chiamò Noè, un agricoltore che fino a quel momento pensava a zappare la sua terra e ad accudire qualche animale. Dio gli chiese.. hem… lo persuase a costruire l’arca per salvare dall’imminente diluvio universale, 7 coppie tra gli animali puri ed una coppia di tutti gli altri animali. Un nulla, insomma. Sì, però gli disse anche che avrebbe potuto portare con sé la sua famiglia. E vai!

Così venne il diluvio universale, poi finì il diluvio e Noè visse 950 anni circondato da pronipoti e tutte le generazioni future degli animali che aveva salvato. Mi sa proprio che portò con sé pure le zanzare…

Comunque, a grandi linee è quello che più o meno sappiamo di Noè, almeno tra noi non teologi e non eccessivi praticanti cristiani.  Poi, arrivò Hollywood che trasformò Noè in un figone di nome Noah (uno dei vari modi di scrivere questo nome tra le religioni abramitiche) interpretato da Russell Crowe e il racconto di Noè di cui sopra si trasformò in questo.

Sarei curioso di vedere la trasposizione cinematografica in chiave hollywoodiana della vita e soprattutto della visione del carro di fuoco avuta del profeta Ezechiele. Sono convinto che i Transformers a confronto dovremmo paragonarli a Piccole Donne.

Non male come strategia commerciale, soprattutto in tempi di crisi. Realizzare film sui supereroi dei fumetti comporta esborsi notevoli in royalties. Con le storie bibliche e tutto ciò che hanno in serbo puoi realizzare filmoni pieni di effetti speciali ad oltranza e, soprattutto non hai da pagare i diritti d’autore. O sbaglio? C’è ancora in vita qualche erede di Noè?

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Europa Report. La fantascienza senza mostri.

Europa Report, uscito nelle sale USA lo scorso giugno e a ottobre in versione DVD/Blu-Ray.

Europa Report - locandina
Europa Report – locandina

Al momento non ho notizia dell’esistenza di un distributore nazionale interessato a questo prodotto. Ciò non vuol dire che il film non sia interessante, anzi. Ritengo, dalle scene che ho visto in rete e da ciò che ho letto, che si tratti di un prodotto ben fatto, originale per molti aspetti e meritevole d’attenzione.

Il regista ecuadoriano Sebastián Cordero porta sullo schermo un film che trae spunto dalle notizie che giungono dalla comunità scientifica, in particolare dalla NASA, in merito al ritrovamento di acqua sotto i ghiacci di Europa, il quarto satellite di Giove e alla possibile presenza di vita primordiale.

Le novità in questa pellicola sono piuttosto evidenti e possono essere riassunte nel seguente modo. La prima, è dovuta alla location presso la quale si svolge la storia. Europa, una delle quattro lune di Giove. Non un pianeta misterioso extra solare o il solito, più inflazionato Marte. La seconda non è una presenza ma un’assenza. Non ci sono alieni, mostri né altre scomode presenze ad angosciare lo spettatore e a riportarlo per l’ennesima volta nella “fantascienza cliché” che negli ultimi anni siamo stati abituati a vedere.

Europa Report parla della missione terrestre verso il satellite di Giove, in cerca di quelle forme di vita che potenzialmente l’acqua potrebbe celare sotto diverse decine di metri di ghiaccio che ricoprono la superficie di Europa.

Ingaggiati dalla compagnia privata Europa Ventures, i sei esperti astronauti dell’equipaggio impegnati nella missione su Europa, si troveranno a dover gestire l’imprevedibile. Il fulcro della storia è proprio la paura di non tornare a casa, di trovarsi in una situazione di estremo pericolo in cui tutto dipende da come sapranno affrontare la perdita di uno dei membri dell’equipaggio, il guasto alla radio di bordo che li isola dalla Terra e la scoperta scientifica che il satellite di ghiaccio ha riservato per loro.

L’imprevisto è qualcosa che gli astronauti veri provano almeno una volta durante le loro missioni nello spazio. Ovviamente in modi differenti. Per quanto una missione possa essere pianificabile, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.

Cito “l’episodio della penna” che caratterizzò e risolse una parte cruciale della missione Apollo 11. Aldrin e Armstrong, rientrati a bordo del LEM, si accorsero di aver danneggiato con le loro tute extraveicolari il pulsante che avrebbe innescato i razzi di spinta che li avrebbero dovuti sollevare dalla superficie lunare. Grazie ad una penna, che Aldrin ha poi conservato con cura, riuscirono ad azionare l’interruttore che permise al LEM e al suo prezioso carico di vite umane di lasciare la Luna e ricongiungersi con il modulo orbitale per poi rientrare sani e salvi sulla Terra.

Pur essendo un prodotto low budget, Europa Report riesce a trasmettere le atmosfere delle missioni spaziali, parlo di quelle vere per chi come me segue quelle a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Gli interni della nave spaziale sembrano proprio quelli della ISS o dello Space Shuttle.

Tra gli attori ritroviamo il volto noto di Sharlto Copley (District 9 ed Elysium). che veste i panni dell’astronauta James Corrigan.

Speriamo che il film, almeno in DVD / BluRay, esca anche in Italia. Per adesso dobbiamo accontentarci del trailer.

Trailer del film:

Crediti:

Approfondimenti sul regista Sebastián Cordero:

Altri link.