“Siamo sicuri che la frutta faccia così bene?”

Per una MELA strappata da un albero ancora oggi ne paghiamo le conseguenze.

Sulla BANANA è stato detto di tutto.

Per una PESCA donata da una bambina ad un babbo interviene anche MELONI.

Commento di Giorgia Meloni attraverso X

Siamo proprio alla frutta. Senza parlare della mole dei “Punti FRAGOLA” che la stessa Esselunga ha elargito ai propri clienti grazie a questo spot.

Battute facili a parte, fare comunicazione o fare della buona pubblicità è un mestiere che richiede competenze e il nuovo spot Esselunga ne è un fulgido esempio.

Obiettivo?

“Brand equity” ovvero, rafforzare il valore della marca, in questo caso di Esselunga.

Lo spot è riuscito? Semplicemente sì. “Ne parla il mondo” e solo per questo, chapeau. Oltretutto riesce a farlo stimolando un mezzo tanto antico quanto efficace di fare comunicazione, il passa parola. Ad ogni passaggio dello spot, migliaia di persone ne amplificano l’effetto. Lo condividono, ne parlano, nascono dibattiti, talk in tv, etc.; tutto questo grazie alla potenza del messaggio, alla sua immediatezza e alla capacità di coinvolgimento che permettono a ciascun fruitore di rielaborarlo, di farlo proprio e restituirlo più forte, arricchito, arricchito di filosofie, ideologie, paradigmi e preconcetti sul tema bambini e famiglie separate e se è corretto o meno farlo attraverso la pubblicità.

Ne parlano separati, coniugati, sociologi, giornalisti, personaggi dello spettacolo, esperti di comunicazione, consulenti di famiglia, insegnanti, fruttaroli e probabilmente anche i bambini, figli di genitori di tutte le suddette categorie.

Hanno vinto! Risultato ottenuto, pur utilizzando anche un claim contenente una doppia negazione. Tutto il resto è fuffa al pari della lunghezza di uno scontrino dell’Esselunga, al netto dell’elenco dei prodotti acquistati e del totale da pagare; sempre comunque troppo lungo a prescindere.

Fotogramma tratto dalla pubblicità Esselunga “La pesca. Una storia Esselunga” – settembre 2023
  • Clicca qui se vuoi vedere lo spot Esselunga “LA PESCA. Una storia Esselunga”
  • Spot realizzato dall’agenzia creativa SMALL

Comfort Zone Vs. Scomfort Zone

Esistono le zone di comfort.

Lo so, le conosci e probabilmente anche tu ne hai qualche “confezione da 6 lattine” nella tua credenza.” Non ho usato a caso la parola credenza in virtù del gioco di parole; porta a pensare ad un luogo ove riporre le cose, spesso quelle di cucina, ma anche “credenza” nel senso di credere che vada bene così.

La zona di conforto, o comfort zone, è largamente conosciuta dai più e si palesa grazie a tutta una serie di meccanismi che il nostro cervello mette in campo. In primis, l’omeostasi, ovvero, “l’equilibrio perfetto” teso a conservare l’energia al variare delle condizioni esterne. In altre parole, succedono cose e tu fai il minimo indispensabile o anche nulla per evitare un dispendio energetico (puoi leggere anche: evitare la fatica o evitare di prendersi delle responsabilità, che poi una condizione non esclude l’altra). E’ un meccanismo che abbiamo tutti; ogni essere vivente tende a conservare la propria energia, ad evitare di disperderla o farlo in minima parte, qualora le condizioni ambientali dovessero richiedere un qualche minimo sforzo; ed è quello che al massimo mettiamo in campo. La famosa “azione-reazione” che ci permette di fuggire dal pericolo o, se proprio ne vale la pena, di avvicinarci al piacere.

Nel mondo del lavoro esistono figure mitologiche che hanno conseguito un master in comfort zone (senza fare molto, ovviamente). Sono quelli che fanno solo quello che è strettamente indispensabile. Non promuovono alcuna azione o avanzano alcuna proposta, anche se tesa a migliorare la propria condizione e quella dei propri colleghi. “Ma perchè devo essere io a dirlo/farlo, ci devono pensare loro”, dove quel “loro”, spesso, è riferito ai dirigenti, datori di lavoro o al capo reparto. Aspettano l’orario canonico per timbrare il cartellino e sognano la pensione INPS a partire dal primo giorno di assunzione. Sono coloro che fondano la propria esistenza sul concetto del “Chi me lo fa fare di cambiare” oppure “Le cose sono sempre andate così, perchè devo essere io a cambiarle” o anche “Oramai, cosa vuoi che faccia alla mia età” (e magari hanno 40 anni), “Ho un lavoro sicuro, ma figurati se mi licenziano o figurati se la ditta fallisce” e ancora “Sto proprio bene così, ho un datore di lavoro che mi paga e che ha tutte le responsabilità”. Poi, la madre di tutte le giustificazioni “Sono fatto/a così, NON posso farcela”.

Immagine realizzata con Leonardo.ai

In altri ambiti, come il benessere e la salute personali, accade anche di sentire: “Sono sovrappeso ma dopotutto piaccio così. Grasso è bello. Non capisco proprio quelli fissati che vanno in palestra. Sono così di costituzione, non posso farci nulla”.

E nell’amore e relazioni sociali? “Le donne/uomini sono tutti uguali. Non mi innamorerò mai più. L’amore non fa per me; oggi con una/o, domani con un’altra o altro ma poi sai cosa? Alla fine sto proprio bene da solo/a. Non sono fatto/a per i legami duraturi…”

La comfort zone è comfort, quindi comoda; utile per mantenere lo status quo; smart se consideriamo che spesso si avvale di un divano e di un telecomando; evergreen, poiché può essere applicata ovunque e per sempre o per periodi lunghi abbastanza da consentire a coloro che si sono “arredati la propria comfort zone”, di trovare una comfort zone all’interno della comfort zone; non passa di moda.

Lavora otto ore al giorno, torna a casa, il fine settimana vede gli amici. Il martedì esce un nuovo episodio della sua serie preferita, quindi se ne resta a casa e, se qualcuno gli chiede di uscire di giovedì, gli dice che ho troppo da fare. Più o meno questo è il profilo tipico, o uno dei tanti, del comfortzonista.

Altri adepti comfortzonisti che praticano la stessa fede sono quelli che da anni vanno in vacanza insieme con i propri simili. Quelli che si vedono al bar tutte le sere. Si creano un habitat adeguato allo scopo che gli permette di vivere in una sorta di biosfera all’interno della quale la percezione della loro realtà si autolimita a sommo studio, proprio per evitare di avere elementi di confronto esterni, termini di paragone che possano indurre al “desiderio di cambiamento”. Insomma, sono immersi fino al collo in questo brodo primordiale fatto di apparenti certezze ma calde come una coperta in pile.

Come biasimarli. Sono convinto che molti di loro stiano pure bene e forse sono anche appagati per quello che fanno (o non fanno) e per la loro condizione di vita in generale. Non critico ma osservo.

Poi… esistono le zone di scomfort.

Immagine realizzata con Leonardo.ai

Sono erette dai muri dell’autocommiserazione, della sofferenza intesa come status mentale attraverso il quale chiedere continue attenzioni e porsi in una posizione di “perenne riguardo nei propri confronti”. Sono quelli che “stanno male” anche quando non stanno male. Sono quelli che “Oggi non è giornata, ne riparliamo domani” o anche quelli del “Il medico non mi prescrive nulla, non mi capisce” o anche “Mia suocera, mia moglie, mio marito… mi fa impazzire. Non ne posso più!” e non parlano del loro disagio con i diretti interessati ma lo fanno solo all’esterno, con altri, per attingere dalla fonte della compassione, somministrata da qualcuno al quale inevitabilmente prosciugano ogni energia. Sono creature che vivono nello sconforto perenne dal quale non escono mai perchè è diventato la loro zona di comfort. E’ scomodamente utile e a suo modo anche comoda nella misura in cui permette di evitare di fare, invocando “dolori, malesseri, disagio, incomprensione, fraintendimenti, ingiustizie…”. E’ quel luogo di sofferenza intriso di vittimismo che frena ogni possibile evoluzione verso il piacere o verso la direzione della non sofferenza. Chi si erge paladino della scomfort zone va oltre il mero masochismo; è una condizione di necessità che alimenta uno status di continua “osservazione” da parte di terzi spesso finalizzata a richiede esoneri continui da ogni genere di cosa. “Non vado alla riunione perchè non sto bene. Non esco perchè poi prendo una frescata, lo sai che soffro di dolori. Non vado con le amiche perchè poi sono tutte uguali, fanno tardi, guardano gli uomini e si atteggiano; io non sono mica come loro. Volevo andare anche io a quella inaugurazione, ci tenevo tantissimo ma poi mi è venuta una ..ite* o una …gia**”

  • *potete usare tutti i prefissi che volete per completare la frase, come: tonsill… trache… ot…, etc.
  • **in questo caso: nevral… aller… sciatal…, etc.

I praticanti della scomfort zone hanno dalla loro l’abbruttimento. Sono demoralizzati, delusi della vita ma nonostante tutto guai a far qualcosa per uscire da quella condizione. Amano ricevere attenzioni. Quelli più bravi sono capaci di gestire il livello di malessere in virtù dell’interlocutore. Se trovano quello che ascolta, l’empatico, è finita. Quest’ultimo può prendere le ferie per farsi vomitare addosso tutto il malessere di cui questi esseri sono capaci di generare e riversare sul malcapitato. Se poi trovano quello più diretto, di poche parole ma buone, tipo: “Ma dai, poi passerà” oppure “Ma figurati, non è niente” o anche “C’è di peggio, dai!” lo stesso scomfortzonato tende a defilarsi in fretta perchè non trova in quell’interlocutore un degno uditore (o vittima sacrificale).

La madre di tutti i confronti avviene tra due praticanti seriali della scomfort zone. Se si incontrano scatta il derby.

Gli astanti restano basiti per la capacità di ogni contendente di lanciare in porta i propri malesseri col preciso intento di sopraffare l’avversario e prosciugarlo delle sue già scarse energie. L’ipocondria è il commissario tecnico e la commiserazione è la curva di tifosi. Il derby ha inizio; scatta la frase di tutte le frasi, quella che dà ad inizio partita il vantaggio assoluto. E’ questa: “Ciao, come stai?” E’ finita… il vantaggio è già segnato. Mentre uno dei due la dice, già se ne pente, sa benissimo a cosa sta andando incontro. La risposta che ne deriverà sarà più o meno impostata così: “Non puoi immaginarti cosa mi è successo…”. Da questo punto in poi parte il monologo di trenta minuti dove l’avversario, impietrito, può solo annuire e tentare di inserirsi, in modo sommesso: “Mi dispiace” o “Ti capisco bene perchè anche io…” ma non ce la fa. L’altro è più forte e rincara la dose, non lo fa penetrare nel discorso. Ha finito di elencare i propri problemi e inizia attingere dalla panchina avvalendosi di tutti quelli della madre, del figlio, del marito/moglie/suocero/suocera e come se non bastasse, tutti i problemi del lavoro, dei clienti, di chi non paga e di come si stava meglio quando si stava peggio… “Piove governo ladro!”

Il match finisce per ritiro dell’avversario. Uno deve arrendersi ma lo fa con onore e sa benissimo che tornando a casa potrà usare quell’esperienza come portfolio. Sarà l’ennesimo argomento da utilizzare con altri e che potrà aggiungere alla lunga lista di caz.. da raccontare, anche a se stessi, che si riproducono e vivono in simbiosi con gli scomfortzonisti.

A loro modo “ci stanno bene” in questa condizione di scomfort. E’ il loro mondo, la loro biosfera, al pari di coloro che vivono nella comfort zone. Sono apparentemente due condizioni opposte ma simili per molti versi. In un caso si fa poco o nulla ma si sta bene così e nell’altro “si soffre per volontà divina. E’ il destino che l’ha voluto. Ma che ci vuoi fare, è la vita.”

Immagine realizzata con Leonardo.ai

Entrambe le condizioni fungono da catalizzatori per permettere di non affrontare i cambiamenti, anzi, si auto esonerano fin da subito da qualsiasi pensiero teso verso il cambiamento. Non ci provano, vivono così nel loro blob con l’aggravante che entrambi additano coloro che fanno qualcosa, un minimo per cambiare, per mettersi in gioco, per risolvere qualche problema e vivere secondo un principio di evoluzione, seppur relegato ad un concetto temporale più breve rispetto a quello evoluzionistico-antropologico poiché, nel nostro caso, relegato all’interno dalla nostra singola esistenza. Evolversi, progredire, cambiare, andare verso… sono concetti che richiedono impegno, fatica, attitudine e soprattutto visione. Una visione che si concretizza in un forte “perchè” che a sua volta permette di dare un senso a ciò che si va a realizzare e permette di pianificare nel tempo. Fare non basta, occorre dare una connotazione temporale a quel fare altrimenti diventa una missione di vita che non trova soluzione di continuità.

Scomfort e comfort zone sono caratterizzate da un fraseggio depotenziante, parole instillate fin dalla scuola che agiscono da freno, da guinzaglio oltre il quale non è possibile spingersi: “Non posso, non riesco, non ce la faccio, non sono capace, non fa per me, non ho tempo…” oppure “E’ troppo difficile, impossibile, faticoso, dispendioso, impegnativo…” sono valenti alleate nel mantenimento dello status quo, di quella “omeostasi in cattività” che permette di auto relegarsi in recinti percettivi.

Sul questo argomento vi invito a seguire Elisa Renaldin che ha sviluppato un percorso interessantissimo per “evadere dai propri recinti percettivi.”

Questo post non intende spingersi nei meandri della psiche umana né dare indicazioni terapeutiche ma ha lo scopo di farvi riflettere, di analizzare il vostro comportamento al fine di capire se vi siete infilati in una delle due “sindromi zonali”.

E’ facile essere coinvolti e travolti da una delle due zone senza nemmeno averlo capito. Fa parte della natura stessa delle zone di comfort o di scomfort. Il primo passo è capirlo. Ti riconosci in ciò che ho descritto? La tua vita è ferma, bloccata da una “ganascia percettiva” che non ti consente di evolverti? Bene. Capirlo è il primo passo. Il secondo è prendere un quaderno o un blocco degli appunti sul quale scrivere un obiettivo. Non ho detto tre o trenta o trecento ma uno soltanto. Qualcosa che non hai mai fatto e che avresti voluto fare ma che hai condito, come si fa con le patatine con la salsa ketchup, con una massiccia dose di frasi depotenzianti che ti hanno convinto che quelle patatine sono buonissime così. Peccato che tutta quella salsa non ti fa apprezzare il vero sapore di quel cibo e che ti sei convinto che il sapore delle patatine sia quello del ketchup. Una volta aver scritto il tuo obiettivo descrivi brevemente come vorresti o potresti raggiungerlo. Fissa una scadenza, senza la quale non sarebbe possibile ottenere alcun risultato; “entreresti gratis al festival dei procrastinatori con VIP Pass”. Una volta scritto l’obiettivo (plausibile, veritiero, tangibile), aggiungi una breve descrizione in merito a come vorresti raggiungerlo e il tempo entro il quale ti impegni ad ottenere quel risultato. Trova un testimone, una persona a te fidata, esterna alla tua comfort o scomfort zone e chiedile di fare da testimone. Non deve fare molto se non assicurarsi che una seconda copia di quel foglio, firmata da te e da lui/ei, entri in suo possesso. La deve solo custodire e, in prossimità della scadenza, verificare se i tuoi propositi si stanno realizzando. Al termine, se l’obiettivo è stato raggiunto, oltre ad essere fiero/a per questo, FESTEGGIA! Goditi il momento. Poi poniti un nuovo obiettivo, un po’ più ambizioso del primo. Continuando su questa strada potrai progredire, uscire dalla tua “zona”, qualsiasi essa sia, e ambire a qualcosa di più.

Semplice? Nient’affatto ma…

“Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino.”
MARTIN LUTHER KING

ORO. Valore assoluto fin dai tempi della preistoria

L’oro è il bene rifugio ed è il re tra i metalli nobili.

Da oltre 6.000 anni accompagna l’esistenza di noi esseri umani. Fin dagli albori del suo impiego, l’uomo, per l’oro…

…estrae, scava, setaccia, lavora, affina, baratta, compra, vende, commercia, regala, razzia, fonde, depreda, ruba, scippa, conquista, combatte, ammazza, violenta, adorna, riveste, decora, applica, nasconde, investe, disinveste, regna, idolatra, venera, conia, saggia, custodisce, analizza, legifera, adora, ama, ammira, usa, celebra, gratta, trafila, lamina, plasma, lima, taglia, tradisce, accumula, trasporta, distribuisce, espone, falsifica, garantisce, certifica, blistera, detiene, punzona, mangia, conserva, cerca invano di riprodurre artificialmente, fonda imperi e religioni e gli attribuisce anche poteri magici e curativi.

Secondo te, perchè?

Non c’è prodotto finanziario, assicurativo, vincolato o svincolato, azionario o obbligazionario, bilanciato o “sbilanciato”, virtuale, digitale o analogico al pari dell’oro.

L’oro è oro e chi ce l’ha vince. Questo in risposta a chi mi chiede: “Perchè adesso sei Area Manager di Careisgold Spa?”

Perché in un’epoca in cui spesso si fa fatica ad avere dei riferimenti, dei valori, una protezione, una qualche sicurezza, l’unico bene materiale, tangibile che ritengo (ma non solo io) meritevole di attenzione, soprattutto perchè le banche in generale non hanno piacere che tu lo possegga fisicamente (solo questo dovrebbe farti riflettere), è l’oro.

Comprendi la potenza e il valore di questo metallo?

Chi ha capito che è l’unico vero bene rifugio se lo tiene o lo accumula. Al bisogno è liquidabile in quanto valore di scambio universale e ambito da chiunque.

Hai sottoscritto per oltre vent’anni piani di accumulo basati su carta. Hai acquistato buoni fruttiferi postali. Hai investito in azioni. Hai lasciato i tuoi soldi in banca ad erodere il potere di acquisto a causa dei costi bancari e dell’inflazione. Tutto molto interessante. Tutto molto inconsistente.

L’oro è tangibile. L’oro è di chi lo possiede. L’oro è il valore reale ed assoluto. L’oro è moneta.

Potere di acquisto dell’oro. Periodo 2000 – 2022 – Immagine tratta dal sito Careisgold.it

Se a tutto questo aggiungi il fatto che svolgo un’attività che mi piace con un’azienda leader nel settore che offre tutti i servizi necessari e garanzie ai propri clienti e il supporto costante formativo e operativo ai propri collaboratori, capisci che hai poco da pensare ma solo da agire.

Ed ecco che ho agito ed oggi sto salutando la mia attività ultra venticinquennale nell’ambito della comunicazione visiva www.achrom.info e la mia attività decennale e-commerce nel settore droni www.dronefly.shop. Il passaggio è breve e la voglia di FARE è ai massimi livelli.

E’ l’ora dell’oro fisico da investimento!

Se vuoi mettere al riparo un po’ dei tuoi risparmi, contattami e ne parliamo.

Se vuoi afferrare un’opportunità professionale seria, legale che non richiede investimenti, senza nessun rischio e che si ammanta di tutta una serie di vantaggi, contattami e ne parliamo.

Io ho fatto le mie scelte e tu?

Contattami e ne parliamo!

www.consulenteoro.it

Tutto arriva per chi sa aspettare

Tutto arriva per chi sa aspettare… ogni qual volta muoviamo qualcosa in una precisa direzione, avendo cura di reiterare l’azione con costanza, seguendone l’andamento e se occorre intervenendo per agire ulteriormente al fine di ottenere un qualche risultato.” Perchè poi non è nemmeno detto che arrivi quello che si vuole, pur facendo.

Questa dovrebbe essere la frase completa, siamo onesti. Invece continuo a sentire solo “Tutto arriva per chi sa aspettare”, punto e basta. La trovo una frase puerile e mutuata semplicemente da una convinzione fatalista, attendista, possibilista, fancazzista che spinge a pensare che le cose accadano e basta, per volontà del destino, per qualche disegno divino o perchè l’universo risponde alle nostre richieste attraverso l’entanglement quantistico. Dai, volevo usare anche io questa frase. Ora va di moda dire “entanglement quantistico”, così, alla cazzum. Ci sono dei fisici che studiano per decenni fisica quantistica che hanno dei bordoni quantistici quando sentono gente che usa questa espressione al pari di un “q.b.” nelle ricette di cucina.

Ecco…

Tornando al modo di dire che ho riportato nel titolo di questo post, “Tutto avviene per chi sa aspettare”, se la frase viene concepita e recepita come conclusa in questo modo è un totale disastro!

Non avviene nulla se non si fa nulla e questo ce lo dice chiaramente la terza legge del moto di Newton: “Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Non solo, è proprio quel “contraria” che nella vita di tutti i giorni, già facendo un’azione, spesso determina un gran casino. Anche se non viene spiegato a scuola, spesso, la terza legge di Newton si sposa con legge di Murphy, il cui enunciato è il seguente: “Se qualcosa può andare storto, lo farà.”

Però sono d’accordo su un punto.

Se FAI poi devi anche attendere. In tal caso il concetto di aspettare trova senso nel momento in cui il fattore tempo diventa necessario affinché una reazione avvenga ma solo dopo aver agito.

Se ti tiro uno schiaffo è facile che dopo un secondo o due tu me lo renda. Se invio una email, magari dovrò attendere qualche ora o anche un paio di giorni per attendere una risposta (dipende a chi la invii e a che ore). Se metto una torta in forno dovrò attendere che cuocia secondo tempi e temperature precise…

Di fatto non posso pensare che le cose avvengano solo perchè le ho pensate stando semplicemente sdraiato sul letto o attendendo “risposte” senza fare nulla. Nemmeno un maestro Jedi o un monaco tibetano ottiene risultati di qualche genere solo standosene sdraiato sul letto. Ma anche se fosse possibile, per diventare un monaco tibetano devo andare in Tibet e votarmi a quel tipo di culto e disciplina e forse dopo qualche decennio potrò riuscire, anche dormendo, a spostare un petalo di loto che si trova in uno stagno posto dall’altra parte del mondo (peraltro la troverei una cosa utilissima). Altresì se volessi diventare un Jedi dovrei quantomeno abbonarmi a Disney+ e sciropparmi diverse volte tutta la saga di StarWars, anche se dubito che poi, col solo pensiero, possa sollevare un caccia stellare X-Wing; fosse solo perchè non vedo in circolazione molti X-Wing per tentare l’esperimento.

Illustrazione creata con AI (dreamstudio.ai)… e dal risultato delle mani si vede ma è comunque funzionale allo scopo

La vita è fatta di continue AZIONI a cui seguono altrettante ATTESE che generano delle REAZIONI ma l’ATTESA da sola non può generare alcuna AZIONE né REAZIONE. Se faccio, avviene qualcosa, se non faccio, non avviene una mazza. In particolare parlando di questioni che riguardano il proprio io, il proprio desiderio di realizzarsi, il proprio modo di pensare in virtù del fatto che uno si meriti o meno certe cose solo per grazia ricevuta. Poi, ripeto, c’è la legge di Murphy che è inesorabile e cieca e si attiva anche se non fai… Tornando all’esempio dello stare a letto attendendo che una qualche cosa a cui tu stai pensando e che desideri possa semplicemente avvenire… “Zac!” arriva la grandine o ti rubano l’auto o ti entrano i ladri in casa o semplicemente ti fai la pipì addosso perchè sei così preso dalla tua fisica quantistica che pur di non alzarti dal letto te la fai addosso e, quantisticamente parlando, non è una bella reazione…

Pertanto, siete avvisati. Chi sento dire che “Tutto arriva per chi sa aspettare”, si aspetti un serafico, sereno, sentito, sonoro “vaffa”; senza aspettare troppo.

“Chi la fa l’aspetti!” 🙂

DroneFly.Shop. L’Opportunità unica di possedere un e-commerce di successo!

Si cambia! E’ giunto il momento…

Era il 17 febbraio 2014 quando pubblicai su questo blog il primo articolo dedicato al tema droni, dal titolo: “Drone mania. 12 cose da sapere se vuoi diventare un dronista“. A rileggerlo a distanza di poco meno di dieci anni mi viene da sorridere. Pare sia passata un’era geologica.

Era già da circa un anno che mi interessavo al fenomeno meglio conosciuto oggi come il settore degli UAS, Unmanned Aircraft System. Quello che all’epoca veniva definito “degli APR”, Aeromobili a Pilotaggio Remoto, almeno secondo ENAC. Stante invece agli appassionati era il settore dei quadricotteri, esacotteri, ottocotteri o più comunemente detto dei droni.

Sì, come dicevo era da circa un anno che mi interessavo ai droni, riscontrando in me un sempre più crescente interesse per questi oggetti volanti che stavano entrando prepotentemente nell’immaginario collettivo di molti e nelle disponibilità ancora dei pochi.

Costavano! C’erano pochi modelli in commercio e per lo più si costruivano da soli; soprattutto gli irriducibili aeromodellisti che avevano alle spalle una lunga storia di esperienze di volo con aeromodelli.

La mia passione si tradusse, come spesso mi accade, in una sana ossessione che mi permise alla fine dello stesso anno di presentare al Roma Drone Conference le mie prime creazioni dedicate ai professionisti ed appassionati di droni.

Non vi tedio con tutta la dietrologia sui fatti che mi hanno portato a diventare, almeno all’epoca, uno dei riferimenti più letti del settore, ovviamente dopo le più blasonate riviste come DRONEZINE e QUADRICOTTERO NEWS. In questo blog troverete molte info sulla mia esperienza in questo ambito.

Nel 2015 decisi di aprire una sezione e-commerce sul mio sito achrom.it, dedicata alla vendita degli articoli che producevo per i “dronisti”. Visto il crescente interesse da parte del pubblico di appassionati e professionisti, poco tempo dopo decisi di realizzare un vero e proprio e-commerce dedicato esclusivamente a questo scopo e settore www.dronefly.shop .

Iniziai quasi per mera soddisfazione creativa. Volevo sperimentare, fare, provare, realizzare. Avevo trovato una palestra creativa che mi dava stimoli e voglia di mettermi alla prova. Mi piaceva, punto e basta.

Avevo il mio lavoro di grafico, mi occupavo di comunicazione visiva ma al contempo mi piaceva disegnare articoli e accessori pensati e realizzati per un settore che ancora, di fatto, non aveva nulla se non il drone in sé e qualche payload.

Passano gli anni, il sito cresce, crescono anche i “copioni” ma cresce anche la mia voglia di fare di più e meglio. La mia attività di grafico andava bene ma col lockdown tutto si fermò, inesorabilmente, inevitabilmente, soprattutto in quei settori dove il tuo lavoro si basa sul comunicare alle masse. Diciamo che “comunicare a chi stava in casa senza poter comprare nulla se non su Amazon” non era proprio semplice. Problema, trovare una soluzione: potenziare il sito DroneFly.Shop, dargli più impulso, sviluppare nuovi prodotti e individuare nuove strategie di marketing. Così feci e di lì a breve il sito divenne la mia fonte principale di reddito.

Questa è l’introduzione in pieno stile americano. Pensa… da quasi cinque anni lavoro in un garage; bello, attrezzato ma pur sempre un garage, proprio come Bill Gates, Steve Jobs o Jeff Bezos agli inizi della loro attività. Beh, io non sono loro, e nemmeno mi interessa esserlo, e non siamo nemmeno in America. Ciò che può interessarti, caro lettore, dronista, imprenditore, cittadino che ti stai guardando intorno per cercare un nuovo business o per ampliare il tuo in un’ottica di diversificazione o di allargamento trasversale dell’offerta per il settore droni è che oggi…

… DroneFly.Shop è in vendita!

Si hai letto bene. Dopo circa 10 anni dal primo vagito virtuale di quella idea che all’epoca poteva apparire come pioneristica o folle, oggi sono arrivato alla serena, consapevole, sentita decisione di passare il testimone per dedicarmi ad un altro capitolo della mia vita e, di conseguenza, il mio obiettivo è vendere la mia piattaforma web con tutto quello che la riguarda: marchi, loghi pittogrammi, esecutivi grafici, coni, cliché, licenze, domini, sito, elenco fornitori, etc… La lista è lunga e ben nutrita.

DroneFly.Shop è in attivo, non ha debiti e fattura tutti i giorni. Mentre scrivo questo post, domenica 3 settembre 2023, da venerdi sera ad ora ho già in pancia 6 ordini da evadere e, domattina, serafico e oramai rodatissimo nel farlo, mi metterò a gestire al meglio gli ordini, anzi, mi piace pensare che curerò al meglio i miei clienti.

A questo punto, curioso come sei, ti verrà naturale chiedere… MA ALLORA PERCHE’ CA.. VENDI?

Cercherò di restare sul semplice. Questione di priorità. Nella vita è importante fare delle scelte nel momento in cui ti senti di voltare pagina. Troppo semplice?

Vediamo se così ti riesco a darti una spiegazione più convincente.

Nel 2017 ho avuto una bella botta in termini di salute. Su questo blog trovi tutta la mia storia; sì lo so, sono uno che quando fa qualcosa non la nasconde, soprattutto se questa cosa la affronto, la risolvo e se può essere utile anche al mio prossimo. Detto questo, da lì ho intrapreso un percorso di consapevolezza, di valorizzazione del mio tempo, del dare delle priorità e, non ultimo, di ricerca di nuove esperienze. Per me la vita è come un contenitore. A me non piace riempirlo solo di una cosa e appiccicarci sopra l’etichetta “grafico” o “blogger” o “imprenditore”, etc… ma amo creare ricette che prevedono l’uso di molti ingredienti, compreso quelli più esotici, ricercati e rari.

Sulla mia lapide, spero più tardi possibile, voglio che vi sia riportato un epitaffio lungo, simile ai testi in prospettiva che introducono StarWars, per ricordare quando fossi innamorato della vita e di tutto ciò che essa mi ha offerto ed io ho saputo cogliere. Mi ritengo un esploratore attivo di questo grande dono e pertanto voglio essere per prima cosa IO, poi tutto il resto che mi avrà caratterizzato fino al momento della mia uscita di scena.

Ma torniamo con i piedi per terra. Oramai sono trascorsi più di 25 anni di onorata professione di grafico, dietro ad un computer… Camilleri scriverebbe che, arrivato a questo punto, “mi sono rotto i cabazisi”.

In altre parole da settembre 2022 ho iniziato a pensare a quale direzione volessi prendere, occupandomi già anche di un altro settore, completamente nuovo e che mi stava dando tantissime soddisfazioni. Da qualche mese ero già Trainer di Careisgold Spa, società italiana, operatore professionale in oro e banco metalli. Te l’ho detto che si trattava di tutt’altra cosa.

Ad inizio 2023 ho preso un nuovo codice ATECO per poter implementare la mia attività in Careisgold e dopo pochi mesi mi sono ritrovato ad essere un’Area Manager dell’azienda.

Tutto questo senza trascurare mai il mio shop online, anzi. Con l’obiettivo di iniziare a pensare di vendere il mio e-commerce decisi di dargli maggiore impulso per venderlo “in attivo”, nella migliore condizione possibile, per permettere a chi ha intenzione di rilevarlo di proseguire nella direzione di crescita e magari fare anche meglio di quanto abbia fatto io fino ad oggi. I margini di crescita sono ampissimi.

A fine 2022 ho deciso di sviluppare il sito anche in lingua inglese, tedesca, spagnola e francese. Ho iniziato ad investire qualche spicciolo in pubblicità su Facebook ed Instagram, ho sviluppato nuovi prodotti e così, ad oggi, mi ritrovo ad aver già evaso 720 spedizioni da inizio anno. Vi garantisco che da solo, facendo anche altro, è un bell’impegno. Bello, soddisfacente ma pur sempre un impegno rilevante.

Oramai, già dall’anno scorso, il mio fatturato nell’ambito grafico e commerciale deriva per lo più da DroneFly.Shop, fatta eccezione per qualche consulenza che ancora svolgo per qualche cliente storico e affezionato. Da quest’anno ho solo un cliente per il quale svolgo consulenza; tutto il resto viene dal lavoro svolto con DroneFly.Shop e dall’attività che svolgo con Careisgold.

Ora è il momento della scelta.

In veste di Area Manager, con delle responsabilità, e soprattutto con una visione del mio futuro ben chiara con Careisgold, voglio fare lo switch entro breve. Ovviamente la mia cifra stilistica che caratterizza DroneFly.Shop, la mia creatività, la mia capacità di realizzare e innovare sono sul mercato insieme alla vendita della piattaforma e-commerce.

Se vuoi numeri, dati, grafici, statistiche di vendita e tutte quelle cose che piacciono tanto agli amministratori di società, commercialisti e avvocati, possono essere richiesti scrivendo a [ordini @ dronefly.shop]. Dopo una prima chiacchierata ti metterò in contatto col consulente che ha ricevuto il mio incarico per curare la vendita della mia attività.

Ho imparato che i sogni sono solo i trailer di ciò che sei destinato a fare e che la vita è in cerca di sognatori coraggiosi capaci di realizzare la propria vita.

Sai qual è la migliore scommessa?

E’ facile scommettere su cavalli, auto o più in generale giocare d’azzardo. Punti, attendi e poi se ti va bene puoi anche vincere o nella maggior parte delle volte perdere ma… debiti a parte, finisce tutto lì. Si lo so, poi se il gioco diventa patologico si trasforma in ludopatia ma non è di questo che voglio parlarti; voglio solo capire se sei pronto/a alla più grande sfida della tua vita.

Su cosa puntiamo? Su di te!

Su l’unica variabile che si pone tra vincere o perdere, sulla quale puoi avere il pieno controllo e sulla quale, probabilmente, non hai mai provato a puntare veramente.

Attesa e casistica (dicesi anche “fortuna” o “botta di cu…” per chi crede nella sorte) sono le uniche tue due compagne di gioco?

Se vuoi veramente scommettere, capire cos’è una scommessa seria, punta più in alto. Punta su te stesso/a. Punta sulle tue capacità o su quelle che puoi acquisire investendo in formazione. Migliorati! Punta sulla tua determinazione (se ne hai poca si può allenare) nel voler riuscire a tutti i costi a fare qualcosa che altri non hanno fatto o che semplicemente TU non hai mai fatto. Come sei adesso lo sai, come potresti essere è tutto da scoprire.

Essere capaci di puntare su se stessi implica prima di tutto avere del coraggio e voler uscire dalla propria zona di confort. Sì, dai, da quell’area di parcheggio dove hai preso la residenza e nella quale ti stai crogiolando tra paure, scuse ed incertezze. Ti ci trovi relativamente bene perchè non sei stato abituato ad avere una visione o ti hanno limitato nel pensare di poterne avere una. Ecco! Mi riferisco a quella mancanza di visione che oggi è stata assorbita e sostituita dalla televisione. Sei lì, fai quello che hai sempre fatto pensando che sia quello che il DESTINO ha in serbo per te.

“Ti guardi a nastro” le serie televisive su Netflix, Amazon Video, Disney+, etc. (tanto per citare qualche brand). Al sabato o alla domenica riesci ad andare in pizzeria col partner, figli e/o amici (ancora per poco visto che i prezzi continuano ad aumentare). Ti alzi dal letto (mal volentieri), vai a lavorare; pensi alle prossime vacanze e lo fai soprattutto verso la fine delle uniche che stai facendo durante l’anno e poi, per provare il senso del rischio o mettere a “dura prova il tuo DESTINO”, ti fai un “gratta e vinci” o vai ad una VLT a smacchinare qualche euro o fai una capatina sul web a giocare su qualche sito di scommesse.

“Non ci posso fare nulla!”, o peggio, “Oramai a questa età chi me lo fa fare di cambiare?”

Ti faccio una domanda:

Sei felice?

Te lo chiedo perchè capita che il proprio livello di felicità si basi su dei parametri che derivano solo dalle proprie frequentazioni; spesso circoscritte o comunque limitate. Ti rapporti con chi vedi da decenni e questo ti dà l’unica dimensione del tuo mondo. Vivi in un microcosmo precario, spesso caratterizzato da una mancanza di confronto verso l’alto. Non hai altro metro di paragone se non guardare altri che più o meno vivono la tua stessa condizione. Se vedi qualcuno che è cambiato o che ha ottenuto successo (spesso le due cose coincidono), sei pronto/a ad additarlo come quello che ha fatto “qualcosa di strano” forse anche di “illecito” e che sicuramente “il suo successo non durerà” o che “i soldi non fanno la felicità” e che magari “prima o poi si troverà nei guai”. Ok… se parliamo di qualche personaggio noto alle forze dell’ordine ci può anche stare ma in linea di massima questi pregiudizi vengono cosparsi a pioggia, a prescindere dall’analisi dei fatti (e per “fatti” non mi riferisco ai clienti dei suddetti personaggi noti alle forze dell’ordine).

Ti hanno insegnato a soccombere ai “no” o ai “non fare”. Ti hanno detto che “chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia e non sa quel che trova” e con questo ti hanno puntellato dove sei, infondendoti paure per tutto, condite da un’eccessiva razionalità che ti tiene lì a pensare strutturando i tuoi pensieri a suon di “E se poi?!?!” oppure “Gli altri cosa penseranno di me?” e mentre lo fai sei sempre lì.

Non ti preoccupare. Se stai leggendo questo post sei nella prima fase del cambiamento. Quella che ti spinge a guardarti attorno per vedere se sei solo tu fuori di testa o se a giro ce ne sono anche altri.

Benvenuto/a nel club. Sono tra quelli che nella vita ha sempre fatto qualcosa “contro corrente”. Ho sempre portato avanti le mie idee, a prescindere da ciò che la gente pensava o pensa di me. Una buona parte di questo blog ti può mostrare ciò che sono e ciò che ho fatto ma in sostanza non sono qui per incensarmi.

Sto solo dicendo che il primo passo inizia sempre mettendo un piede avanti. Non potrai mai sapere se la strada che stai prendendo ti porterà al raggiungimento del tuo obiettivo ma puoi esser certo/a che restando immobile le cose resteranno come sono adesso. Anzi, ti svelo un segreto; tendenzialmente se non fai nulla per scardinare lo status quo le cose possono solo peggiorare, se non altro perchè il fisico invecchia e avrai bisogno di più attenzioni, avendo progressivamente meno capacità di reagire agli “eventi avversi”.

In altre parole, lo sai che tutti i giorni hai una vita davanti che ti attende? Lo sai che ogni giorno puoi fare qualcosa per migliorare?

Dove sta la fregatura?

Beh… in effetti c’è e si vede.

Giocare d’azzardo comporta “solo” il rischio di perdere o di vincere e di conseguenza puoi darti del coglione o del vincitore. Se invece perdi con te stesso, nel tentativo di uscire dal sistema e di migliorarti, allora subentra quello che la società indica come “fallimento”. Riassumendo, se perdi una scommessa al gioco sei uno che ha avuto coraggio e può mitigare la debacle aggrappandosi ad un “ritenta e sarai più fortunato”, a beneficio del banco o del sistema che gestisce il gioco d’azzardo. Se perdi, nel tentativo di fare qualcosa per te, per la tua carriera, per migliorare la qualità della vita della tua famiglia e magari per qualche motivo non va come pensavi, allora prima di tutto sei un incosciente e subito dopo un perdente o un fallito. Questo nel nostro Paese e comunque non in quelli anglosassoni dove il fallimento “viene considerato come aspetto insito nel loro tipo di cultura, necessario nell’imprenditoria e nel mercato”; come riportato su Harward Business Review (MAGGIO 2021 – ll valore del fallimento di VALENTINA PELLICCIA).

Al netto di queste considerazioni ti posso dire una cosa molto semplice.

Adesso lo puoi fare; domani puoi provarci; dopodomani ci dovrai pensare e la prossima settimana non lo farai perchè la razionalità, inzuppata nel brodo dei “ma che cos’hai per la testa?” o “hai una famiglia ma non ci pensi a loro?” o anche “alla tua età cosa pensi di fare?” e… dulcis in fundo “cosa penseranno gli altri di te?” beh… stai tranquillo/a che ti porterà solo a “fare un bel nulla”.

Cetto La Qualunque si esprimerebbe in altro modo.

Cetto la Qualunque “na beata minchia” – dal canale YouTube: @GliSpezzoni

Ovvio che non devi buttarti nel fuoco o provare per forza sport estremi a tutti i costi. Sto parlando di cambiare strada per migliorare la qualità della tua vita. Di quella strada lungo la quale puoi trovare questo cartello:

Non importa se ha una confluenza a destra o a sinistra. E’ il concetto che ti invito a cogliere. La strada centrale è quella che stai percorrendo. Non sei al classico bivio destra o sinistra; quello ti impone una scelta obbligata. Sei invece in una situazione dove puoi proseguire come stai facendo da anni ma ad un certo punto ti capita una confluenza. Si palesa. Puoi semplicemente rallentare e poi, una volta superata, puoi nuovamente accelerare e continuare il percorso che stavi facendo.

Pensa se quella confluenza fosse in realtà una possibile scelta che può cambiarti la vita in meglio. Certo, come evidenzia la grafica del cartello, può implicare il dover tornare un po’ indietro o andare contro mano. In tal caso scendi dal mezzo e vai a piedi ma procedi ugualmente perchè è solo così che puoi vedere dove ti porta veramente quella strada.

Ci stiamo affidando sempre più ai controlli automatici, alla AI, ai sistemi di guida avanzati. Ci facciamo condurre e non siamo più conduttori delle nostre vite.

Sai come fare per uscire dalla zona di confort e fare la differenza? Ci cono solo due modi e sono gli stessi che adotti quando usi il navigatore:

  • Avere un obiettivo. Quindi sapere dove vuoi andare. Capire quale cambiamento vuoi fare e quando desideri che ciò avvenga.
  • Avere una vera motivazione in grado di farti alzare il sedere dal divano e farti andare da un punto A ad un punto B; altrimenti non sali nemmeno in auto. Per la nostra vita è la stessa cosa.

C’è la buona notizia?

Sì, ed è che la confluenza lungo la strada della tua vita puoi crearla tu. Si chiama visione e compare solo se prendi quei sogni che hai riposto nel cassetto, come ti è stato detto di fare fin da piccolo perchè “devi avere i piedi piantati per terra e non avere la testa tra le nuvole”, e decidi di cambiare direzione. I sogni restano tali se li lasci nel cassetto ma diventano obiettivi se li spolveri e li collochi come confluenze nella tua strada e decidi di dirigere le tue energie verso nuove direzioni.

Altra cosa fondamentale: datti un tempo, una scadenza entro la quale raggiungere l’obiettivo altrimenti procrastini all’infinito e l’obiettivo torna ad essere un sogno che riporrai nel cassetto e stavolta sarà pure un sogno stropicciato.

Non esiste che tu salga in auto, imposti il tuo navigatore e poi non sai quando arriverai a destinazione. E’ la prima cosa che controlli sul display del tuo dispositivo dopo aver impostato la direzione. Ovvio, poi possono esserci gli imprevisti come traffico, incidenti, lavori, deviazioni di percorso ma tu prosegui verso quella direzione. Ecco, questo accade perchè è lì vuoi andare. Allora fai lo stesso con quella “confluenza” che adesso hai capito che finalmente puoi creare autonomamente nella tua vita o cogliere quando si presenta.

Allora, se di scommessa parliamo, vogliamo farne una seria? Ti sfido ad affrontare una delle scommesse più affascinanti e rischiose che la vita ha da offrirti.

Scommetti su di te.

Scrivi qui nei commenti quale strada vuoi intraprendere, quale sogno dal cassetto hai finalmente deciso di trasformare in un tuo obiettivo. Non dimenticare di scrivere anche la data entro la quale lo vuoi raggiungere. Sii preciso/a nel descriverlo. Se hai deciso di guadagnare più soldi scrivi esattamente quanti, in che modo intendi farlo e in quanto tempo. Adesso prendi i tuoi freni inibitori e sbloccali. Alza le tue pretese. Punta dritto all’obiettivo tenendo sempre in mente cosa ti spinge a farlo. Fai in modo che sia una cosa che vuoi per te, anche se poi è legata al benessere della tua famiglia. Deve essere una cosa potente e che senti veramente.

Abituati a dividere in porzioni misurabili il tuo obiettivo e a collocare ogni porzione dentro un periodo temporale breve. Come diceva il grande Totò: “è la somma che fa il totale”. Se guardi subito al totale può spaventarti e scoraggiarti ma se invece lo dividi in passaggi intermedi vedrai che tutto risulterà più fattibile, semplice e misurabile.

Totò “è la somma che fa il totale” – dal canale YouTube @EnnaVivi

Se hai voglia di cambiare il tuo percorso e ancora non hai chiaro dove dirigerti, ti suggerisco una confluenza. Ti propongo quello che fu proposto a me ad ottobre del 2021 e che oggi mi ha permesso di diventare AreaManager di un’importante azienda italiana. Magari può essere anche per te un mezzo attraverso il quale raggiungere i tuoi obiettivi.

Pertanto: “Se ti proponessero un’attività legale, professionale, altamente formativa, che non richiede investimenti d’impresa, che puoi conciliare con il lavoro che già svolgi e che opera nel settore del bene rifugio per eccellenza (in altre parole: oro), la valuteresti seriamente?”

Se vuoi contattarmi per saperne di più puoi scrivermi attraverso i commenti o tramite i miei canali web/social:

Nel frattempo, parafrasando la nota frase del mitico maestro Yoda di Star Wars, ti lascio con un sentito: “Che la confluenza sia con te”.

Cambiare per amore della vita

Cambiare è importante. Dà la giusta dimensione, peso e senso alla vita. Permette di fare nuove esperienze, metterti alla prova, evolverti e seguire il flusso evolutivo naturale che di fatto spinge l’uomo a muoversi verso il passo successivo, verso una più profonda e piena consapevolezza di sé.

Per molti il cambiamento è un trauma perchè comporta avere un progetto, un’alternativa, avere una direzione da prendere e soprattutto implica il dover uscire dalla propria zona di confort per compiere il primo passo verso quel cambiamento.

Richiede coraggio.

Il come fare a cambiare è relativo o comunque lo si scopre durante il processo di cambiamento. Di solito la prima scintilla che innesca il cambiamento offre anche la direzione da prendere che a sua volta produce la combinazione di elementi che servono a dare un senso a quel cambiamento e una maggiore consistenza a quella decisione.

Ci sono vari modi di cambiare ma uno solo è veramente efficace ed è Fare! Prendere quella decisione una volta per tutte. Decidere di metterci almeno quella energia sufficiente a muovere la “massa della routine” dalla sua condizione di inerzia.

E’ fatica. Boia se è fatica ma ne vale la pena.

Decidere di agire è l’unico modo per sentirsi veramente centrati con se stessi; vuol dire non aspettarsi nulla dal mondo; significa prendere consapevolezza col proprio io e assumersi delle responsabilità con se stessi e nei confronti di chi ci sta accanto.

Immagine realizzata con Bing Image Creator

Come riportato su Psychology Today in un articolo a firma di Nassir Ghaemi, MD, MPH, professore di psichiatria alla Tufts University e docente di psichiatria alla Harvard Medical School, il cambiamento è ritenuto fondamentale e nell’articolo vengono illustrate le dinamiche del cambiamento in contrapposizione alla logica “dell’adagiarsi sugli allori”, affermando che per ogni cosa c’è una stagione e che non è necessario, anzi può essere deleterio, fermarsi alla conoscenza di una sola materia, rischiando di escludere a priori tutto il resto. E lo dice un MD, MPH che presumo ne abbia fatta di strada lavorando per qualche decennio sulla medesima branca medico-scientifica.

Con questo non è che se uno si specializza in un determinato ambito, in modo quasi monastico nei confronti della propria professione, non sia da meno o sia da “additare”, anzi. Ovvio che ognuno segue un proprio percorso di vita e alcuni campi, soprattutto scientifici e in particolare quelli che operano nella ricerca, richiedono decenni per portare avanti un progetto.

Occorre fare anche un distinguo tra cambiamenti. Ci sono quelli voluti, quelli indotti dalle circostanze e quelli ciclici che sono necessari per sviluppare nuovi processi.

Vediamoli rapidamente uno ad uno.

I cambiamenti voluti sono proprio quelli che partono da un ragionamento, da un’analisi oggettiva dei fatti proiettata verso l’immediato futuro. Le domande di solito sono queste, più o meno: “In che momento di vita mi trovo?”, “Cosa voglio ottenere nei prossimi 3-5-10 anni?” Dopodiché partono una serie di ragionamenti che possono portare al cambiamento se spinti da un forte “Perchè voglio cambiare?”.

Poi c’è il cambiamento indotto, quello che avviene “per forza maggiore” o a seguito di eventi esterni. Ad esempio dalla perdita del lavoro, da una malattia importante, un incidente, un lutto in famiglia e in rari casi un’ingente vincita o eredità che arriva inaspettatamente. Da qui parte il ragionamento sul “Quindi? Adesso che faccio?” consapevolizzando che la vita, da quel momento in avanti, non sarà più la stessa e il cambiamento è una conseguenza naturale, per non dire imposta.

Infine, ci sono i cambiamenti ciclici che caratterizzano alcuni lavori/professioni, a partire da quelli stagionali o caratterizzati da specifiche mansioni specialistiche che si esauriscono nel giro di un tempo determinato, vedi geologi o archeologi ma anche periti, etc. Il cambiamento, in questi casi, è insito nella professione stessa.

Dopo questo preambolo vi accenno del mio ultimo cambiamento. Di fatto, senza che me lo consigliasse il Prof. di cui sopra, ciclicamente tendo a prendere delle decisioni importanti che mi portano ad affrontare un nuovo cambiamento. Trovo questo percorso estremamente stimolante. Questa volta è scaturito da un mix di circostanze classificabile indottovoluto.

Ho sempre avuto interesse per tantissime cose. Sono uno che ha “fame di nozioni” e sono curioso. Mi muovo con i “perchè” e cerco di dare delle risposte ai miei dubbi o quesiti. Se una cosa mi appassiona, e accade spesso, approfondisco il tema fino a portarlo ad un livello tale in cui arrivo ad una decisione binaria:

  • ok, sono soddisfatto, adesso può bastare così
  • ok, non sono soddisfatto, devo proseguire e approfondire ulteriormente

Nel secondo caso la decisione mi porta a fare delle scelte importanti, spesso drastiche, che mi danno la possibilità di inserire nel mio percorso di vita una nuova presenza; un’idea fissa, una sensazione di novità, di entusiasmo che mi spinge ad agire. Da prima in parallelo a ciò che già svolgo e in seguito, se lo ritengo sensato, opportuno, quindi anche fattibile, posso arrivare a fare uno switch verso quello che diventa un vero e proprio cambiamento.

Chi ha sfogliato questo blog avrà letto che nel 2017 ho avuto un cancro al seno. Da questa esperienza ho ricevuto un grande dono che si può riassumere in “maggiore consapevolezza” della vita, del tempo, della qualità del tempo e della vita, del piacere di condividere momenti con persone che amo o anche ricevere la forza e un sano entusiasmo nel lasciare andare le situazioni e le persone “tossiche”. Da questo punto in poi, quindi da questo evento in cui il cambiamento è stato indotto, ho iniziato a riflettere e a guardarmi intorno.

Col lockdown, altro evento che ha richiesto dei cambiamenti indotti, ho fatto numerose ricerche, ho studiato e mi sono aggiornato. Nel maggio del 2021 sono diventato cliente di Careisgold Spa e dopo quattro mesi da quel momento ho partecipato al primo corso di formazione, propedeutico alla professione di consulente in oro fisico da investimento. Sono diventato consulente, ho partecipato a numerosi altri corsi e grazie a questi, agli insegnamenti ricevuti dai docenti 4Change, rete commerciale di Careisgold, nel 2022 ho migliorato il fatturato dell’attività principale del 27%.

Con la crescita del fatturato, soprattutto generato dal mio sito e-commerce DroneFly.Shop, sono cresciuti gli adempimenti quotidiani: spedizioni, gestione fornitori, clienti, fatture, spedizioni, magazzino, etc. A luglio 2022 sono diventato Trainer di Careisgold ed ai primi di ottobre del 2022 ho deciso di valutare la vendita della mia attività per dedicarmi full-time a Careisgold. Decisione che mi ha spinto ad un cambiamento voluto, ampiamente ponderato e frutto di un lungo confronto con le parti coinvolte, a partire da mia moglie passando per il commercialista fino ad arrivare ai miei fornitori e clienti.

Ovvio che certi cambiamenti richiedono del tempo, soprattutto se hai delle responsabilità verso terzi e un’azienda sana, che non ha debiti, che fattura e che vuoi vendere a chi è in grado di acquistarla e soprattutto è capace di proseguire un percorso iniziato nel 2013 (da un cambiamento), sviluppato nel 2014 e concretizzato nel 2015 come e-commerce www.dronefly.shop.

Mentre vi scrivo mi trovo nella fase limbica tra un nuovo ruolo e una nuova carriera nel settore del bene rifugio e un’attività commerciale avviata nel settore droni che richiede tempo ed energie. Momento interessante, non facile da gestire ma appassionante. Sento l’energia del cambiamento. Sento il desiderio di cimentarmi in un nuovo percorso di vita che ho intrapreso un paio di anni fa da semplice cliente e che oggi, grazie o per colpa della mia curiosità e in virtù degli scenari economico-finanziari che stiamo vivendo, vivo con maggiore impulso e con una visione più chiara in merito al percorso che voglio fare.

Oggi ho una mia squadra di collaboratori che lavora con me. Amici, persone con le quali ho il piacere di trascorrere dei momenti insieme e che talvolta paiono non essere nemmeno situazioni di lavoro. Ho la consapevolezza di avere per le mani la soluzione per tante persone, famiglie e aziende, in un’ottica di protezione e/o diversificazione di investimento per i propri risparmi. Mi piace pensare che attraverso questa attività possa trasformare la carta (o cartamoneta) in oro, in lingotti veri, l’unico valore reale e bene rifugio per eccellenza.

E’ un gran momento. Mi sento al centro del cambiamento. Sento la passione e il desiderio di raggiungere nuovi obiettivi, di cimentarmi in nuove sfide, di cambiare in meglio il mio futuro e quello delle persone che mi circondano.

Benvenuto cambiamento!

Immagine realizzata con Bing Image Creator

Segnalibro – Fondazione Umberto Veronesi

Ringrazio la redazione del Magazine online della Fondazione Umberto Veronesi per aver presentato, all’interno della rubrica “Segnalibro”, il mio libro IL CANCRO AL SENO NON E’ SOLO ROBA DA FEMMINE. UNA CAREZZA PUO’ SALVARTI.

Un particolare ringraziamento va Caterina Fazion che mi ha contattato ed intervistato.

LINK alla pagina del Magazine

Il Davide sconfitto da Golia

Ho aspettato un po’ prima di decidere di scrivere questo articolo ma non si può mantenere sempre l’atteggiamento del “non ti curar di loro ma guarda e passa”.

Stamani, mentre “spippolavo” su Facebook (è un vizziaccio, lo so), tramite il post di un amico è tornata alla mia attenzione la notizia di cui desideravo occuparmi da un paio di giorni, il Davide di Michelangelo coperto da un drappo nero “come gesto simbolico di lutto per ricordare le vittime di questa guerra e esprimere tutto il dolore di Firenze”

Nel virgolettato ho riportato le parole scritte dal sindaco del capoluogo toscano, Dario Nardella, sulla propria pagina Facebook.

Vorrei pensare che l’intento del sindaco di Firenze fosse mutuato da tutta una serie di ragionamenti e di stati d’animo che poi sono sfociati verso l’idea del “voglio fare qualcosa a tutti i costi per l’Ucraina”. Vorrei pensare che cercasse di interpretare le sensazioni che in questo momento pervadono le menti e i cuori di tutti, fiorentini in primis ma…

Vorrei ma non posso.

Non posso perchè certe cose lasciano il segno e se un sindaco si muove in una certa direzione si presume che lo faccia dopo aver riflettuto e ponderato le conseguenze di quel gesto, e questo non mi pare ben riuscito.

Mi viene da fare una prima riflessione, molto banale, forse puerile per alcuni ma come tale ritengo che sia portatrice di una “sana ingenuità” e spontaneità. Perchè fare un gesto simile, così plateale, per questa guerra, quando non lo si è fatto per l’Afghanistan o per la Siria o per tutte le guerre che hanno caratterizzato gli ultimi decenni delle noste vite? Perchè questa? Ci sono vittime più o meno degne di essere ricordate? Ci sono dittatori più o meno crudeli da condannare?

Oltre a questo, trovo il gesto veramente inopportuno e fuoriluogo proprio per il significato che esprime l’opera di Michelangelo e che anche il sindaco Nardella ha messo in evidenza in apertura del suo post, “Il Davide, emblema della libertà contro la tirannia”.

E lo copri?

E lo copri soprattutto con un drappo nero che di fatto trasforma la bianca, candida pietra marmorea, magistralmente plasmata dalle mani di Michelangelo (anche se quel Davide è una copia; quella esposta in Piazza della Signoria), in un tetro omaggio alla nera mietitrice? Di fatto diventa la celebrazione del trionfo del male sul bene. L’affermazione del maligno sulla fede e sulla pace. Davide fu colui che sconfisse Golia attraverso l’aiuto del divino, di Dio padre e il sindaco Nardella prende il Davide e lo impacchetta, avvolgendolo da capo a piedi, piedistallo compreso, in un telo nero.

Forse è un gesto poco riuscito (pessimamente riuscito) che intendeva ricalcare il messaggio artistico che ha caratterizzato il lavoro e lo stile dell’artista Christo?

Ph. Benjamin Loyseau – 2021 Christo and Jeanne-Claude Foundation – Da https://www.archiportale.com/

Non credo proprio.

Ditemi se coprire con un drappo nero il Davide di Michelangelo non sia il peggior messaggio che si possa offrire alla città e al mondo intero, per manifestare contro il male che si palesa attraverso l’atto più ignobile che vi sia, la guerra. Aver coperto il Davide con un drappo nero lo trascina a forza nelle tenebre e la sagoma che ne deriva e che si staglia dalle mura di Palazzo Vecchio diventa la figura del male che si impossessa di Firenze.

Se l’intento era listare a lutto il Davide sarebbe bastato mettere una fascia nera al braccio della statua; semmai. In tal caso sarebbe stato un messaggio chiaro, riconosciuto in tutto l’Occidente come un reale segno di lutto. Casomai lo avrei declinato in forma di omaggio e di rispetto verso tutti i caduti delle guerre, non solo per quella che si sta consumando in questo momento in Ucraina.

Questo invece è l’ennesimo segno di potere e di affermarazione che certi statisti, che evidentemente adorano i simbolismi e i rituali, atti a “riconoscersi tra simili”, intenti ad affermare il proprio potere, manifestano platealmente in barba ai cittadini e a tutta l’umanità. Sì, perchè il Davide di Michelangelo, anche se “ha la residenza a Firenze”, è comunque un’opera d’arte, un capolavoro, è patrimonio di tutta l’umanità e come tale deve essere valorizzato, rispettato e mantenuto intonso, soprattutto evitando di stuprarlo e trasformarlo in un totem eretto in onore del male.

Non mi piace!

Trovo questo gesto intriso di significati negativi, per non dire protesi alla celebrazione del “satanismo”, che si esprimono in modo diametralmente opposto rispetto al voler gridare un netto “no a tutte le guerre”, quindi anche ad un “no al signore del male”.

Ultimissima riflessione… pensate a quei quattro turisti che si aggirano a Firenze, assaliti dai negozianti che si contendono gli avventori in un clima generale di profonda crisi, che trova origine già da prima del Covid19, figuriamoci adesso, in questo contesto caratterizzato da scenari di guerra. Ecco, immaginate quelle persone che arrivano per la prima volta in Piazza della Signoria e si trovano “questo coso”. Pensate che sensazione di “bellezza” e di “rinascimento” percepiranno nel vedere il cupo mietitore.

Welcome to Florence…

I Divinatori

Foto da PixaBay

Essi transitano all’interno di una buia valle. Il loro cammino è scandito dalle parole di un gruppo di neo profeti che professano la “vacciniade”; fonte di lunga vita, di progresso umano ed unica soluzione per uscire dalla “fantapandemia”.
I divinatori recitano a gran voce i loro rituali coinvolgendo milioni di persone. Con l’ipnosi collettiva hanno insinuato l’idea che “le persone moriranno” e che quindi il popolo debba difendersi dall’inevitabile (prima o poi dovrà pur accadere, n.d.r.), attraverso reiterati atti di purificazione definiti “cicli vaccinali”.

Promuovono una catarsi geno-chimica su persone sane, anche se sono consapevoli che su talune potrebbe produrre conseguenze nefaste. L’importante è recitare la formula purificatoria, includendo la frase, pronunciata tutta di seguito: “noncealcunacorrelazione”. A seguito del rituale le virtù del siero, decantate a gran voce dalle guide spirituali e secondo nuovi paradigmi, potranno superare i vantaggi offerti dalla vita stessa, dalla natura, dal buon senso e da quei principi che fino a pochi anni fa erano i capisaldi di quella che oggi possiamo definire una “scienza divenuta improvvisamente obsoleta”.

Ai lati della semovente massa antropomorfa si aprono continui spiragli di luce che filtrano dalla fitta vegetazione circostante. Ogni raggio è portatore di vita e di verità ma, nonostante questo, molti seguono in adorazione i divinatori che posti alla testa del gruppo continuano indefessamente a professare il nuovo verbo. Sanno di mentire e ancor più sono consapevoli di non conoscere e nemmeno poter vedere la direzione presa; i divinatori “navigano a vista”. Sono a loro volta condotti verso il baratro, illusi di poter asservire il potere maximum che li ha sapientemente manipolati e portati a “non pensare” ma solo ad agire, anzi, ad eseguire, secondo precise regole.

Il mondo è malato e deve essere purificato, ad ogni costo.

Foto da PixaBay

Il nemico prende sempre più forma e da agente patogeno quale era, invisibile almeno ad occhio nudo, si materializza in qualcosa di concreto e di percepibile per i sensi, seppur assopiti o alterati. Diventa il feticcio sul quale riversare ogni paura, frustrazione, rabbia e vendetta. E’ il “novax”, la cui definizione viene imposta d’ufficio a quei parenti, amici, vicini di casa con i quali fino a poco tempo prima si è condiviso il piacere di stare insieme o, più semplicemente, con cui potevamo relazionarci attraverso una “tacita armonia di specie”. E’ così che il “non conformato” diventa “l’altro”, la minaccia.

Foto da PixaBay

Il virus ha preso più strade, ragionevolmente tutte nella direzione opposta rispetto a quella intrapresa dalla “compagnia del siero”. Gli adepti proseguono il cammino, forti della protezione acquisita, almeno secondo le rassicurazioni verbali diffuse dei profeti e in contrapposizione alle evidenze che si palesano sotto gli occhi di tutti; almeno di chi vuol vedere. Lentamente ma inesorabilmente questa variegata moltitudine di individui sta perdendo ogni identità, senso civico, moralità, spiritualità, coscienza e caratteristica biologica afferente all’essere umano. L’omologazione porta alla creazione di un nuovo movimento di pensiero, quello del “non pensiero” e, perché no, del “togliamoci il pensiero”. Il vaccino diventa lo strumento attraverso il quale ottenere la libertà condizionata su cui si basa la nuova normalità che consta nell’esibizione di un qualche pass, solo per poter dire di “essere libero”.

Da una parte troviamo gli eletti, i purificati, quelli pronti ad una illusoria vita eterna o comunque sicuri di aver ricevuto un’immunizzazione all inclusive per ogni malattia, presente, futura e post mortem. Un’esistenza subordinata da continui richiami vaccinali, da passaporto sanitario elettronico e da “immunità di gregge”, pedissequamente decantata, promossa e promessa a gran voce come obiettivo di appartenenza di evocazione tribale, più che di capacità collettiva di raggiungere una reale immunità dal virus.

Dall’altra ci sono i rifiuti umani, le menti pericolose, quei soggetti ignoranti o poco istruiti; sempre stante alle logiche e ai dettami di coloro che hanno la capacità e la potenza di diffusione di un segnale di comunicazione crossmediale metamorfico. Un segnale che si adatta e si amplifica progressivamente in virtù delle necessità del potere maximum, dall’intento proselitistico e manipolatorio e che ha come obiettivo la vaccinazione e il tracciamento dell’individuo. Di fatto sono la medesima cosa, l’uno è il mezzo per raggiungere l’altro, a prescindere da reali motivi sanitario-epidemiologici. Il desiderio morboso di controllo su tutti, su tutto e a tutti i costi, oramai fa parte del nuovo ordinamento giuridico che a suon di DPCM, DL e poi Leggi, prende sempre più forma e potere.

Il mondo si piega al conformismo globalista che vanta le proprie origini ben prima della fantapandemia. Fonda le proprie radici qualche decennio fa quando, intenti a perseguire un’economia di crescita che paventava parità sociali-economiche tra popoli e culture, ci siamo improvvisamente piegati ad un’economia dei consumi; in barba alle varie Greta e a tutti i movimenti ecologisti che si nutrono di una ridondante retorica che genera profitti al di là dei successi; se visti unicamente in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente.

Tonnellate di mascherine, kit tamponi, gel disinfettanti, guanti, camici, visiere, tutto il packaging in cui sono avvolti, protetti e veicolati, nonché le industrie specializzate che consumano energia ed inquinano per produrre questi dispositivi o per distruggerli una volta impiegati, la logistica per trasportare “prodotti creati per essere distrutti”, tutto questo si trasforma in una bomba ecologica della quale vedremo gli effetti tra non molto. Già è possibile assistere ai trailers.

Foto da PixaBay

Gli eletti, mondati, purificati da catarsi indotta, attraverso il rituale della pluri-inoculazione sierologica, si lasciano alle spalle una lunghissima scia di scarti, di ogni genere e natura, mentre proseguono il loro cammino allontanandosi sempre più dal senso critico, poiché foriero di ostacoli e di lunghe e tediose verifiche e confronti. Alcuni di questi adorano profondamente il suono della parola SCIENZA soprattutto se preceduta dalla frase “LO DICE”. La adorano a tal punto che nel momento in cui percepiscono una notizia o sentono dagli oracoli solo l’accenno della frase: “Secondo uno studio scientifico…” o, appunto: “Lo dice la scienza”, entrano in una sorta di trans, in alcuni casi raggiungono l’estasi e in situazioni ancora più estreme produce orgasmo collettivo. Questo accade a chi ascolta ma soprattutto tra i neo profeti, onanisti verbali innamorati della propria voce, soggetti in balia di continui amplessi, amplificati dai bonifici che ricevono ad ogni “teleprofezia” intrisa di quel rigoroso e fantascientifico catastrofismo che richiede un attento impiego di frasi introduttive, come: “Nuova ondata”, “Nuova variante”, “Terapie intensive al collasso…”, “Paziente zero” e le varie percentuali, fornite alla cazzum ma con immancabile, rigorosa autorevolezza. Di solito seguono le ingiurie verso coloro che non intendono rivolgersi ai “portatori di verità” per chiedere, oltre al perdono, di essere mondati attraverso il siero salvifico.

Come porsi al nuovo concetto di vita, secondo una “condicio sine qua non” imposta dalla maggior parte degli accoliti e dai neo profeti?

Attraverso un semplice ma potente antidoto che è secreto dal nostro organismo ma che deve essere stimolato attraverso un esercizio costante ed intenso. Il presupposto è che i suddetti profeti siano tali e che stiano dove sono solo per un semplice motivo: si alimentano, oltre che dei bonifici di cui sopra, dell’attenzione del pubblico. Non a caso ho indicato le persone col termine di pubblico perché oramai ciò a cui stiamo assistendo è assimilabile solo ad una farsa, ad una tragedia e in alcuni casi anche ad una commedia.

Cosa costringe un attore o una compagnia teatrale a sciogliersi, ad abbandonare le scene, a non proseguire la propria opera nel mondo dello spettacolo?

Il crollo degli ascolti. L’oblio. La mancanza di attenzione per coloro che stanno interpretando un ruolo.

Ecco il potente antidoto di cui tutti siamo dotati e che possiamo impiegare: l’INDIFFERENZA, in questo caso contro lo strapotere. E’ la stessa sostanza che questi figuri hanno adottato, e che da sempre esseri di siffatte caratteristiche adottano, nei confronti dei malati, degli anziani, dei bambini, delle aziende che hanno chiuso per mancanza di certezze, per le continue vessazioni, per gli obblighi, le limitazioni e le intimidazioni, oltre alla mancanza di veri sgravi economici in un clima di crisi politicamente imposta.

Paghiamo questi figuri con la medesima moneta, quella dell’INDIFFERENZA. Vedrete che la luce filtrerà anche dai rovi più fitti e intricati di questa buia valle.